TRADOTTI
APPRENDIMENTO E CONDOTTA ALIMENTARE
Lezione dettata dal Dr. Enrique Pichon-Rivière, il 05/09/1966 (Primo anno)
SCUOLA PRIVATA DI PSICHIATRIA SOCIALE, Lezione n. 16
(Il titolo originale della lezione, ripresa dal sito www.espiraldialectica.com, è “Aprendizaje y conducta alimentaria” e la traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini)
Abbiamo detto che l’apprendimento è l’indirizzo più importante dell’attività umana, dal momento che tutto si struttura, si configura, si distorce, nel campo dell’apprendimento; che è incluso nel campo della percezione preso come una totalità e collocato nella situazione di "leggere" la realtà, il più vicino possibile a come è, configurando una situazione di un realismo critico e non di un realismo ingenuo. Nella misura in cui questo apprendimento – o lettura della realtà – è distorto, si avranno punti di distorsione nello sviluppo, ai quali si torna nel processo di regressione, gli errori maggiori girando intorno alla posizione depressiva.
Attenendoci all’apprendimento in termini di condotta alimentare, possiamo seguire passo dopo passo tutti i suoi disturbi. L’apprendimento e l’insegnamento formano una coppia che ha modelli simili nell’alimentazione. L’insegnare è insegnare a mangiare, a monitorare il cibo e a curare il corpo. Così, includiamo il corpo all’interno di questi due fenomeni che sono l’apprendimento e la comunicazione.
Quando il bambino mangia o succhia il seno della madre, e riceve la quantità adeguata nel tempo giusto, si crea in quel momento - perché il criterio è temporale – un vincolo buono, che servirà da modello per i vincoli buoni successivi. Se questa attività del bambino è frustrata, che sia nella quantità o nel punto di urgenza, si avrà un certo grado di frustrazione, creandosi la struttura del vincolo cattivo, persecutorio.
Questi due vincoli, buono e cattivo, costituiscono per noi ciò che Freud descrisse come qualcosa di innato: istinto di vita e istinto di morte. Per noi sono condotte che dipendono dal grado di gratificazione o di frustrazione. Il bambino cerca l’alimento come un mezzo per soddisfare la fame – che viene vissuta come un periodo di svuotamento – introducendo dentro al proprio corpo qualcosa che gli manca. Ha il sintomo che, poi, l’ulceroso ha nel processo regressivo (perché si hanno anche regressioni di organi) e che equivale alla fame dolorosa. Allora, allo stabilirsi del vincolo nel momento della fame che chiede di essere soddisfatta, si dà il modello della buona incorporazione.
Nell’apprendimento sono le conoscenze e l’informazione - che è equiparata all’alimento – ciò con cui si organizza il soggetto; con il cibo mette "combustibile" nei suoi strumenti, e in quella maniera ottiene un buon adattamento alla realtà, si sente forte e sicuro in una trama temporo-spaziale che lo accompagna sempre.
Quando il bambino rifiuta il cibo o il seno della madre, sembra confermare l’esistenza di fantasie pre-natali sul seno. Altri argomenti sono che il bambino è guidato verso il seno da sua madre, e a volte lo fa da solo. Si è scoperto che l’elemento che orientava il bambino verso il seno era l’olfatto, che è uno dei sensi che funzionano più precocemente (dalla nascita). Di fronte a questa situazione di rifiuto totale, di bambini che non sono stati allattati per il rifiuto del seno – nonostante l’esistenza della possibilità, da parte della madre, di dare il seno -, si crea nella madre una situazione di frustrazione molto intensa, determinandosi un circolo vizioso tra il bambino e la madre: la madre si sente rifiutata e rifiuta il bambino, e il bambino fa lo stesso, e si struttura una condotta che, a volte, è irreversibile. Tutto questo è stato studiato da Spitz che ha sviluppato tutta una medicina psicosomatica dei tre primi anni, in base alla relazione che la madre ha con il bambino in termini di rifiuto o meno, incontrando tipi di rifiuto caratteristici, rifiuti latenti o manifesti, parziali o totali.
L’equivalente del rifiuto precoce del seno, nell’apprendimento è il rifiuto della conoscenza. È quel soggetto che non è in grado, strumentalmente, di ingerire la conoscenza per una mancanza di discriminazione di ciò che è l’apprendimento; mentre, d’altra parte, ci sono tipi di ritardo che denominiamo oligotimia, che sono "pseudo" ritardi, molto frequentemente diagnosticati come oligofrenie, e che si riconoscono immediatamente dall’aspetto fisico. Sono bambini che hanno un buon aspetto, con un’espressione di grande dolcezza, molto buoni, molto sensibili alla musica, come sono i mongoloidi. Al contrario, la nozione di distanza negli oligofrenici non è conservata. Non possiamo dire, allora, che un oligofrenico ha un rifiuto dell’apprendimento.
L’anoressia è il rifiuto del cibo. Quando il rifiuto del cibo funziona a livello psicotico, si chiama sitiofobia, perché è uno dei sintomi del negativismo ("sitio" vuol dire frumento) che è di solito accompagnata da coprofagia (ingerire gli escrementi), con la finalità di digerirli nuovamente. Quando sitiofobia e coprofagia sono uniti, si vede uno sforzo dello psicotico per digerire nuovamente qualcosa che ha digerito per metà, e comincia il suo recupero.
Se il bambino non vuole apprendere, c’è un rifiuto a ingerire. Prima di ingerire il materiale di apprendimento, fa una severa analisi del contenuto di ciò che va a ingerire, come se avesse un apparato di censura per vedere ciò che gli è permesso o no. Ma, ciò che accade è che la conoscenza si trasforma in un recipiente per i rifiuti che acquisisce, per le circostanze, determinati contenuti che possono essere buoni e cattivi. Così l’anoressia mentale può essere dovuta alla proiezione del vincolo buono sul cibo, e allora il rifiuto a ingerirlo sorge dalla paura della sua distruzione perché nell’ingerirlo e masticarlo lo distrugge, apparendo la paura della perdita. Quello più comunemente descritto è quando si proietta il vincolo cattivo, e il cibo sembra avvelenato e abitato da persecutori; allora non si mangia per non essere avvelenati. Questa è l’anoressia paranoide o persecutoria; l’altra è la depressiva.
Il bambino apprenderà anche in accordo al transfert che stabilisce con la sua insegnante e con il gruppo cui appartiene, per questo si include il gruppo nell’apprendimento. Il bambino apprenderà di più quando sono soddisfatte le tre regole fondamentali di appartenenza, cooperazione e pertinenza in un gruppo. Quello che uscirà da lì, poiché sarà il prodotto della cooperazione di tutti, sarà facilmente ingeribile da lui, mentre se ci sono conflitti di sottogruppi nel gruppo, o conflitti diretti con il maestro che non gestisce la classe come gruppo – ma come fino adesso è stata la didattica, nel contesto di un conglomerato che si chiama grado -, l’accesso alla conoscenza si farà più difficile. La classe deve essere gestita come gruppo, con i suoi emergenti, senza un piano rigido nell’insegnamento, ma seguendo le alternative degli emergenti che appaiono. Questo mangiare liberamente, apprendere liberamente, va accompagnato dal gioco che rende più facile l’ingerire, l’alimentarsi mentalmente.
Se esiste ansietà davanti l’ingestione del cibo – che può anche essere buono o cattivo, in base alla proiezione di cose buone o cattive – esistono difese di tipo fobico come, per esempio, l’evitamento fobico: il bambino studia e si distrae; il rifugio nella fantasia è una tipica difesa fobica di fronte all’atto della conoscenza.
La conoscenza ha la sua storia, giacché la prima conoscenza che il bambino realizza – che è anche un riconoscimento -, è quella del corpo della madre con i suoi contenuti. Vale a dire che è una miscela di topografo e anatomista. Questo antecedente carica di particolari aspetti ogni tipo di apprendimento. Se, per esempio, analizziamo la difficoltà di un bambino ad apprendere la storia, vediamo l’antecedente nella sua storia familiare non chiarita, o il non chiarimento sulla sua nascita. Allora inizia la fabulazione, come prodotto della bugia iniziale sull’origine del bambino; e così viene costruita la storia di ogni paese, in funzione dei suoi desideri e aspirazioni, ma non in funzione della realtà. Per questo la storia è considerata, a volte, non come una scienza ma come una gran fantasia; e la tendenza dello studio della storia è da oggi verso indietro – per il metodo della continuità genetica, come si chiama in psicoanalisi -, e non dalla preistoria fino a oggi, come si è fatto fino ad ora.
In matematica vediamo che le operazioni di base sono collegate: la somma con i genitori, il resto con la morte di uno dei genitori, la moltiplicazione con la comparsa di fratelli, la divisione con la morte di uno dei fratelli. La scrittura, per esempio, ha i suoi precedenti nel gioco con gli escrementi nei primi mesi, che è caratteristico di bambini che hanno sofferto una frustrazione o una speciale disperazione.
Possiamo anche spiegare come tutto questo sia apprendimento in sé, l'aspetto vocazionale, forse il più importante. Quando appare la vocazione, che è un atteggiamento che il bambino ha verso determinati aspetti della realtà, come se avesse intuito che dietro di esso si trova la chiave principale per la conoscenza della realtà, inizia ad orientarsi. Ma ci sono giochi tipici, quello del dottore, per esempio, che ha molteplici finalità.
Questi primi atteggiamenti, tanto mentali come corporei, soffrono anche un altro processo, che è quello delle difese ossessive. Vediamo tutte le nevrosi e le psicosi nella gestione del cibo (mentale in questo caso). Il bambino che ha difese ossessive stabilirà un rituale per mangiare: terrà a che sia presente la madre, un amico, giocattoli, un feticcio. Ossia, ci deve essere un rituale, se no, non mangia. I bambini che vengono obbligati reagiscono di contraccolpo. La miglior condotta da adottare è una condotta tranquilla, affinché il bambino non avverta la rabbia che provoca quando non mangia. Lo stesso accade con l’apprendimento: ha tutte le condizioni per apprendere e non lo fa. Ma, nell’apprendimento, si deve tenere molto in considerazione se gli aspetti organici degli strumenti sensoriali sono o no in condizione. Nei disturbi psicotici dell’inizio dello sviluppo, come l’autismo precoce infantile (che è lo stesso delle oligotimie), c’è una debolezza affettiva e no una debolezza mentale. Il bambino si comporta come un bambino più piccolo, ma intelligentemente, utilizzando quella manovra per controllare i genitori. Ha un livello di gioco più basso che quello che gli corrisponde, con una tendenza a giocare da solo, ad isolarsi, a perdere il suo linguaggio, tornando ad un linguaggio infantile. Questo si può vedere anche in relazione con il mangiare: il disturbo principale è quello del rifiuto affettivo, una scissione che è lo splitting (la divisione dell’io) che il bambino realizza nell’atto di mangiare, in cui separa, con la forchetta ed il coltello, parti che considera buone e cattive, vuoi per il colore, vuoi per l’odore, ecc.; e il rituale può durare un tempo variabile, fino a che inizia l’incorporazione dell’alimento (conoscenza), lasciando di lato la parte che considera brutta. Questo rappresenta il processo di discriminazione, processo mentale essenziale che funziona sempre e la cui perturbazione comporta i disturbi più seri.
Ai disturbi della discriminazione durante l’apprendimento della realtà seguono i punti ciechi, che costituiscono le vie per le quali si esprimono i disturbi allucinatori, le illusioni e tutto ciò che distorce la realtà, che fa che quel linguaggio, quel pensiero, si trasformi in delirio. Vale a dire che il bambino torna a parlare con la costruzione logica che ha avuto in quel punto cieco e in accordo allo sviluppo attuale sembra un delirante.
Dunque, una volta realizzato l’evitamento, la discriminazione ossessiva e il rituale, alla fine si decide a mangiare. Si vede nei bambini paranoidi che vorrebbero far provare al padre il cibo, nella misura in cui lo sentono avvelenato; questo avviene allo stesso modo nella conoscenza. Quando la divisione di studio si dà in direzione verticale della pagina è uguale al modo in cui si divide l’io nella schizofrenia, in maniera orizzontale o verticale. Negli schizofrenici si vede frequentemente la speciale intenzionalità con cui viene caricata la parola, per condensazione. Nell’interpretazione, allora, si deve chiarire il latente semantico di ciascuna parola.
All’atto di mangiare sono collegati anche gli utensili del cibo: il cucchiaio, le forchette, ecc. Nei bambini piccoli si vede, quando non li usano, un intento di incorporare all’atto di mangiare il tatto. Nella conoscenza, i libri allineati, sottolineati, sono collegati a difese fobiche, per paura della contaminazione. Abbiamo anche gli ipocondriaci del libro, che vivono il libro come una continuazione del proprio corpo, che vestono, foderano in un certo modo, e curano in modo particolare. I collezionisti di libri sono gerontofili come gli antiquari, ma hanno un piacere speciale nel toccare, aprire pagina per pagina il libro, acquisendo, qui, contenuti sessuali. Ogni oggetto che tende alla conoscenza, è immediatamente legato al senso di proprietà, perché incorporare mentalmente è avere la proprietà.
Una volta realizzata l’ingestione, inizia l’altra tragedia: masticare o non masticare l’alimento. La tendenza nel bambino che mangia normalmente e che è vittima del pensiero magico per cui quell’oggetto che mangia è simbolo e non un cibo[1], fa apparire la confusione tra simbolo e simbolizzato. Quando il bambino ha questa confusione la masticazione è seriamente ostacolata, e la repressione cronica del sadismo provoca nel bambino e nell’adulto una congestione cronica della gengiva e la comparsa di piorrea. Nella scala della mente, il non masticare l’alimento, l’ingoiarlo con il tentativo di studiarlo a memoria, significa non penetrare dentro al significato e alla sequenza della conoscenza. Nei bambini, molte volte, si vede una recrudescenza delle carie dentali, questo si produce perché obbligato a ingerire e, angosciato per questo – perché significa distruggere l’oggetto - e, per evitare la colpa, mantiene il cibo per lungo tempo dentro la bocca e lo ingoia con una masticazione indiretta, una macerazione. Poi, l’alimento normalmente masticato forma una specie di bolo che, dopo, viene deglutito. Una delle situazioni più tipiche si ha quando il bolo passa dalla bocca dell’esofago – che è già una via non visibile, che lo fa vivere come una perdita dell’oggetto – e appare, allora, un sintomo abbastanza frequente che è la ruminazione (come i ruminanti, che tornano a collocare nella bocca l’alimento che era arrivato allo stomaco per sottoporlo a nuova triturazione). In altri casi appaiono nausee, vomiti, ecc., per il fatto di non poter tollerare qualcosa di nuovo dentro lo stomaco, perché, ancora una volta, è un danno, una lesione.
Poi, viene il processo di digestione che, nel processo della conoscenza, vuol dire correlare le conoscenze, farle proprie, ciò che già è una conoscenza creativa, poi ha un’elaborazione specifica in base alla formula secretoria di ciascuno stomaco. Quindi, l’assimilazione consiste, in parte, nella discriminazione, tanto che una parte – quella che non serve come alimento o conoscenza – è eliminata metabolicamente come escremento, e le parti buone sono assimilate. Quando la conoscenza è considerata dal soggetto come estremamente preziosa, configura l’avarizia, il non voler dare, il non voler defecare, perché questo atto è considerato dal bambino e dalla madre come un regalo. Allora si verificano due condotte tipiche: l’eliminazione rapida per mezzo della diarrea, per il fatto di essere un oggetto persecutorio, o la ritenzione in forma di costipazione, per il fatto di essere molto preziosa la conoscenza. Negli ipocondriaci rimane il dubbio, dopo la defecazione, se ciò che è stato espulso fosse buono o cattivo. Quindi, vediamo che si produce l’ingestione della conoscenza, la difficoltà ad entrare in essa, la digestione, la masticazione, l’assimilazione e l’eliminazione del cattivo (che è il dimenticato, ricordare l’utile e dimenticare l’inutile). Un altro elemento che dobbiamo considerare sempre è l’ansietà per la penetrazione nella conoscenza.
Note:
[1] Lo scritto in spagnolo riporta “... y que es víctima del pensamiento mágico de que ese objeto que come es comida y no un símbolo, hace aparecer la confusión entre símbolo y simbolizado”, ossia “...e che è vittima del pensiero magico per cui quell’oggetto che mangia è cibo e non un simbolo, fa apparire la confusione tra simbolo e simbolizzato”. Ma così non credo si capisca quello che a me sembra essere il senso della frase. Mi pare più corretto invertire i termini “comida” e “simbolo”, rendendo la frase così come riportata.
SCUOLA PRIVATA DI PSICHIATRIA SOCIALE, Lezione n. 16
(Il titolo originale della lezione, ripresa dal sito www.espiraldialectica.com, è “Aprendizaje y conducta alimentaria” e la traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini)
Abbiamo detto che l’apprendimento è l’indirizzo più importante dell’attività umana, dal momento che tutto si struttura, si configura, si distorce, nel campo dell’apprendimento; che è incluso nel campo della percezione preso come una totalità e collocato nella situazione di "leggere" la realtà, il più vicino possibile a come è, configurando una situazione di un realismo critico e non di un realismo ingenuo. Nella misura in cui questo apprendimento – o lettura della realtà – è distorto, si avranno punti di distorsione nello sviluppo, ai quali si torna nel processo di regressione, gli errori maggiori girando intorno alla posizione depressiva.
Attenendoci all’apprendimento in termini di condotta alimentare, possiamo seguire passo dopo passo tutti i suoi disturbi. L’apprendimento e l’insegnamento formano una coppia che ha modelli simili nell’alimentazione. L’insegnare è insegnare a mangiare, a monitorare il cibo e a curare il corpo. Così, includiamo il corpo all’interno di questi due fenomeni che sono l’apprendimento e la comunicazione.
Quando il bambino mangia o succhia il seno della madre, e riceve la quantità adeguata nel tempo giusto, si crea in quel momento - perché il criterio è temporale – un vincolo buono, che servirà da modello per i vincoli buoni successivi. Se questa attività del bambino è frustrata, che sia nella quantità o nel punto di urgenza, si avrà un certo grado di frustrazione, creandosi la struttura del vincolo cattivo, persecutorio.
Questi due vincoli, buono e cattivo, costituiscono per noi ciò che Freud descrisse come qualcosa di innato: istinto di vita e istinto di morte. Per noi sono condotte che dipendono dal grado di gratificazione o di frustrazione. Il bambino cerca l’alimento come un mezzo per soddisfare la fame – che viene vissuta come un periodo di svuotamento – introducendo dentro al proprio corpo qualcosa che gli manca. Ha il sintomo che, poi, l’ulceroso ha nel processo regressivo (perché si hanno anche regressioni di organi) e che equivale alla fame dolorosa. Allora, allo stabilirsi del vincolo nel momento della fame che chiede di essere soddisfatta, si dà il modello della buona incorporazione.
Nell’apprendimento sono le conoscenze e l’informazione - che è equiparata all’alimento – ciò con cui si organizza il soggetto; con il cibo mette "combustibile" nei suoi strumenti, e in quella maniera ottiene un buon adattamento alla realtà, si sente forte e sicuro in una trama temporo-spaziale che lo accompagna sempre.
Quando il bambino rifiuta il cibo o il seno della madre, sembra confermare l’esistenza di fantasie pre-natali sul seno. Altri argomenti sono che il bambino è guidato verso il seno da sua madre, e a volte lo fa da solo. Si è scoperto che l’elemento che orientava il bambino verso il seno era l’olfatto, che è uno dei sensi che funzionano più precocemente (dalla nascita). Di fronte a questa situazione di rifiuto totale, di bambini che non sono stati allattati per il rifiuto del seno – nonostante l’esistenza della possibilità, da parte della madre, di dare il seno -, si crea nella madre una situazione di frustrazione molto intensa, determinandosi un circolo vizioso tra il bambino e la madre: la madre si sente rifiutata e rifiuta il bambino, e il bambino fa lo stesso, e si struttura una condotta che, a volte, è irreversibile. Tutto questo è stato studiato da Spitz che ha sviluppato tutta una medicina psicosomatica dei tre primi anni, in base alla relazione che la madre ha con il bambino in termini di rifiuto o meno, incontrando tipi di rifiuto caratteristici, rifiuti latenti o manifesti, parziali o totali.
L’equivalente del rifiuto precoce del seno, nell’apprendimento è il rifiuto della conoscenza. È quel soggetto che non è in grado, strumentalmente, di ingerire la conoscenza per una mancanza di discriminazione di ciò che è l’apprendimento; mentre, d’altra parte, ci sono tipi di ritardo che denominiamo oligotimia, che sono "pseudo" ritardi, molto frequentemente diagnosticati come oligofrenie, e che si riconoscono immediatamente dall’aspetto fisico. Sono bambini che hanno un buon aspetto, con un’espressione di grande dolcezza, molto buoni, molto sensibili alla musica, come sono i mongoloidi. Al contrario, la nozione di distanza negli oligofrenici non è conservata. Non possiamo dire, allora, che un oligofrenico ha un rifiuto dell’apprendimento.
L’anoressia è il rifiuto del cibo. Quando il rifiuto del cibo funziona a livello psicotico, si chiama sitiofobia, perché è uno dei sintomi del negativismo ("sitio" vuol dire frumento) che è di solito accompagnata da coprofagia (ingerire gli escrementi), con la finalità di digerirli nuovamente. Quando sitiofobia e coprofagia sono uniti, si vede uno sforzo dello psicotico per digerire nuovamente qualcosa che ha digerito per metà, e comincia il suo recupero.
Se il bambino non vuole apprendere, c’è un rifiuto a ingerire. Prima di ingerire il materiale di apprendimento, fa una severa analisi del contenuto di ciò che va a ingerire, come se avesse un apparato di censura per vedere ciò che gli è permesso o no. Ma, ciò che accade è che la conoscenza si trasforma in un recipiente per i rifiuti che acquisisce, per le circostanze, determinati contenuti che possono essere buoni e cattivi. Così l’anoressia mentale può essere dovuta alla proiezione del vincolo buono sul cibo, e allora il rifiuto a ingerirlo sorge dalla paura della sua distruzione perché nell’ingerirlo e masticarlo lo distrugge, apparendo la paura della perdita. Quello più comunemente descritto è quando si proietta il vincolo cattivo, e il cibo sembra avvelenato e abitato da persecutori; allora non si mangia per non essere avvelenati. Questa è l’anoressia paranoide o persecutoria; l’altra è la depressiva.
Il bambino apprenderà anche in accordo al transfert che stabilisce con la sua insegnante e con il gruppo cui appartiene, per questo si include il gruppo nell’apprendimento. Il bambino apprenderà di più quando sono soddisfatte le tre regole fondamentali di appartenenza, cooperazione e pertinenza in un gruppo. Quello che uscirà da lì, poiché sarà il prodotto della cooperazione di tutti, sarà facilmente ingeribile da lui, mentre se ci sono conflitti di sottogruppi nel gruppo, o conflitti diretti con il maestro che non gestisce la classe come gruppo – ma come fino adesso è stata la didattica, nel contesto di un conglomerato che si chiama grado -, l’accesso alla conoscenza si farà più difficile. La classe deve essere gestita come gruppo, con i suoi emergenti, senza un piano rigido nell’insegnamento, ma seguendo le alternative degli emergenti che appaiono. Questo mangiare liberamente, apprendere liberamente, va accompagnato dal gioco che rende più facile l’ingerire, l’alimentarsi mentalmente.
Se esiste ansietà davanti l’ingestione del cibo – che può anche essere buono o cattivo, in base alla proiezione di cose buone o cattive – esistono difese di tipo fobico come, per esempio, l’evitamento fobico: il bambino studia e si distrae; il rifugio nella fantasia è una tipica difesa fobica di fronte all’atto della conoscenza.
La conoscenza ha la sua storia, giacché la prima conoscenza che il bambino realizza – che è anche un riconoscimento -, è quella del corpo della madre con i suoi contenuti. Vale a dire che è una miscela di topografo e anatomista. Questo antecedente carica di particolari aspetti ogni tipo di apprendimento. Se, per esempio, analizziamo la difficoltà di un bambino ad apprendere la storia, vediamo l’antecedente nella sua storia familiare non chiarita, o il non chiarimento sulla sua nascita. Allora inizia la fabulazione, come prodotto della bugia iniziale sull’origine del bambino; e così viene costruita la storia di ogni paese, in funzione dei suoi desideri e aspirazioni, ma non in funzione della realtà. Per questo la storia è considerata, a volte, non come una scienza ma come una gran fantasia; e la tendenza dello studio della storia è da oggi verso indietro – per il metodo della continuità genetica, come si chiama in psicoanalisi -, e non dalla preistoria fino a oggi, come si è fatto fino ad ora.
In matematica vediamo che le operazioni di base sono collegate: la somma con i genitori, il resto con la morte di uno dei genitori, la moltiplicazione con la comparsa di fratelli, la divisione con la morte di uno dei fratelli. La scrittura, per esempio, ha i suoi precedenti nel gioco con gli escrementi nei primi mesi, che è caratteristico di bambini che hanno sofferto una frustrazione o una speciale disperazione.
Possiamo anche spiegare come tutto questo sia apprendimento in sé, l'aspetto vocazionale, forse il più importante. Quando appare la vocazione, che è un atteggiamento che il bambino ha verso determinati aspetti della realtà, come se avesse intuito che dietro di esso si trova la chiave principale per la conoscenza della realtà, inizia ad orientarsi. Ma ci sono giochi tipici, quello del dottore, per esempio, che ha molteplici finalità.
Questi primi atteggiamenti, tanto mentali come corporei, soffrono anche un altro processo, che è quello delle difese ossessive. Vediamo tutte le nevrosi e le psicosi nella gestione del cibo (mentale in questo caso). Il bambino che ha difese ossessive stabilirà un rituale per mangiare: terrà a che sia presente la madre, un amico, giocattoli, un feticcio. Ossia, ci deve essere un rituale, se no, non mangia. I bambini che vengono obbligati reagiscono di contraccolpo. La miglior condotta da adottare è una condotta tranquilla, affinché il bambino non avverta la rabbia che provoca quando non mangia. Lo stesso accade con l’apprendimento: ha tutte le condizioni per apprendere e non lo fa. Ma, nell’apprendimento, si deve tenere molto in considerazione se gli aspetti organici degli strumenti sensoriali sono o no in condizione. Nei disturbi psicotici dell’inizio dello sviluppo, come l’autismo precoce infantile (che è lo stesso delle oligotimie), c’è una debolezza affettiva e no una debolezza mentale. Il bambino si comporta come un bambino più piccolo, ma intelligentemente, utilizzando quella manovra per controllare i genitori. Ha un livello di gioco più basso che quello che gli corrisponde, con una tendenza a giocare da solo, ad isolarsi, a perdere il suo linguaggio, tornando ad un linguaggio infantile. Questo si può vedere anche in relazione con il mangiare: il disturbo principale è quello del rifiuto affettivo, una scissione che è lo splitting (la divisione dell’io) che il bambino realizza nell’atto di mangiare, in cui separa, con la forchetta ed il coltello, parti che considera buone e cattive, vuoi per il colore, vuoi per l’odore, ecc.; e il rituale può durare un tempo variabile, fino a che inizia l’incorporazione dell’alimento (conoscenza), lasciando di lato la parte che considera brutta. Questo rappresenta il processo di discriminazione, processo mentale essenziale che funziona sempre e la cui perturbazione comporta i disturbi più seri.
Ai disturbi della discriminazione durante l’apprendimento della realtà seguono i punti ciechi, che costituiscono le vie per le quali si esprimono i disturbi allucinatori, le illusioni e tutto ciò che distorce la realtà, che fa che quel linguaggio, quel pensiero, si trasformi in delirio. Vale a dire che il bambino torna a parlare con la costruzione logica che ha avuto in quel punto cieco e in accordo allo sviluppo attuale sembra un delirante.
Dunque, una volta realizzato l’evitamento, la discriminazione ossessiva e il rituale, alla fine si decide a mangiare. Si vede nei bambini paranoidi che vorrebbero far provare al padre il cibo, nella misura in cui lo sentono avvelenato; questo avviene allo stesso modo nella conoscenza. Quando la divisione di studio si dà in direzione verticale della pagina è uguale al modo in cui si divide l’io nella schizofrenia, in maniera orizzontale o verticale. Negli schizofrenici si vede frequentemente la speciale intenzionalità con cui viene caricata la parola, per condensazione. Nell’interpretazione, allora, si deve chiarire il latente semantico di ciascuna parola.
All’atto di mangiare sono collegati anche gli utensili del cibo: il cucchiaio, le forchette, ecc. Nei bambini piccoli si vede, quando non li usano, un intento di incorporare all’atto di mangiare il tatto. Nella conoscenza, i libri allineati, sottolineati, sono collegati a difese fobiche, per paura della contaminazione. Abbiamo anche gli ipocondriaci del libro, che vivono il libro come una continuazione del proprio corpo, che vestono, foderano in un certo modo, e curano in modo particolare. I collezionisti di libri sono gerontofili come gli antiquari, ma hanno un piacere speciale nel toccare, aprire pagina per pagina il libro, acquisendo, qui, contenuti sessuali. Ogni oggetto che tende alla conoscenza, è immediatamente legato al senso di proprietà, perché incorporare mentalmente è avere la proprietà.
Una volta realizzata l’ingestione, inizia l’altra tragedia: masticare o non masticare l’alimento. La tendenza nel bambino che mangia normalmente e che è vittima del pensiero magico per cui quell’oggetto che mangia è simbolo e non un cibo[1], fa apparire la confusione tra simbolo e simbolizzato. Quando il bambino ha questa confusione la masticazione è seriamente ostacolata, e la repressione cronica del sadismo provoca nel bambino e nell’adulto una congestione cronica della gengiva e la comparsa di piorrea. Nella scala della mente, il non masticare l’alimento, l’ingoiarlo con il tentativo di studiarlo a memoria, significa non penetrare dentro al significato e alla sequenza della conoscenza. Nei bambini, molte volte, si vede una recrudescenza delle carie dentali, questo si produce perché obbligato a ingerire e, angosciato per questo – perché significa distruggere l’oggetto - e, per evitare la colpa, mantiene il cibo per lungo tempo dentro la bocca e lo ingoia con una masticazione indiretta, una macerazione. Poi, l’alimento normalmente masticato forma una specie di bolo che, dopo, viene deglutito. Una delle situazioni più tipiche si ha quando il bolo passa dalla bocca dell’esofago – che è già una via non visibile, che lo fa vivere come una perdita dell’oggetto – e appare, allora, un sintomo abbastanza frequente che è la ruminazione (come i ruminanti, che tornano a collocare nella bocca l’alimento che era arrivato allo stomaco per sottoporlo a nuova triturazione). In altri casi appaiono nausee, vomiti, ecc., per il fatto di non poter tollerare qualcosa di nuovo dentro lo stomaco, perché, ancora una volta, è un danno, una lesione.
Poi, viene il processo di digestione che, nel processo della conoscenza, vuol dire correlare le conoscenze, farle proprie, ciò che già è una conoscenza creativa, poi ha un’elaborazione specifica in base alla formula secretoria di ciascuno stomaco. Quindi, l’assimilazione consiste, in parte, nella discriminazione, tanto che una parte – quella che non serve come alimento o conoscenza – è eliminata metabolicamente come escremento, e le parti buone sono assimilate. Quando la conoscenza è considerata dal soggetto come estremamente preziosa, configura l’avarizia, il non voler dare, il non voler defecare, perché questo atto è considerato dal bambino e dalla madre come un regalo. Allora si verificano due condotte tipiche: l’eliminazione rapida per mezzo della diarrea, per il fatto di essere un oggetto persecutorio, o la ritenzione in forma di costipazione, per il fatto di essere molto preziosa la conoscenza. Negli ipocondriaci rimane il dubbio, dopo la defecazione, se ciò che è stato espulso fosse buono o cattivo. Quindi, vediamo che si produce l’ingestione della conoscenza, la difficoltà ad entrare in essa, la digestione, la masticazione, l’assimilazione e l’eliminazione del cattivo (che è il dimenticato, ricordare l’utile e dimenticare l’inutile). Un altro elemento che dobbiamo considerare sempre è l’ansietà per la penetrazione nella conoscenza.
Note:
[1] Lo scritto in spagnolo riporta “... y que es víctima del pensamiento mágico de que ese objeto que come es comida y no un símbolo, hace aparecer la confusión entre símbolo y simbolizado”, ossia “...e che è vittima del pensiero magico per cui quell’oggetto che mangia è cibo e non un simbolo, fa apparire la confusione tra simbolo e simbolizzato”. Ma così non credo si capisca quello che a me sembra essere il senso della frase. Mi pare più corretto invertire i termini “comida” e “simbolo”, rendendo la frase così come riportata.
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