TRADOTTI
EPISTEMOLOGIA CONVERGENTE ED ECRO
Lezione dettata dal Dr. Enrique Pichon-Rivière, il 30/04/1969
PRIMA SCUOLA PRIVATA DI PSICOLOGIA SOCIALE - Primo anno - Lezione n. 2
(Lo scritto originale da cui è stata ripresa questa lezione non ha un titolo specifico, per cui ho riassunto arbitrariamente nel titolo i concetti dei quali parla. La traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini)
Vediamo alcuni aspetti concettuali e metodologici della psicologia sociale nella vita quotidiana. C’è un aspetto lasciato in sospeso che è l’epistemologia convergente. L’epistemologia in generale, come teoria della scienza, ha seguito per secoli uno sviluppo particolare, tendente a separare le scienze sociali da quelle della natura come cose esclusive, in cui la congiunzione avveniva in maniera fortuita. Si trattava della cosiddetta epistemologia divergente, tendente a divedere le scienze dell’uomo da quelle della natura, e queste in vari vettori; le scienze esatte, quelle della natura, la fisica, la chimica, separate dalle scienze dell’uomo, come se l’uomo non fosse un prodotto della natura. Così si aprirono due campi fondamentali di ricerca: quello del corpo e quello della mente. Nelle teorie sull’uomo si iniziarono finalmente a studiare le interazioni fra la mente e il corpo, dando origine alle teorie psicosomatiche, allo studio delle influenze delle emozioni sul corpo e, infine, del corpo sulla mente, arrivando a definire questa situazione all’interno della teoria della conoscenza come pensare con il corpo attraverso il cervello, senza stabilire una priorità tra una situazione e l’altra.
L’epistemologia convergente ha gradualmente riunito le scienze dell’uomo e le scienze della natura, e all’interno delle scienze dell’uomo è arrivata a unificare i differenti livelli di analisi, non come scienze separate, ma unificando psicologia, psicologia sociale, sociologia, economia, ecologia, scienze politiche, ecc., come una scienza totalizzante dell’uomo in forma di comportamento a seconda del campo operativo ma in continua evoluzione dialettica. La definizione di Sartre dell’uomo totale e totalizzante significa l’unione convergente delle conoscenze acquisite mediante una nuova metodologia, al fine di considerare l’uomo come un’entità totale, non separata in facoltà mentali, volontà, intelligenza, affetti e scissa anche nel campo delle scienze.
Negli ultimi anni c’è stato un movimento che considero essenziale per poter comprendere la condizione umana: collocare l’uomo in una situazione, qualunque essa sia, in un luogo e in un tempo, ossia l’“uomo totale” è totale nel tempo e nello spazio, nel qui e ora della situazione. È l’uomo situato, totale e totalizzante nella misura in cui la sua azione sulla natura tende ad essere considerata come una totalità in interazione. È operativo in quanto si muove e, in modo dialettico, risolve al volo le contraddizioni che possono sorgere nella sua mente, rispetto alla sua ideologia. Vale a dire che, attraverso l’unione della teoria e della pratica, si configura una prassi continua, in forma di spirale, che consente successivi processi di discriminazione in termini di ratifica e rettifica.
Abbiamo detto che, per esempio, cercare di separare la psicologia dalla psicologia sociale e dalla sociologia, dall’economia e dalle scienze politiche è assurdo perché sono condotte significative in situazioni date e che la divisione artificiale delle scienze deriva apparentemente da campi operativi differenti. In un comportamento economico, l’oggetto è l’oggetto economico o i rapporti economici esistenti tra gli esseri umani, in termini di produzione, di distribuzione, consumo, ecc. Lo stesso avviene con il comportamento politico, che è in rapporto con l’oggetto economico. Lo stesso possiamo anche dire per il potere o le teorie del potere, che governano una struttura dal punto di vista psicosociale, in cui si considera l’interazione con gli altri cittadini (psicosociologia). Vale a dire che siamo irrimediabilmente inclusi nella società che ci circonda, che ci condiziona, e se riusciamo ad adattarci attivamente, anche noi condizioniamo i cambiamenti della realtà.
Questo è un criterio di salute mentale: nella misura in cui ci si modifica e ci si aggiorna, si reintroietta ciò che è stato proiettato, trasformando la propria mente. Il nostro pensiero è un pensiero sociale, non c’è modo di eludere la realtà, e c’è una nuova scienza, l’ecologia, che ha portato contributi importanti nel senso che tutto ciò che ci circonda condiziona i modi di agire e di pensare, e gli atteggiamenti verso la società. Incorporiamo non solo le persone ma anche gli oggetti inanimati: la casa è parte di un mondo interno, così come il paesaggio.
Il luogo in cui si è vissuto “querencia o pago”[1] è internalizzato e questo si esprime, per esempio, nelle produzioni artistiche, riproducendo, a volte, in forma di arte informale, aspetti formali della realtà. Non esiste un arte informale nel senso che non sia rappresentativa dell’oggetto, ma in essa l’oggetto ha subito una deformazione per non essere riconosciuto come tale, come se l’artista difendesse la sua intimità e ricorresse quindi alla trasformazione dell’oggetto, al camuffamento o alla metamorfosi.
Proseguendo con il tema iniziale, il grande progresso negli ultimi anni consiste nell’applicazione di una epistemologia convergente in cui ogni conoscenza converge sull’individuo, in una costruzione che non è solamente concettuale, ma anche di riferimento rispetto ad altre culture e, alla fine, operativa. Da qui deriva la sigla ECRO, che contraddistingue il nostro strumento di lavoro: si tratta di uno schema concettuale costituito da una serie di concetti che formano un inquadramento per l’osservazione dei fenomeni, la loro classificazione e valutazione. È di riferimento anche perché è comparativo, vale a dire che un gruppo può stabilire, attraverso comparazioni e valutazioni con un altro gruppo, i gradi di sviluppo di certe culture o certi strumenti della cultura. E il fattore che abbiamo fondamentalmente introdotto è quello operativo, vale a dire che il nostro compito non è teorizzare sulla natura o sui fatti comuni della vita quotidiana, ma cercare di modificarli. Non c’è psicologia sociale, a meno che non eluda un impegno maggiore, che non sia operativa. Attraverso l’operatività, che è l’unione della teoria e della pratica, nasce la prassi dialettica, nella quale vengono incorporate tutte le conoscenze e tutte le esperienze, costituendo un insieme che si converte in qualcosa di operativo. Ecco perché il ricercatore è un uomo totale e totalizzante a condizione che accetti in primo luogo il cambiamento, perché se la resistenza al cambiamento inizia dal ricercatore, ciò che scoprirà sarà, forse, qualche tomba archeologica. Vale a dire che il suo sguardo punta all’indietro, mentre lo psicologo sociale è obbligato ai suoi compiti che rappresentano il qui ed ora assoluto, ciò che succede oggi, con possibilità di pianificare il futuro.
Questa è la concezione dell’epistemologia convergente che si trova alla base del nostro schema di lavoro. Utilizzando un paragone comune, il nostro compito è quello di vendervi un apparato per assimilare idee al fine di poter vedere la realtà come è e poter pianificare un cambiamento, questo è l’ECRO.
L’approccio a qualsiasi oggetto di conoscenza, all’interno delle scienze dell’uomo e della natura, oggi è affrontato in modo interdisciplinare, perché l’oggetto della conoscenza è un oggetto di interscienza. Ciò significa che per affrontarlo nella sua interezza è necessaria l’integrazione di specialisti di differenti rami per cogliere la totalità, una totalità che poi si configura nel lavoro di gruppo. Ossia, dopo aver ascoltato la lezione, nel gruppo si completa un puzzle e ciascuno mette nel gruppo quello che ha preso con più entusiasmo, che può essere legato a esperienze personali, interessi, ecc. e lo colloca su un tavolo dove forma una figura della lezione ad un livello superiore. Questo è ciò che realizzerete attraverso un lavoro di gruppo e interdisciplinare. Da qui, la nostra insistenza sul fatto che i gruppi siano interdisciplinari ed eterogenei perché c’è un quantitativo di sapere in ciascuno di noi che, messi insieme a cooperare, permette l’emergenza di qualcosa di superiore. Perché la somma delle quantità si trasforma in qualità per un principio della dialettica. Il gruppo, quindi, diventa creatore quanto più coopera nell’interazione.
I gruppi operativi sono gruppi democratici nei quali ciascuno ha un ruolo differente che contribuisce alla ricchezza del gruppo. “A maggior eterogeneità dei suoi membri e maggior omogeneità del compito, maggiore è la produttività del gruppo”: questo è un principio da noi enunciato che governa qualsiasi gruppo umano, e molto di più se questo gruppo è gestito come un gruppo operativo; nessuno può sfuggire al compito, poiché anche se rimane in silenzio sta svolgendo un ruolo. Ognuno reagisce in accordo alle proprie esperienze, al momento, al tema, ecc. Colui che non parla, per esempio, conserva l’informazione e, in un momento dato, rilascia una serie di concetti elaborati non da lui soltanto, ma accompagnato dal gruppo che è già dentro di lui, è il gruppo interno, il compito non è solamente il compito esterno ma l’internalizzazione di quel compito esterno e di quel gruppo creativo.
Durante il sonno e attraverso i sogni possono avvenire apprendimenti molto profondi per il fatto che l’inconscio è più vicino a una percezione che chiamiamo subliminale, capace di cogliere le cose che appaiono nei sogni. Il campo di apprendimento più arricchito dai sogni è il pensiero matematico, dove ci sono moltissimi casi di soluzioni di problemi molto complicati che sono stati risolti durante il sonno. Un matematico francese, Poincarè, ha raccontato tutta una esperienza: una sera stavano discutendo un problema di alta matematica ed erano già molto vicini alla teoria degli insiemi, era un problema che non poteva risolvere in termini di numeri ma, durante il sogno, ha personificato i numeri in persone differenti che affrontavano un conflitto, che nel sogno è stato risolto. Questa codifica del sogno, alla veglia veniva decodificata come numeri e come creazione. In questo modo è riuscito a risolvere un tema molto importante e anche Einstein ha confessato che gli è capitato moltissime volte che, al risveglio, aveva la soluzione di un problema. Questo ha a che vedere con l’aspetto interdisciplinare perché le persone internalizzate da un membro di un gruppo, che appartengono a formazioni differenti, continuano a collaborare all’interno del membro del gruppo durante il sogno. Il sogno è la drammatizzazione di un determinato evento utilizzando meccanismi di simbolizzazione, spostamento, ecc. In realtà, non sono le persone che appaiono nei sogni che hanno a che fare con ognuno di noi, ma i loro ruoli. I ruoli sono le funzioni che ciascuno di noi svolge nella società, sono presi come modelli per essere utilizzati nei sogni, per esempio, nel caso del creatore per poter creare.
Ciò significa che non sfuggiamo mai dal nostro contesto sociale, e l’influenza che esercita attraverso il gruppo interno può essere espressa in qualsiasi atteggiamento nella vita quotidiana, come, per esempio, il tema della teoria dell’incontro e del ricongiungimento. L’innamoramento improvviso è un problema che può essere compreso solamente come un ricongiungimento che riproduce emozioni molto arcaiche, infantili molte volte, non ricordate, ma quando si produce il legame tra due persone con una certa intensità (operazione che abbiamo chiamato “click” per il rumore che fanno i bottoni a pressione quando vengono serrati), in quel caso l’intensità dell’emozione è collegata con esperienze molto precedenti ed è accompagnata da sorprese. Non si tratta di incontri, ma di ricongiungimenti.
Nella vita sociale agiamo frequentemente a livello dell’incontro e del reincontro, che è ciò che crea il sentimento di simpatia o di antipatia verso la persone che avete appena visto. Nei gruppi si verifica un fenomeno, descritto da Moreno, che si chiama Telé, che è la simpatia o antipatia a prima vista. Qualunque aspetto che permette di ricordare un oggetto precedente dà origine ad un sentimento di compatibilità con alcune persone e con altre no, senza che questo abbia una spiegazione razionale. In alcuni casi si può indagare fino a scoprire il primo oggetto che ha prodotto un rifiuto. L’apprendimento è reso molto difficoltoso da queste situazioni, che sia con un professore, un compagno, ecc.
Il click è un’esperienza doppia, si produce fra due persone e non solamente lì, ma quando si esamina una qualsiasi opera d’arte, davanti ad una scultura o un quadro, si produce un’emozione particolare, un avvicinamento. Il quadro ci sembra buono se si può coesistere con esso, se si coesiste con un quadro, è perché rappresenta un’esperienza precedente.
All’interno della teoria della conoscenza, l’avvicinamento ad un oggetto ancora sconosciuto ma da conoscere, nella misura in cui ci interessa, produce una strana sensazione di paura. Paura di penetrare in un’esperienza quotidiana nella quale si può rimanere senza via d’uscita, creando una situazione claustrofobica che si vede molto bene negli psichiatri in formazione, dove il timore dell’oggetto li fa allontanare, perché esiste la paura della follia, la paura che la follia sia contagiosa. Non nel senso letterale della parola, ma nei termini di identificazione con persone che hanno caratteristiche di malattia. Quindi, dobbiamo proiettarci dentro di loro per conoscerli meglio e vedere che risonanza ha per ciascun osservatore. Ma esiste il terrore di rimanere chiusi nell’altro e trasformarsi nell’altro.
Negli studenti di psichiatria vediamo che questa paura viene espressa nei sogni, nei termini di non trovare l’uscita dall’ospedale, non trovare il cappello, una serie di malintesi che esprimono questa paura. Questa è un’esperienza in cui il coraggio del ricercatore è molto importante. Quando interrompe la comunicazione con il malato per il timore di identificarsi con lui, lì è finito il compito operativo del medico. È il trattamento freddo, la reificazione del compito che impedisce la comprensione dei problemi dell’altro. Questo impedisce al medico di operare.
L’interazione fra le persone è quindi regolata da un meccanismo che viene chiamato identificazione proiettiva, che consiste nel mettersi al posto dell’altro e, per mezzo di un fenomeno di risonanza e di analogia comparativa, poter inferire come è l’altro e come dobbiamo agire con l’altro.
Questa difficoltà è presente in ogni situazione di apprendimento.
Un filosofo francese, Gaston Bachelard, chiama “ostacolo epistemologico” la difficoltà che ha un soggetto nel penetrare all’interno di un qualsiasi campo, a causa del timore di distruggere l’oggetto della conoscenza o di essere distrutto da esso. Nella situazione triangolare questo è rappresentato dal terzo, che impedisce la penetrazione nell’oggetto, soprattutto se l’oggetto rappresenta uno dei genitori. Per esempio, un bambino che ha difficoltà a sapere come è fatto l’interno del corpo della madre. Il bambino è curioso, è uno scienziato che ha un’intuizione incredibile, il suo sviluppo è generalmente deformato dalla cultura, attraverso il suo ambiente immediato.
In ogni cultura troviamo differenti teorie che gli adulti mantengono come un tabù sull’informazione sessuale per i bambini, fonte di ogni distorsione successiva. Dalla società vengono introdotti i modelli nel bambino fondamentalmente fin dalla gestazione e dalla nascita.
Nel ricercatore accade la stessa cosa, i pregiudizi invadono qualsiasi campo della scienza, e sorge il timore di essere inclusi in un’operazione da cui si era stati esclusi, come il “mistero” della relazione dei genitori, la nascita del bambino, ecc. Questo crea difficoltà nell’apprendimento in generale. Il pensiero è sempre sociale, non c’è pensiero individuale, anche quando il soggetto è solo fantastica con il suo gruppo interno. Se gli oggetti che ha interiorizzato possono operare con lui, può ricreare oggetti nuovi.
L’ostacolo epistemologico è la difficoltà che trova il creatore o il ricercatore, in qualsiasi campo, di pensare un oggetto fino alle sue ultime conseguenze, nel senso di cogliere lo stato emotivo interno dell’altra persona nel caso delle scienze umane, o la correzione di vecchi tabù e pregiudizi nel compito del ricercatore sociale. Nelle relazioni umane, si tratta di raggiungere un accordo non in forma di disciplina ma come accordo globale; questa è una delle funzioni principali del gruppo operativo che realizzerete dopo la lezione, oltre alla lezione c’è una regolazione delle relazioni umane in termini di correzione.
Il programma prevede ora l’analisi semantica e sistemica dell’ECRO.
L’analisi semantica è l’analisi del significato che ciascuna parola ha per ciascuno, in base anche alle discipline che avete attraversato, con il proposito di costruire un linguaggio unico per il compito che svolgete qui ed essere in grado di comprendervi quando parlate, per esempio, di gruppo interno, di vincolo, ecc.
Inoltre, l’analisi semantica può portare al chiarimento di tutto lo schema di riferimento che ciascuno possiede e degli errori di significato che impediscono e perturbano la comunicazione, l’informazione su ciò che si sta facendo, e il confronto con l’altro gruppo di ricercatori che stanno lavorando sullo stesso tema.
Questo conduce al secondo passo che è l’analisi sistemica, ossia l’analisi di tutto il sistema che avete in termini di ECRO, con il proposito di studiare le contraddizioni interne che il sistema può avere, le ideologie che possono convivere in un soggetto e che perturbano molto il suo apprendimento, il suo adattamento alla realtà, ecco perché è tanto importante l’analisi intersistemica all’interno del sistema di ciascuno, per arrivare a risolvere le contraddizioni fondamentali all’interno del campo delle ideologie, non solamente politiche, ma scientifiche, religiose, ecc. Non con l’obiettivo di formarne una sola, ma che la somma di quelle che avete messo dentro abbiano una coerenza particolare in relazione alle suggestioni vitali della vita quotidiana, che non ci sia una contraddizione diretta tra l’essere ed il fare, questo ha già una finalità terapeutica, per questo ogni gruppo operativo è a sua volta terapeutico, nella misura in cui risolve le paure di apprendere e l’apprendimento della realtà. In quel momento un gruppo operativo funziona come un gruppo terapeutico, con la possibilità che il soggetto abbia una capacità di adattamento attivo al mondo. Ciò che ammala è la passività, il disadattamento e, un termine che usavano gli antichi filosofi greci, “l’atarassia mentale”, che è l’immobilità mentale, il non pensare, la mente vuota, che è la negazione totale e assoluta di ogni operazione sul mondo e sugli altri.
[1]“Querencia o pago” sono due termini che indicano luoghi amati, desiderati e sono modi di dire usati prevalentemente nei piccoli paesi del nordest dell’Argentina: “querencia” indica il luogo dove si è nati e cresciuti o dove si vive, dove si ha la casa o la famiglia, un luogo caro; “pago” starebbe per “paese”, nel senso di un territorio relativamente piccolo, di norma rurale, con determinati limiti spesso naturali (fiumi, montagne, ecc.) [NdT].
PRIMA SCUOLA PRIVATA DI PSICOLOGIA SOCIALE - Primo anno - Lezione n. 2
(Lo scritto originale da cui è stata ripresa questa lezione non ha un titolo specifico, per cui ho riassunto arbitrariamente nel titolo i concetti dei quali parla. La traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini)
Vediamo alcuni aspetti concettuali e metodologici della psicologia sociale nella vita quotidiana. C’è un aspetto lasciato in sospeso che è l’epistemologia convergente. L’epistemologia in generale, come teoria della scienza, ha seguito per secoli uno sviluppo particolare, tendente a separare le scienze sociali da quelle della natura come cose esclusive, in cui la congiunzione avveniva in maniera fortuita. Si trattava della cosiddetta epistemologia divergente, tendente a divedere le scienze dell’uomo da quelle della natura, e queste in vari vettori; le scienze esatte, quelle della natura, la fisica, la chimica, separate dalle scienze dell’uomo, come se l’uomo non fosse un prodotto della natura. Così si aprirono due campi fondamentali di ricerca: quello del corpo e quello della mente. Nelle teorie sull’uomo si iniziarono finalmente a studiare le interazioni fra la mente e il corpo, dando origine alle teorie psicosomatiche, allo studio delle influenze delle emozioni sul corpo e, infine, del corpo sulla mente, arrivando a definire questa situazione all’interno della teoria della conoscenza come pensare con il corpo attraverso il cervello, senza stabilire una priorità tra una situazione e l’altra.
L’epistemologia convergente ha gradualmente riunito le scienze dell’uomo e le scienze della natura, e all’interno delle scienze dell’uomo è arrivata a unificare i differenti livelli di analisi, non come scienze separate, ma unificando psicologia, psicologia sociale, sociologia, economia, ecologia, scienze politiche, ecc., come una scienza totalizzante dell’uomo in forma di comportamento a seconda del campo operativo ma in continua evoluzione dialettica. La definizione di Sartre dell’uomo totale e totalizzante significa l’unione convergente delle conoscenze acquisite mediante una nuova metodologia, al fine di considerare l’uomo come un’entità totale, non separata in facoltà mentali, volontà, intelligenza, affetti e scissa anche nel campo delle scienze.
Negli ultimi anni c’è stato un movimento che considero essenziale per poter comprendere la condizione umana: collocare l’uomo in una situazione, qualunque essa sia, in un luogo e in un tempo, ossia l’“uomo totale” è totale nel tempo e nello spazio, nel qui e ora della situazione. È l’uomo situato, totale e totalizzante nella misura in cui la sua azione sulla natura tende ad essere considerata come una totalità in interazione. È operativo in quanto si muove e, in modo dialettico, risolve al volo le contraddizioni che possono sorgere nella sua mente, rispetto alla sua ideologia. Vale a dire che, attraverso l’unione della teoria e della pratica, si configura una prassi continua, in forma di spirale, che consente successivi processi di discriminazione in termini di ratifica e rettifica.
Abbiamo detto che, per esempio, cercare di separare la psicologia dalla psicologia sociale e dalla sociologia, dall’economia e dalle scienze politiche è assurdo perché sono condotte significative in situazioni date e che la divisione artificiale delle scienze deriva apparentemente da campi operativi differenti. In un comportamento economico, l’oggetto è l’oggetto economico o i rapporti economici esistenti tra gli esseri umani, in termini di produzione, di distribuzione, consumo, ecc. Lo stesso avviene con il comportamento politico, che è in rapporto con l’oggetto economico. Lo stesso possiamo anche dire per il potere o le teorie del potere, che governano una struttura dal punto di vista psicosociale, in cui si considera l’interazione con gli altri cittadini (psicosociologia). Vale a dire che siamo irrimediabilmente inclusi nella società che ci circonda, che ci condiziona, e se riusciamo ad adattarci attivamente, anche noi condizioniamo i cambiamenti della realtà.
Questo è un criterio di salute mentale: nella misura in cui ci si modifica e ci si aggiorna, si reintroietta ciò che è stato proiettato, trasformando la propria mente. Il nostro pensiero è un pensiero sociale, non c’è modo di eludere la realtà, e c’è una nuova scienza, l’ecologia, che ha portato contributi importanti nel senso che tutto ciò che ci circonda condiziona i modi di agire e di pensare, e gli atteggiamenti verso la società. Incorporiamo non solo le persone ma anche gli oggetti inanimati: la casa è parte di un mondo interno, così come il paesaggio.
Il luogo in cui si è vissuto “querencia o pago”[1] è internalizzato e questo si esprime, per esempio, nelle produzioni artistiche, riproducendo, a volte, in forma di arte informale, aspetti formali della realtà. Non esiste un arte informale nel senso che non sia rappresentativa dell’oggetto, ma in essa l’oggetto ha subito una deformazione per non essere riconosciuto come tale, come se l’artista difendesse la sua intimità e ricorresse quindi alla trasformazione dell’oggetto, al camuffamento o alla metamorfosi.
Proseguendo con il tema iniziale, il grande progresso negli ultimi anni consiste nell’applicazione di una epistemologia convergente in cui ogni conoscenza converge sull’individuo, in una costruzione che non è solamente concettuale, ma anche di riferimento rispetto ad altre culture e, alla fine, operativa. Da qui deriva la sigla ECRO, che contraddistingue il nostro strumento di lavoro: si tratta di uno schema concettuale costituito da una serie di concetti che formano un inquadramento per l’osservazione dei fenomeni, la loro classificazione e valutazione. È di riferimento anche perché è comparativo, vale a dire che un gruppo può stabilire, attraverso comparazioni e valutazioni con un altro gruppo, i gradi di sviluppo di certe culture o certi strumenti della cultura. E il fattore che abbiamo fondamentalmente introdotto è quello operativo, vale a dire che il nostro compito non è teorizzare sulla natura o sui fatti comuni della vita quotidiana, ma cercare di modificarli. Non c’è psicologia sociale, a meno che non eluda un impegno maggiore, che non sia operativa. Attraverso l’operatività, che è l’unione della teoria e della pratica, nasce la prassi dialettica, nella quale vengono incorporate tutte le conoscenze e tutte le esperienze, costituendo un insieme che si converte in qualcosa di operativo. Ecco perché il ricercatore è un uomo totale e totalizzante a condizione che accetti in primo luogo il cambiamento, perché se la resistenza al cambiamento inizia dal ricercatore, ciò che scoprirà sarà, forse, qualche tomba archeologica. Vale a dire che il suo sguardo punta all’indietro, mentre lo psicologo sociale è obbligato ai suoi compiti che rappresentano il qui ed ora assoluto, ciò che succede oggi, con possibilità di pianificare il futuro.
Questa è la concezione dell’epistemologia convergente che si trova alla base del nostro schema di lavoro. Utilizzando un paragone comune, il nostro compito è quello di vendervi un apparato per assimilare idee al fine di poter vedere la realtà come è e poter pianificare un cambiamento, questo è l’ECRO.
L’approccio a qualsiasi oggetto di conoscenza, all’interno delle scienze dell’uomo e della natura, oggi è affrontato in modo interdisciplinare, perché l’oggetto della conoscenza è un oggetto di interscienza. Ciò significa che per affrontarlo nella sua interezza è necessaria l’integrazione di specialisti di differenti rami per cogliere la totalità, una totalità che poi si configura nel lavoro di gruppo. Ossia, dopo aver ascoltato la lezione, nel gruppo si completa un puzzle e ciascuno mette nel gruppo quello che ha preso con più entusiasmo, che può essere legato a esperienze personali, interessi, ecc. e lo colloca su un tavolo dove forma una figura della lezione ad un livello superiore. Questo è ciò che realizzerete attraverso un lavoro di gruppo e interdisciplinare. Da qui, la nostra insistenza sul fatto che i gruppi siano interdisciplinari ed eterogenei perché c’è un quantitativo di sapere in ciascuno di noi che, messi insieme a cooperare, permette l’emergenza di qualcosa di superiore. Perché la somma delle quantità si trasforma in qualità per un principio della dialettica. Il gruppo, quindi, diventa creatore quanto più coopera nell’interazione.
I gruppi operativi sono gruppi democratici nei quali ciascuno ha un ruolo differente che contribuisce alla ricchezza del gruppo. “A maggior eterogeneità dei suoi membri e maggior omogeneità del compito, maggiore è la produttività del gruppo”: questo è un principio da noi enunciato che governa qualsiasi gruppo umano, e molto di più se questo gruppo è gestito come un gruppo operativo; nessuno può sfuggire al compito, poiché anche se rimane in silenzio sta svolgendo un ruolo. Ognuno reagisce in accordo alle proprie esperienze, al momento, al tema, ecc. Colui che non parla, per esempio, conserva l’informazione e, in un momento dato, rilascia una serie di concetti elaborati non da lui soltanto, ma accompagnato dal gruppo che è già dentro di lui, è il gruppo interno, il compito non è solamente il compito esterno ma l’internalizzazione di quel compito esterno e di quel gruppo creativo.
Durante il sonno e attraverso i sogni possono avvenire apprendimenti molto profondi per il fatto che l’inconscio è più vicino a una percezione che chiamiamo subliminale, capace di cogliere le cose che appaiono nei sogni. Il campo di apprendimento più arricchito dai sogni è il pensiero matematico, dove ci sono moltissimi casi di soluzioni di problemi molto complicati che sono stati risolti durante il sonno. Un matematico francese, Poincarè, ha raccontato tutta una esperienza: una sera stavano discutendo un problema di alta matematica ed erano già molto vicini alla teoria degli insiemi, era un problema che non poteva risolvere in termini di numeri ma, durante il sogno, ha personificato i numeri in persone differenti che affrontavano un conflitto, che nel sogno è stato risolto. Questa codifica del sogno, alla veglia veniva decodificata come numeri e come creazione. In questo modo è riuscito a risolvere un tema molto importante e anche Einstein ha confessato che gli è capitato moltissime volte che, al risveglio, aveva la soluzione di un problema. Questo ha a che vedere con l’aspetto interdisciplinare perché le persone internalizzate da un membro di un gruppo, che appartengono a formazioni differenti, continuano a collaborare all’interno del membro del gruppo durante il sogno. Il sogno è la drammatizzazione di un determinato evento utilizzando meccanismi di simbolizzazione, spostamento, ecc. In realtà, non sono le persone che appaiono nei sogni che hanno a che fare con ognuno di noi, ma i loro ruoli. I ruoli sono le funzioni che ciascuno di noi svolge nella società, sono presi come modelli per essere utilizzati nei sogni, per esempio, nel caso del creatore per poter creare.
Ciò significa che non sfuggiamo mai dal nostro contesto sociale, e l’influenza che esercita attraverso il gruppo interno può essere espressa in qualsiasi atteggiamento nella vita quotidiana, come, per esempio, il tema della teoria dell’incontro e del ricongiungimento. L’innamoramento improvviso è un problema che può essere compreso solamente come un ricongiungimento che riproduce emozioni molto arcaiche, infantili molte volte, non ricordate, ma quando si produce il legame tra due persone con una certa intensità (operazione che abbiamo chiamato “click” per il rumore che fanno i bottoni a pressione quando vengono serrati), in quel caso l’intensità dell’emozione è collegata con esperienze molto precedenti ed è accompagnata da sorprese. Non si tratta di incontri, ma di ricongiungimenti.
Nella vita sociale agiamo frequentemente a livello dell’incontro e del reincontro, che è ciò che crea il sentimento di simpatia o di antipatia verso la persone che avete appena visto. Nei gruppi si verifica un fenomeno, descritto da Moreno, che si chiama Telé, che è la simpatia o antipatia a prima vista. Qualunque aspetto che permette di ricordare un oggetto precedente dà origine ad un sentimento di compatibilità con alcune persone e con altre no, senza che questo abbia una spiegazione razionale. In alcuni casi si può indagare fino a scoprire il primo oggetto che ha prodotto un rifiuto. L’apprendimento è reso molto difficoltoso da queste situazioni, che sia con un professore, un compagno, ecc.
Il click è un’esperienza doppia, si produce fra due persone e non solamente lì, ma quando si esamina una qualsiasi opera d’arte, davanti ad una scultura o un quadro, si produce un’emozione particolare, un avvicinamento. Il quadro ci sembra buono se si può coesistere con esso, se si coesiste con un quadro, è perché rappresenta un’esperienza precedente.
All’interno della teoria della conoscenza, l’avvicinamento ad un oggetto ancora sconosciuto ma da conoscere, nella misura in cui ci interessa, produce una strana sensazione di paura. Paura di penetrare in un’esperienza quotidiana nella quale si può rimanere senza via d’uscita, creando una situazione claustrofobica che si vede molto bene negli psichiatri in formazione, dove il timore dell’oggetto li fa allontanare, perché esiste la paura della follia, la paura che la follia sia contagiosa. Non nel senso letterale della parola, ma nei termini di identificazione con persone che hanno caratteristiche di malattia. Quindi, dobbiamo proiettarci dentro di loro per conoscerli meglio e vedere che risonanza ha per ciascun osservatore. Ma esiste il terrore di rimanere chiusi nell’altro e trasformarsi nell’altro.
Negli studenti di psichiatria vediamo che questa paura viene espressa nei sogni, nei termini di non trovare l’uscita dall’ospedale, non trovare il cappello, una serie di malintesi che esprimono questa paura. Questa è un’esperienza in cui il coraggio del ricercatore è molto importante. Quando interrompe la comunicazione con il malato per il timore di identificarsi con lui, lì è finito il compito operativo del medico. È il trattamento freddo, la reificazione del compito che impedisce la comprensione dei problemi dell’altro. Questo impedisce al medico di operare.
L’interazione fra le persone è quindi regolata da un meccanismo che viene chiamato identificazione proiettiva, che consiste nel mettersi al posto dell’altro e, per mezzo di un fenomeno di risonanza e di analogia comparativa, poter inferire come è l’altro e come dobbiamo agire con l’altro.
Questa difficoltà è presente in ogni situazione di apprendimento.
Un filosofo francese, Gaston Bachelard, chiama “ostacolo epistemologico” la difficoltà che ha un soggetto nel penetrare all’interno di un qualsiasi campo, a causa del timore di distruggere l’oggetto della conoscenza o di essere distrutto da esso. Nella situazione triangolare questo è rappresentato dal terzo, che impedisce la penetrazione nell’oggetto, soprattutto se l’oggetto rappresenta uno dei genitori. Per esempio, un bambino che ha difficoltà a sapere come è fatto l’interno del corpo della madre. Il bambino è curioso, è uno scienziato che ha un’intuizione incredibile, il suo sviluppo è generalmente deformato dalla cultura, attraverso il suo ambiente immediato.
In ogni cultura troviamo differenti teorie che gli adulti mantengono come un tabù sull’informazione sessuale per i bambini, fonte di ogni distorsione successiva. Dalla società vengono introdotti i modelli nel bambino fondamentalmente fin dalla gestazione e dalla nascita.
Nel ricercatore accade la stessa cosa, i pregiudizi invadono qualsiasi campo della scienza, e sorge il timore di essere inclusi in un’operazione da cui si era stati esclusi, come il “mistero” della relazione dei genitori, la nascita del bambino, ecc. Questo crea difficoltà nell’apprendimento in generale. Il pensiero è sempre sociale, non c’è pensiero individuale, anche quando il soggetto è solo fantastica con il suo gruppo interno. Se gli oggetti che ha interiorizzato possono operare con lui, può ricreare oggetti nuovi.
L’ostacolo epistemologico è la difficoltà che trova il creatore o il ricercatore, in qualsiasi campo, di pensare un oggetto fino alle sue ultime conseguenze, nel senso di cogliere lo stato emotivo interno dell’altra persona nel caso delle scienze umane, o la correzione di vecchi tabù e pregiudizi nel compito del ricercatore sociale. Nelle relazioni umane, si tratta di raggiungere un accordo non in forma di disciplina ma come accordo globale; questa è una delle funzioni principali del gruppo operativo che realizzerete dopo la lezione, oltre alla lezione c’è una regolazione delle relazioni umane in termini di correzione.
Il programma prevede ora l’analisi semantica e sistemica dell’ECRO.
L’analisi semantica è l’analisi del significato che ciascuna parola ha per ciascuno, in base anche alle discipline che avete attraversato, con il proposito di costruire un linguaggio unico per il compito che svolgete qui ed essere in grado di comprendervi quando parlate, per esempio, di gruppo interno, di vincolo, ecc.
Inoltre, l’analisi semantica può portare al chiarimento di tutto lo schema di riferimento che ciascuno possiede e degli errori di significato che impediscono e perturbano la comunicazione, l’informazione su ciò che si sta facendo, e il confronto con l’altro gruppo di ricercatori che stanno lavorando sullo stesso tema.
Questo conduce al secondo passo che è l’analisi sistemica, ossia l’analisi di tutto il sistema che avete in termini di ECRO, con il proposito di studiare le contraddizioni interne che il sistema può avere, le ideologie che possono convivere in un soggetto e che perturbano molto il suo apprendimento, il suo adattamento alla realtà, ecco perché è tanto importante l’analisi intersistemica all’interno del sistema di ciascuno, per arrivare a risolvere le contraddizioni fondamentali all’interno del campo delle ideologie, non solamente politiche, ma scientifiche, religiose, ecc. Non con l’obiettivo di formarne una sola, ma che la somma di quelle che avete messo dentro abbiano una coerenza particolare in relazione alle suggestioni vitali della vita quotidiana, che non ci sia una contraddizione diretta tra l’essere ed il fare, questo ha già una finalità terapeutica, per questo ogni gruppo operativo è a sua volta terapeutico, nella misura in cui risolve le paure di apprendere e l’apprendimento della realtà. In quel momento un gruppo operativo funziona come un gruppo terapeutico, con la possibilità che il soggetto abbia una capacità di adattamento attivo al mondo. Ciò che ammala è la passività, il disadattamento e, un termine che usavano gli antichi filosofi greci, “l’atarassia mentale”, che è l’immobilità mentale, il non pensare, la mente vuota, che è la negazione totale e assoluta di ogni operazione sul mondo e sugli altri.
[1]“Querencia o pago” sono due termini che indicano luoghi amati, desiderati e sono modi di dire usati prevalentemente nei piccoli paesi del nordest dell’Argentina: “querencia” indica il luogo dove si è nati e cresciuti o dove si vive, dove si ha la casa o la famiglia, un luogo caro; “pago” starebbe per “paese”, nel senso di un territorio relativamente piccolo, di norma rurale, con determinati limiti spesso naturali (fiumi, montagne, ecc.) [NdT].
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