FOBIE

Le fobie sono tra i disturbi d’ansia più comuni.
Con il termine fobia (dal greco phóbos, 'panico, paura') si indica l’angoscia, teoricamente irragionevole ma persistente, che si prova in presenza di specifiche situazioni, oggetti, attività, animali o persone. Tale angoscia può essere così intensa che, anche se non costituisce, di fatto, un pericolo concreto per il soggetto, può arrivare a limitarne significativamente l’autonomia.
In psicoanalisi il meccanismo che porterebbe alla formazione del sintomo fobico prevede che, di fronte a pensieri sessuali od aggressivi considerati proibiti e che si ritiene potrebbero dar luogo ad una punizione, si attivi un segnale d’ansia che induca il soggetto a cercare di annullare tali pensieri. Scrive Freud che nelle fobie "si possono distinguere chiaramente due fasi del processo nevrotico. La prima provvede alla rimozione e alla conversione della libido in angoscia, la quale viene legata a un pericolo esterno. La seconda consiste nella strutturazione delle misure cautelative e di sicurezza mediante le quali dev'essere evitato ogni contatto con questo pericolo, trattato come un fatto esterno. La rimozione corrisponde a un tentativo di fuga dell'Io di fronte alla libido percepita come pericolo. La fobia può considerarsi come un trinceramento contro il pericolo esterno, che ora fa le veci della temuta libido".
Si tratta, dunque, di un annullamento inconscio dei pensieri ritenuti sconvenienti che, generalmente, avviene mediante la messa in atto di tre specifici meccanismi di difesa:
- spostamento: l’angoscia legata originariamente ai pensieri inaccettabili viene deviata e indirizzata verso contenuti psichici consci considerati inoffensivi;
- proiezione: l’affetto che si prova, in questo caso l’angoscia, viene proiettato ed attribuito ad un'altra persona o ad un altro oggetto;
- evitamento: si evita di affrontare quelle situazioni, quegli oggetti o quelle persone che si ritiene possano generare l’affetto angoscioso.
Le cose o le situazioni che possono diventare ggetto o contenuto di una fobia sono tante: il buio, i temporali, gli spazi aperti, gli ambienti chiusi, la folla, la solitudine, il viaggiare (in aereo, in nave, in treno o in auto), l'attraversamento di ponti, animali specifici (cani, gatti, ragni, bruchi, serpenti, topi...) e tante altre.
L'obiettivo dell'intervento psicoanalitico, in questo caso, è quello di fare il percorso a ritroso cercando di far emergere, portandola a livello della consapevolezza, l'associazione inconscia che è stata fatta tra pensiero sconveniente ed oggetto fobico.
Bibliografia:
Glenn O. Gabbard, "Psichiatria psicodinamica", Raffaello Cortina Editore, 1995
Sigmund Freud (1915-17), "Introduzione alla psicoanalisi", Bollati Boringhieri, 1993
Con il termine fobia (dal greco phóbos, 'panico, paura') si indica l’angoscia, teoricamente irragionevole ma persistente, che si prova in presenza di specifiche situazioni, oggetti, attività, animali o persone. Tale angoscia può essere così intensa che, anche se non costituisce, di fatto, un pericolo concreto per il soggetto, può arrivare a limitarne significativamente l’autonomia.
In psicoanalisi il meccanismo che porterebbe alla formazione del sintomo fobico prevede che, di fronte a pensieri sessuali od aggressivi considerati proibiti e che si ritiene potrebbero dar luogo ad una punizione, si attivi un segnale d’ansia che induca il soggetto a cercare di annullare tali pensieri. Scrive Freud che nelle fobie "si possono distinguere chiaramente due fasi del processo nevrotico. La prima provvede alla rimozione e alla conversione della libido in angoscia, la quale viene legata a un pericolo esterno. La seconda consiste nella strutturazione delle misure cautelative e di sicurezza mediante le quali dev'essere evitato ogni contatto con questo pericolo, trattato come un fatto esterno. La rimozione corrisponde a un tentativo di fuga dell'Io di fronte alla libido percepita come pericolo. La fobia può considerarsi come un trinceramento contro il pericolo esterno, che ora fa le veci della temuta libido".
Si tratta, dunque, di un annullamento inconscio dei pensieri ritenuti sconvenienti che, generalmente, avviene mediante la messa in atto di tre specifici meccanismi di difesa:
- spostamento: l’angoscia legata originariamente ai pensieri inaccettabili viene deviata e indirizzata verso contenuti psichici consci considerati inoffensivi;
- proiezione: l’affetto che si prova, in questo caso l’angoscia, viene proiettato ed attribuito ad un'altra persona o ad un altro oggetto;
- evitamento: si evita di affrontare quelle situazioni, quegli oggetti o quelle persone che si ritiene possano generare l’affetto angoscioso.
Le cose o le situazioni che possono diventare ggetto o contenuto di una fobia sono tante: il buio, i temporali, gli spazi aperti, gli ambienti chiusi, la folla, la solitudine, il viaggiare (in aereo, in nave, in treno o in auto), l'attraversamento di ponti, animali specifici (cani, gatti, ragni, bruchi, serpenti, topi...) e tante altre.
L'obiettivo dell'intervento psicoanalitico, in questo caso, è quello di fare il percorso a ritroso cercando di far emergere, portandola a livello della consapevolezza, l'associazione inconscia che è stata fatta tra pensiero sconveniente ed oggetto fobico.
Bibliografia:
Glenn O. Gabbard, "Psichiatria psicodinamica", Raffaello Cortina Editore, 1995
Sigmund Freud (1915-17), "Introduzione alla psicoanalisi", Bollati Boringhieri, 1993
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