TRADOTTI
GRUPPI OPERATIVI
di Armando J. Bauleo
(Il titolo originale dell’articolo è “Grupo operativos”, e si tratta di una lezione che il Prof. Armando J. Bauleo ha svolto all'interno della cattadra di “Teoria e pratica professionale (S. S. di gruppo)", coadiuvato dalla Dott.ssa Cristina Weigle, psicologa clinica e direttrice del Centro Diagnostico Psicoanalitico di Buenos Aires dal 1999. E' stato tradotto dallo spagnolo da Lorenzo Sartini).
Funzione del gruppo: è la possibilità di creare uno schema concettuale di riferimento e operativo per mezzo del quale gli individui isolati come integranti del gruppo, e lo stesso gruppo come tale, apprendono ad approcciare il compito. Vale a dire che viene creata una ideologia strumentale che simultaneamente dà la possibilità di operare e ricercare in un campo determinato attraverso un punto, un compito, a partire dal quale quei gruppi si costituiranno in gruppi. Ossia, che quando un gruppo si riunisce per lavorare su un punto determinato, i modi di interagire o di interrelazionarsi dei soggetti di quel gruppo sono dati dai modelli primitivi appresi nel gruppo familiare. Quando si riunisce, la maniera di dialogare, di interagire, è in accordo ai modelli antichi. Quando inizia l'intergioco, inizia ad assemblarsi il gruppo interno. Questo gruppo interno, o gruppo interno mentale, è la possibilità che ciascun soggetto ha, attraverso l'interazione, di effettuare gli adattamenti a quei modelli primitivi. Il comportamento, la verbalizzazione, iniziano a subire cambiamenti dati nella dinamica gruppale.
Affinché si possa assemblare quel gruppo interno è necessario che venga visualizzata una situazione come fondamentale, la situazione triangolare. Pichon-Rivière utilizza come asse di passaggio la situazione triangolare in questo modo:
(Il titolo originale dell’articolo è “Grupo operativos”, e si tratta di una lezione che il Prof. Armando J. Bauleo ha svolto all'interno della cattadra di “Teoria e pratica professionale (S. S. di gruppo)", coadiuvato dalla Dott.ssa Cristina Weigle, psicologa clinica e direttrice del Centro Diagnostico Psicoanalitico di Buenos Aires dal 1999. E' stato tradotto dallo spagnolo da Lorenzo Sartini).
Funzione del gruppo: è la possibilità di creare uno schema concettuale di riferimento e operativo per mezzo del quale gli individui isolati come integranti del gruppo, e lo stesso gruppo come tale, apprendono ad approcciare il compito. Vale a dire che viene creata una ideologia strumentale che simultaneamente dà la possibilità di operare e ricercare in un campo determinato attraverso un punto, un compito, a partire dal quale quei gruppi si costituiranno in gruppi. Ossia, che quando un gruppo si riunisce per lavorare su un punto determinato, i modi di interagire o di interrelazionarsi dei soggetti di quel gruppo sono dati dai modelli primitivi appresi nel gruppo familiare. Quando si riunisce, la maniera di dialogare, di interagire, è in accordo ai modelli antichi. Quando inizia l'intergioco, inizia ad assemblarsi il gruppo interno. Questo gruppo interno, o gruppo interno mentale, è la possibilità che ciascun soggetto ha, attraverso l'interazione, di effettuare gli adattamenti a quei modelli primitivi. Il comportamento, la verbalizzazione, iniziano a subire cambiamenti dati nella dinamica gruppale.
Affinché si possa assemblare quel gruppo interno è necessario che venga visualizzata una situazione come fondamentale, la situazione triangolare. Pichon-Rivière utilizza come asse di passaggio la situazione triangolare in questo modo:
È la relazione basica edipica, nella quale si danno 4 tipi di vincoli: amo, mi ama, odio, mi odia.
Attraverso lo scambio gruppale, l'individuo va a ricollocare i ruoli nella linea del padre o della madre. L'Intergioco costante nasce attraverso quale parte o ruoli di padre o madre saranno lavorati dal gruppo. Ciascun integrante sul quale è stata depositata quella parte del ruolo non la prenderà tale e quale come è stata depositata. Iniziano gli adattamenti. Una volta assemblato, solo allora è possibile il passaggio a un gruppo esterno; ossia, il fatto che l'individuo funzioni in quel modo nel gruppo. Passaggio dai comportamenti più arcaici a comportamenti o modelli di condotta nuovi di lavoro. Vale a dire che per Pichon-Rivière la situazione triangolare serve per poter eseguire, per poter agire in altro modo, permettendo all’individuo di passare da modelli arcaici a modelli nuovi di comportamento, e approcciando il compito, ciò di cui i gruppi operativi si servono per apprendere a pensare, dal momento in cui, attraverso questi nuovi modelli, l'individuo affronta i problemi in altro modo rispetto a come lo aveva sempre fatto.
Il confronto dei modelli arcaici e il funzionamento nel gruppo porta a situazioni dilemmatiche. Ossia, viene provocato un confronto polarizzato, confronti frontali. Qua vediamo come il gruppo inizia a funzionare circolarmente attorno al compito senza approcciarlo. Qui appare la funzione del coordinatore come possibilità di mettere in gioco un nuovo livello della tematica esistente in quei momenti polarizzati e mostrare come i confronti sono in realtà parte di uno stesso sguardo. Le segnalazioni del coordinatore devono riguardare, in quei momenti, le ansietà in gioco.
Le ansietà sono direttamente di paura dell'attacco e di paura della perdita, e appaiono accompagnate dalla resistenza al cambiamento. È necessario segnalare le ansietà in gioco per analizzare come formano il circolo vizioso che appare come impossibilità di approcciare il compito. La paura dell'attacco si produce davanti alla situazione nuova e gli elementi che li si possono avere. Il timore della perdita è il timore di lasciare gli elementi conosciuti per altri che ancora non conosciamo totalmente. E se continuiamo così ad avvicinarci al compito, raggiungiamo il mostro che costituisce lo sfondo del compito.
Il mostro è lo stereotipo. Noi cerchiamo di rompere quello stereotipo, e quella rottura appare come compito essenziale del gruppo operativo, dunque solo così rendiamo possibili nuovi schemi con i quali pensare al compito. Una delle funzioni essenziali all'interno di un gruppo è rilevare tutti questi stereotipi, collocarli, e solamente grazie alla loro rottura possiamo pensare in altro modo le cose che ci si presentano. Cerchiamo di costruire così il modello più conosciuto, il gruppo di comando.
Partendo dai ruoli fissi cercheremo di configurare un gruppo nel quale i ruoli sono funzionali. Cercheremo di ottenere specialisti di ciascun momento in accordo alle possibilità di ciascuno degli integranti, e attraverso quelle leadership circostanziali raggiungiamo un massimo di efficacia in ogni "qui e ora".
Da qui nasce l'altra premessa: che a maggior eterogeneità degli integranti, maggior omogeneità del compito. La maggior eterogeneità degli integranti rende possibile un maggior numero di prospettive al gruppo in funzione. Viene così ottenuto lo sviluppo tematico del compito, tematica nel senso di una definizione data, dei differenti sottogruppi o passaggi di un compito, e ciascuno di quei momenti tematici potrà essere visualizzato.
Viene tratta un altro tipo di conclusione: che la logica dei gruppi non è data solamente dalla verbalizzazione sul compito, di come viene ordinato, ma anche dagli ordinamenti della leadership. C'è una logica della leadership, possiamo vedere che nella interrelazione gruppale l'elemento emotivo è l'altra prospettiva o faccia che presenta l'interagire gruppale e che la sua manifestazione deve essere unita o integrata con la tematica affinché questa possa essere elaborata dal gruppo. Da qui traiamo che solamente porsi sulla verbalizzazione senza mettere in gioco la parte affettiva o emotiva ci porterebbe ad una divisione del problema. Anche nella parte emozionale appare lo schema concettuale, di riferimento e operativo solamente come sintesi di un lavoro gruppale.
Parlando delle leadership non possiamo smettere di parlare della problematica degli emergenti. Viene considerato come tale in un gruppo operativo l'individuo che segnala, colloca, drammatizza, verbalizza, in positivo o negativo, la tematica in gioco. Non viene richiesto un giudizio di valore, ma che il soggetto si faccia carico di continuare il senso della tematica, o che si opponga allo stesso.
Esistono due definizioni: leader del progresso, leader sabotatore. Tanto l’uno come l'altro corrispondono a momenti del gruppo ed esplicitano parti della tematica in gioco in quei momenti. Da lì si rende imprescindibile unire ciò che viene detto da ambedue come modo di considerare l'approccio totale del tema.
Ma per considerare che esistono emergenti, che esistono le leadership funzionali, è necessario considerare 3 elementi che sono in gioco: l'appartenenza, la pertinenza e la cooperazione. L'appartenenza può anche essere considerata affiliazione.
L'appartenenza è l'elemento che denomina il legame che esiste tra gli integranti nel gruppo e degli integranti con il gruppo. Possiamo dire che tanto più il gruppo può accettare i leaders che appaiono in ciascuna situazione, tanto più stanno sentendo il grado di legame.
La pertinenza verso il tema o il compito. La possibilità di riconoscere il grado di relazione che esiste tra il pensiero e l'agire gruppale con il tema in gioco.
La cooperazione sarebbe in che modo gli integranti del gruppo effettuano il loro apporto al lavoro che in quel momento gruppo sta svolgendo.
Attraverso tutto ciò che abbiamo visto fino ad ora, ciò che più si va ritagliando è la problematica del compito e, da un altro lato, lo schema concettuale, di riferimento e operativo.
Sono i due elementi che vengono ritagliati davanti alla visualizzazione di un processo gruppale.
Da adesso, quando viene nominato il gruppo operativo, se cadiamo nella definizione di Pichon-Riviére, ogni gruppo lo sarebbe, dal momento che ogni gruppo si riunisce per svolgere un compito. Da qui si rende necessario porci problemi su 3 livelli, che sarebbero:
A) quello del gruppo come gruppo;
B) un livello tecnico, la tecnica operativa del gruppo;
C) un livello concettuale, ideologico, la questione dello schema di riferimento operativo.
Cerchiamo di andare dal più semplice a quello più complesso, cercando di toccare ciascuno di questi livelli. Ossia, la stessa relazione del professore che espone il tema con coloro che lo ascoltano si verifica su un livello in cui sì verifica nei gruppi operativi, da quello più semplice, a quello più complesso, toccando questi tre livelli.
Pertanto, nel gruppo verrà effettuata una centralizzazione di esperienze passate con un inquadramento determinato. Viene chiamato inquadramento: tempo – luogo - ruolo, nel quale l’esplicitazione delle ansietà in gioco permette relazioni nuove con il compito. Il patrimonio di un gruppo è la somma algebrica di quelle idee, prendendo il pensiero come un vincolo con un determinato oggetto. Di quell'oggetto si vedranno tante sfaccettature come gioco di fattori presenti in quella somma algebrica. E ho detto una somma algebrica ma: perché? Perché si sarebbe potuto dire una sommazione. Questo è così per includere il positivo e il negativo di ciò che possiamo vedere delle cose. È tutto questo ciò che arricchisce la visione e la comprensione sull'oggetto.
Nell'intergioco gruppale ciò che osserviamo sono: costanti e variabili. Costanti sono quelle che ci permettono di strutturare una tecnica per operare sul gruppo e che denominiamo universali (resistenza al cambiamento, le 2 ansietà, timore della perdita e dell'attacco, la stereotipia, tutte queste sono universali dentro il gruppo).
Le variabili dipendono da ciascuno gruppo, e sarebbe la forma particolare con cui ciascun gruppo affronta il compito e affronta la comprensione di ciò che si trova in gioco.
Ciò che viene osservato è che in tutte le definizioni di gruppo, sia da parte di psicologi sociali, sia di sociologi, sia di psicologi, vengono sempre riconosciuti due elementi fondamentali: da un lato l'interazione, e dall'altro lato la coscienza di gruppo. La coscienza sarebbe coscienza della relazione comune che avviene all'interno degli integranti, che può essere esplicita o latente. Deutsch è l'unico che pone che un gruppo viene definito dalla finalità collettivamente perseguita. Ossia, qua osserviamo anche una definizione di gruppo attraverso il compito.
L'approccio dei gruppi dipende anche da chi fa quell’approccio, per cui uno degli elementi da vedere e la concezione del mondo di chi propone l'approccio. Un esempio di questo sarebbe la famosa classificazione di Cooley tra gruppi primari e secondari. Pone che il gruppo primario è quello particolarista (vuol dire che ci sono relazioni di uno determinato con un altro determinato), è totale, il ruolo è ascritto. Esiste un processo di socializzazione e uno di personificazione. Il secondario sarebbe universalista, frammentario, e il ruolo acquisito. Quando parla di gruppi primari parla di gruppi primari primordiali, personali e ideologici.
Il primordiale sarebbe il gruppo nel quale c'è una storia in comune, un luogo in comune.
Il personale sarebbe, per esempio, il gruppo di amici che in un momento determinato soppianta il gruppo familiare.
L’ideologico è un gruppo che si riunisce poiché ha idee affini.
Kratchev dell'Accademia delle Scienze di Leningrado, quando fa lo studio dei gruppi, pone che la differenziazione tra primari e secondari non è valida. Anche questo si inscrive in un certo tipo di pensiero nel quale la psicologia e la sociologia erano appartate dall'ideologia, ed il politico determinava tutto. Al contrario, con questo, noi dobbiamo vedere che in tutti questi campi c'è una interrelazione. E, in questi momenti, soprattutto vedendo questi lavori di Kratchev, ciò che ha richiamato l'attenzione è che permise una serie di studi a livello della URSS.
Da un lato, sul gruppo familiare che ha reso possibile osservare modelli come il problema dell'uguaglianza dei sessi e della problematica della donna. Per esempio, in certe regioni dell'Asia centrale, mentre esiste un uguaglianza dei sessi a livello sociale, a livello di gruppo familiare ancora questa non è data. Ossia all'interno della famiglia ancora non c'è uguaglianza dei sessi nella ripartizione del compito, mentre a livello sociale sì.
La critica che Kratchev fa a Cooley la possiamo fare anche noi perché, per noi, il gruppo è definito dal tipo di compito. Per noi, il gruppo deve avere un carattere totalitario, deve servire alla socializzazione, alla personificazione, ma a sua volta deve essere frammentario e deve avere la possibilità di ruoli ascritti, ossia che la definizione di Cooley si inscriva all’interno di una ideologia determinata. Per questo egli immagina che i gruppi primari ideologici appartengano all’adolescenza, per esempio, che è la vecchia concezione borghese. Si è marxisti in gioventù e da vecchi si è conservatori. Ecco perché, per lui, il considerare i gruppi ideologici primari è direttamente un problema di adolescenza che lo psicoterapeuta di quei gruppi, per esempio, deve accettare come tale, ovvero che negli adolescenti il gruppo primario ideologico è più forte che il gruppo familiare.
Ciò che ci fa vedere questo è che quando facciamo livelli di analisi all’interno di quadri di riferimento, daremo senso a quelle analisi che effettuiamo. I distinti livelli di analisi per poter vedere un gruppo, che per alcuni sarebbe un sottosistema dello schema totale fornito dalla società, sono: lo psicosociale, il socio-dinamico e l’istituzionale.
Nello psicosociale vedremmo un gruppo attraverso un individuo. Per esempio, la psicoterapia individuale, nella quale vediamo i gruppi primari, e quelli secondari, che vengono riferiti dal soggetto.
Nel socio-dinamico ci troviamo direttamente in presenza dell’interazione degli integranti di un gruppo che ha un compito determinato.
Nell’istituzionale ci sarebbe la possibilità di vedere il gruppo come un’istituzione in relazione con altri gruppi. Questo si può fare, per esempio, negli studi della famiglia come istituzione, allora si studiano la famiglia e la scuola. Sono livelli istituzionali perché la famiglia appare come un’istituzione di fronte ad un’altra istituzione e si vede che tipo di relazione si stabilisce tra esse.
Tornando al gruppo operativo presenterei uno schema che permette di studiare progressivamente il gruppo: lo schema è quello del cono invertito, dove ci sarebbe l’esplicito, dall’implicito all’esplicito. Da un lato avremo appartenenza o affiliazione al gruppo, pertinenza, ossia relazione con il compito, e cooperazione, che riguarda il grado di interazione. Dall’altro lato, si trovano gli altri universali che sarebbero: apprendimento, valutazione e cambiamento e, sul fondo del cono, troviamo la resistenza al cambiamento, le ansietà dell’attacco e della perdita, stereotipi, ruoli. Quindi, nel gruppo progressivamente vedremo con maggior chiarezza questo fondo che sarebbe il sostrato per mezzo del quale il gruppo affronta il compito.
Attraverso lo scambio gruppale, l'individuo va a ricollocare i ruoli nella linea del padre o della madre. L'Intergioco costante nasce attraverso quale parte o ruoli di padre o madre saranno lavorati dal gruppo. Ciascun integrante sul quale è stata depositata quella parte del ruolo non la prenderà tale e quale come è stata depositata. Iniziano gli adattamenti. Una volta assemblato, solo allora è possibile il passaggio a un gruppo esterno; ossia, il fatto che l'individuo funzioni in quel modo nel gruppo. Passaggio dai comportamenti più arcaici a comportamenti o modelli di condotta nuovi di lavoro. Vale a dire che per Pichon-Rivière la situazione triangolare serve per poter eseguire, per poter agire in altro modo, permettendo all’individuo di passare da modelli arcaici a modelli nuovi di comportamento, e approcciando il compito, ciò di cui i gruppi operativi si servono per apprendere a pensare, dal momento in cui, attraverso questi nuovi modelli, l'individuo affronta i problemi in altro modo rispetto a come lo aveva sempre fatto.
Il confronto dei modelli arcaici e il funzionamento nel gruppo porta a situazioni dilemmatiche. Ossia, viene provocato un confronto polarizzato, confronti frontali. Qua vediamo come il gruppo inizia a funzionare circolarmente attorno al compito senza approcciarlo. Qui appare la funzione del coordinatore come possibilità di mettere in gioco un nuovo livello della tematica esistente in quei momenti polarizzati e mostrare come i confronti sono in realtà parte di uno stesso sguardo. Le segnalazioni del coordinatore devono riguardare, in quei momenti, le ansietà in gioco.
Le ansietà sono direttamente di paura dell'attacco e di paura della perdita, e appaiono accompagnate dalla resistenza al cambiamento. È necessario segnalare le ansietà in gioco per analizzare come formano il circolo vizioso che appare come impossibilità di approcciare il compito. La paura dell'attacco si produce davanti alla situazione nuova e gli elementi che li si possono avere. Il timore della perdita è il timore di lasciare gli elementi conosciuti per altri che ancora non conosciamo totalmente. E se continuiamo così ad avvicinarci al compito, raggiungiamo il mostro che costituisce lo sfondo del compito.
Il mostro è lo stereotipo. Noi cerchiamo di rompere quello stereotipo, e quella rottura appare come compito essenziale del gruppo operativo, dunque solo così rendiamo possibili nuovi schemi con i quali pensare al compito. Una delle funzioni essenziali all'interno di un gruppo è rilevare tutti questi stereotipi, collocarli, e solamente grazie alla loro rottura possiamo pensare in altro modo le cose che ci si presentano. Cerchiamo di costruire così il modello più conosciuto, il gruppo di comando.
Partendo dai ruoli fissi cercheremo di configurare un gruppo nel quale i ruoli sono funzionali. Cercheremo di ottenere specialisti di ciascun momento in accordo alle possibilità di ciascuno degli integranti, e attraverso quelle leadership circostanziali raggiungiamo un massimo di efficacia in ogni "qui e ora".
Da qui nasce l'altra premessa: che a maggior eterogeneità degli integranti, maggior omogeneità del compito. La maggior eterogeneità degli integranti rende possibile un maggior numero di prospettive al gruppo in funzione. Viene così ottenuto lo sviluppo tematico del compito, tematica nel senso di una definizione data, dei differenti sottogruppi o passaggi di un compito, e ciascuno di quei momenti tematici potrà essere visualizzato.
Viene tratta un altro tipo di conclusione: che la logica dei gruppi non è data solamente dalla verbalizzazione sul compito, di come viene ordinato, ma anche dagli ordinamenti della leadership. C'è una logica della leadership, possiamo vedere che nella interrelazione gruppale l'elemento emotivo è l'altra prospettiva o faccia che presenta l'interagire gruppale e che la sua manifestazione deve essere unita o integrata con la tematica affinché questa possa essere elaborata dal gruppo. Da qui traiamo che solamente porsi sulla verbalizzazione senza mettere in gioco la parte affettiva o emotiva ci porterebbe ad una divisione del problema. Anche nella parte emozionale appare lo schema concettuale, di riferimento e operativo solamente come sintesi di un lavoro gruppale.
Parlando delle leadership non possiamo smettere di parlare della problematica degli emergenti. Viene considerato come tale in un gruppo operativo l'individuo che segnala, colloca, drammatizza, verbalizza, in positivo o negativo, la tematica in gioco. Non viene richiesto un giudizio di valore, ma che il soggetto si faccia carico di continuare il senso della tematica, o che si opponga allo stesso.
Esistono due definizioni: leader del progresso, leader sabotatore. Tanto l’uno come l'altro corrispondono a momenti del gruppo ed esplicitano parti della tematica in gioco in quei momenti. Da lì si rende imprescindibile unire ciò che viene detto da ambedue come modo di considerare l'approccio totale del tema.
Ma per considerare che esistono emergenti, che esistono le leadership funzionali, è necessario considerare 3 elementi che sono in gioco: l'appartenenza, la pertinenza e la cooperazione. L'appartenenza può anche essere considerata affiliazione.
L'appartenenza è l'elemento che denomina il legame che esiste tra gli integranti nel gruppo e degli integranti con il gruppo. Possiamo dire che tanto più il gruppo può accettare i leaders che appaiono in ciascuna situazione, tanto più stanno sentendo il grado di legame.
La pertinenza verso il tema o il compito. La possibilità di riconoscere il grado di relazione che esiste tra il pensiero e l'agire gruppale con il tema in gioco.
La cooperazione sarebbe in che modo gli integranti del gruppo effettuano il loro apporto al lavoro che in quel momento gruppo sta svolgendo.
Attraverso tutto ciò che abbiamo visto fino ad ora, ciò che più si va ritagliando è la problematica del compito e, da un altro lato, lo schema concettuale, di riferimento e operativo.
Sono i due elementi che vengono ritagliati davanti alla visualizzazione di un processo gruppale.
Da adesso, quando viene nominato il gruppo operativo, se cadiamo nella definizione di Pichon-Riviére, ogni gruppo lo sarebbe, dal momento che ogni gruppo si riunisce per svolgere un compito. Da qui si rende necessario porci problemi su 3 livelli, che sarebbero:
A) quello del gruppo come gruppo;
B) un livello tecnico, la tecnica operativa del gruppo;
C) un livello concettuale, ideologico, la questione dello schema di riferimento operativo.
Cerchiamo di andare dal più semplice a quello più complesso, cercando di toccare ciascuno di questi livelli. Ossia, la stessa relazione del professore che espone il tema con coloro che lo ascoltano si verifica su un livello in cui sì verifica nei gruppi operativi, da quello più semplice, a quello più complesso, toccando questi tre livelli.
Pertanto, nel gruppo verrà effettuata una centralizzazione di esperienze passate con un inquadramento determinato. Viene chiamato inquadramento: tempo – luogo - ruolo, nel quale l’esplicitazione delle ansietà in gioco permette relazioni nuove con il compito. Il patrimonio di un gruppo è la somma algebrica di quelle idee, prendendo il pensiero come un vincolo con un determinato oggetto. Di quell'oggetto si vedranno tante sfaccettature come gioco di fattori presenti in quella somma algebrica. E ho detto una somma algebrica ma: perché? Perché si sarebbe potuto dire una sommazione. Questo è così per includere il positivo e il negativo di ciò che possiamo vedere delle cose. È tutto questo ciò che arricchisce la visione e la comprensione sull'oggetto.
Nell'intergioco gruppale ciò che osserviamo sono: costanti e variabili. Costanti sono quelle che ci permettono di strutturare una tecnica per operare sul gruppo e che denominiamo universali (resistenza al cambiamento, le 2 ansietà, timore della perdita e dell'attacco, la stereotipia, tutte queste sono universali dentro il gruppo).
Le variabili dipendono da ciascuno gruppo, e sarebbe la forma particolare con cui ciascun gruppo affronta il compito e affronta la comprensione di ciò che si trova in gioco.
Ciò che viene osservato è che in tutte le definizioni di gruppo, sia da parte di psicologi sociali, sia di sociologi, sia di psicologi, vengono sempre riconosciuti due elementi fondamentali: da un lato l'interazione, e dall'altro lato la coscienza di gruppo. La coscienza sarebbe coscienza della relazione comune che avviene all'interno degli integranti, che può essere esplicita o latente. Deutsch è l'unico che pone che un gruppo viene definito dalla finalità collettivamente perseguita. Ossia, qua osserviamo anche una definizione di gruppo attraverso il compito.
L'approccio dei gruppi dipende anche da chi fa quell’approccio, per cui uno degli elementi da vedere e la concezione del mondo di chi propone l'approccio. Un esempio di questo sarebbe la famosa classificazione di Cooley tra gruppi primari e secondari. Pone che il gruppo primario è quello particolarista (vuol dire che ci sono relazioni di uno determinato con un altro determinato), è totale, il ruolo è ascritto. Esiste un processo di socializzazione e uno di personificazione. Il secondario sarebbe universalista, frammentario, e il ruolo acquisito. Quando parla di gruppi primari parla di gruppi primari primordiali, personali e ideologici.
Il primordiale sarebbe il gruppo nel quale c'è una storia in comune, un luogo in comune.
Il personale sarebbe, per esempio, il gruppo di amici che in un momento determinato soppianta il gruppo familiare.
L’ideologico è un gruppo che si riunisce poiché ha idee affini.
Kratchev dell'Accademia delle Scienze di Leningrado, quando fa lo studio dei gruppi, pone che la differenziazione tra primari e secondari non è valida. Anche questo si inscrive in un certo tipo di pensiero nel quale la psicologia e la sociologia erano appartate dall'ideologia, ed il politico determinava tutto. Al contrario, con questo, noi dobbiamo vedere che in tutti questi campi c'è una interrelazione. E, in questi momenti, soprattutto vedendo questi lavori di Kratchev, ciò che ha richiamato l'attenzione è che permise una serie di studi a livello della URSS.
Da un lato, sul gruppo familiare che ha reso possibile osservare modelli come il problema dell'uguaglianza dei sessi e della problematica della donna. Per esempio, in certe regioni dell'Asia centrale, mentre esiste un uguaglianza dei sessi a livello sociale, a livello di gruppo familiare ancora questa non è data. Ossia all'interno della famiglia ancora non c'è uguaglianza dei sessi nella ripartizione del compito, mentre a livello sociale sì.
La critica che Kratchev fa a Cooley la possiamo fare anche noi perché, per noi, il gruppo è definito dal tipo di compito. Per noi, il gruppo deve avere un carattere totalitario, deve servire alla socializzazione, alla personificazione, ma a sua volta deve essere frammentario e deve avere la possibilità di ruoli ascritti, ossia che la definizione di Cooley si inscriva all’interno di una ideologia determinata. Per questo egli immagina che i gruppi primari ideologici appartengano all’adolescenza, per esempio, che è la vecchia concezione borghese. Si è marxisti in gioventù e da vecchi si è conservatori. Ecco perché, per lui, il considerare i gruppi ideologici primari è direttamente un problema di adolescenza che lo psicoterapeuta di quei gruppi, per esempio, deve accettare come tale, ovvero che negli adolescenti il gruppo primario ideologico è più forte che il gruppo familiare.
Ciò che ci fa vedere questo è che quando facciamo livelli di analisi all’interno di quadri di riferimento, daremo senso a quelle analisi che effettuiamo. I distinti livelli di analisi per poter vedere un gruppo, che per alcuni sarebbe un sottosistema dello schema totale fornito dalla società, sono: lo psicosociale, il socio-dinamico e l’istituzionale.
Nello psicosociale vedremmo un gruppo attraverso un individuo. Per esempio, la psicoterapia individuale, nella quale vediamo i gruppi primari, e quelli secondari, che vengono riferiti dal soggetto.
Nel socio-dinamico ci troviamo direttamente in presenza dell’interazione degli integranti di un gruppo che ha un compito determinato.
Nell’istituzionale ci sarebbe la possibilità di vedere il gruppo come un’istituzione in relazione con altri gruppi. Questo si può fare, per esempio, negli studi della famiglia come istituzione, allora si studiano la famiglia e la scuola. Sono livelli istituzionali perché la famiglia appare come un’istituzione di fronte ad un’altra istituzione e si vede che tipo di relazione si stabilisce tra esse.
Tornando al gruppo operativo presenterei uno schema che permette di studiare progressivamente il gruppo: lo schema è quello del cono invertito, dove ci sarebbe l’esplicito, dall’implicito all’esplicito. Da un lato avremo appartenenza o affiliazione al gruppo, pertinenza, ossia relazione con il compito, e cooperazione, che riguarda il grado di interazione. Dall’altro lato, si trovano gli altri universali che sarebbero: apprendimento, valutazione e cambiamento e, sul fondo del cono, troviamo la resistenza al cambiamento, le ansietà dell’attacco e della perdita, stereotipi, ruoli. Quindi, nel gruppo progressivamente vedremo con maggior chiarezza questo fondo che sarebbe il sostrato per mezzo del quale il gruppo affronta il compito.
Per esempio, il tuo compito è di trattare la classe come gruppo e tutto ciò che viene visto in ogni classe, allora appaiono i diversi elementi che si struttureranno nell’interagire gruppale.
La resistenza al cambiamento: appare il problema di cospirazione e del sabotatore. Come parte del gruppo, un sottogruppo lavorerà su tutta la negazione del compito, agendo extra o intra-gruppalmente. Di fronte a questo sottogruppo si strutturerà l’altro sottogruppo, quello del progresso, il cui leader cercherà di esplicitare i diversi temi o le distinte questioni che compongono il compito. Entrambi i sottogruppi hanno a che fare con una questione fondamentale (è fondamentale, perlomeno, all’interno del pensiero di Pichon, per noi per ora appare come ipotesi) che è il problema dell’emergente.
L’emergente è il soggetto che, per la sua storicità, di fronte a determinati temi o situazioni gruppali, esplicita quello che pensa o quello che sente, servendo ciò a visualizzare quali momenti sta attraversando il gruppo. Di questo si avvale il coordinatore del gruppo per segnalare ciò che succede e questo permetterà al gruppo di passare ad un altro momento del suo funzionamento. I due leaders costituiscono emergenti gruppali. Di fronte a un compito il gruppo fa una dissociazione con due leaders, ciascuno di essi può apparire in diversi momenti e questo è un’emergenza.
Stereotipia: qui si verifica il gioco in cui diversi integranti possono giocare su ambedue i lati in modi diversi (si verifica il cambiamento dei ruoli, ma c’è stereotipia). Perché uno solo che si stereotipa agisce sempre nello stesso modo, ossia: rimanendo sempre in silenzio, dicendo sempre le stesse cose, segnalando sempre la stessa questione, c’è qualcosa nel compito che non viene visualizzato.
Noi dobbiamo vedere che nella partecipazione di un integrante sempre allo stesso modo, c’è un aspetto del compito che viene negato, che viene coperto, perché non sappiamo che cosa potrebbe apportare lui per la visualizzazione del compito. Ora, tutto questo è una gestione che il gruppo fa per affrontare il trattamento del tema, perché se torniamo al punto da cui abbiamo iniziato, ossia alla situazione triangolare, questo ci porta a vedere un certo tipo di modelli molto organizzati, molto strutturati e in molti casi molto primitivi che tanto il gruppo come gruppo, quanto alcuni integranti del gruppo, possono negare di vedere: negare coscientemente o inconsciamente.
Coordinatore. Quello che ci si presenta, ora, riguarda la funzione del coordinatore e dell’osservatore all’interno del gruppo. La funzione del coordinatore avviene attraverso l’unione di ciò che dice o di ciò che agisce questo gruppo o questo sottogruppo; [per cui bisogna] mostrare al gruppo che impostazione sta dando al compito, perché tanto questo come quest’altro appartengono al gruppo, sono parte del gruppo. Questo potrebbe stare segnalando la positività e questo la negatività; ma, allo stesso modo, sono parte del gruppo. In altre parole, la comprensione del gruppo di fronte al compito è data dall’unione di questi due elementi del gruppo, perché interpretare che il sabotatore vuole rompere il gruppo perché vuole, ossia come una cosa individualistica, farebbe perdere di vista ciò che il gruppo ha messo in lui affinché egli assumesse quella posizione.
Il coordinatore segnala le ansietà in gioco. Segnalare le ansietà in gioco non è solamente enunciarle o dire al gruppo che è perseguitato, o che è depresso. Questo non serve a niente. Ciò che deve essere mostrato è che relazione ha l’interagire gruppale in quel momento, con il compito che si sta trattando, ciò che permette al gruppo di comprendere i suoi modelli di comportamento nell’affrontare il compito.
L’osservatore può agire in tre modi diversi: può essere osservatore che non partecipa verbalmente ma che lavora confezionando la cronaca del gruppo, materiale che dopo gli permetterà, una volta terminato il gruppo, insieme con il coordinatore, di rivedere che tipo di intergioco si è verificato.
Poi, esiste l’osservatore degli emergenti, in cui l’osservatore si occupa solamente di fissarsi sulle note predominanti che si sono prodotte nel gruppo di fronte al tema su cui [gli integranti] stanno lavorando. L’osservatore degli emergenti li leggerà nel gruppo venti minuti o mezz’ora prima della fine della riunione gruppale.
L’altro sarebbe l’osservatore partecipante, situazione nella quale l’osservatore interviene verbalmente, segnala, interpreta, cercando di complementare la linea che segue il coordinatore.
Quando ho parlato di inquadramento ho detto che erano: tempo, luogo e ruolo. Nel gruppo operativo ciò che possiamo osservare è che esistono tre ruoli costanti, che sono: quello di coordinatore, quello di osservatore e quello di integrante. Da qui deriva che, essendo tre ruoli, hanno tre piani di funzionamento. Pertanto, se un integrante compete con l’osservatore, o l’osservatore con il coordinatore, o il coordinatore con un osservatore o un integrante, ciò che è successo è che si è perso il ruolo. In altri termini, non può esistere competizione o rivalità dal momento in cui sono piani differenti di funzionamento. La competizione o la rivalità possono verificarsi tra gli integranti o, se ci sono due osservatori o tre, verificarsi tra loro. E se ci sono due coordinatori, come avviene nei gruppi molto grandi, può verificarsi tra i coordinatori, ma sugli altri piani significa perdere il ruolo ed il piano del funzionamento.
Domanda: Non capisco come funzionano due coordinatori in uno stesso gruppo.
Bauleo: Dipende dalla ideologia, se hanno una stessa tecnica di gestione non succede nulla. Interpreteranno in successione, quando vedono la situazione, l’uno o l’altro interpreteranno. Sembra che potrebbero scontrarsi quando interpreteranno. Ma ci sono necessariamente storicità differenti in gioco e ciascuna significherà diversi momenti da interpretare. L’unica problematica che qui si presenta è la tecnica comune di gestione. Se hanno una tecnica comune di gestione non accade nulla. Ossia, i problemi che abbiamo visto tra gli osservatori, o tra i coordinatori, avvengono perché si utilizzano tecniche distinte.
La perdita del piano o del ruolo, se siamo coerenti con ciò che abbiamo stabilito fino ad ora, sarebbe che una parte del gruppo, attraverso la fuga su un altro piano, evita di affrontare il compito. Questo ci porterebbe a diverse considerazioni: una di queste è, per esempio, il perché gli integranti si spostano al ruolo di osservatore, quindi, che cosa hanno messo in quel ruolo o in quel piano di funzionamento che essi sentono di non poter recuperare sul piano del funzionamento? Per esempio: se ci sono dieci integranti, un coordinatore e un osservatore, e gli integranti iniziano a competere e rivaleggiare con l’osservatore, quando essi svolgono questa funzione dell’osservatore, significa che hanno messo qualcosa nel piano di funzionamento dell’osservatore per affrontare il compito che non hanno coraggio di affrontare dal loro ruolo e dal loro piano di funzionamento come integranti che devono affrontare il compito. E questo può essere studiato in ciascuno dei passaggi agli altri piani.
Ciò che si osserva è che l’oggetto deve essere distrutto per essere ricostruito, è l’unica maniera per poter creare. La distruzione dell’oggetto non è la distruzione fisica dell’oggetto, è in realtà la distruzione dell’immagine che noi abbiamo dell’oggetto, quindi, affinché uno possa distruggere l’oggetto e tornare a costruirlo, deve accettare di perdere i vecchi modelli di funzionamento e accettare nuove modalità di comprensione di quell’oggetto e del senso di quell’oggetto. Ciò che avviene è che quando l’oggetto viene distrutto, le possibilità di ricostruirlo sono date dalla possibilità di partecipazione di tutti. Sarebbe, in altri termini, che tutti gli integranti del gruppo, in un momento dato, distruggeranno il compito per tornare ad assemblarlo successivamente. Questo dipende da ciò che abbiamo presentato da questo lato del cono, ovvero, l’appartenenza, la pertinenza e la cooperazione, che gli integranti hanno con il compito. Perché altrimenti, che cosa succede? Mancheranno frammenti di quell’oggetto per assemblarlo. Pichon, per spiegare questa cosa, mette in gioco il puzzle, che è la cosa più chiara per veder questa cosa. Ossia, il puzzle è costituito da una certa quantità di pezzi che ognuno degli integranti avrebbe e che ciascun integrante deve apportare per sapere come finisce. Se qualcuno non porta il pezzo non sapremo come finisce. Ciascuno assume un ruolo in modo predominante, ma ha gli altri ruoli latenti che può assumere in un momento determinato.
L’interpretazione: come appare? Come si effettua? In base a che cosa viene effettuata? L’interpretazione appare come possibilità di sintetizzare in un momento determinato ciò che si verifica nel gruppo. Si potrebbe dire che è il filo che viene inserito o sul quale gira il movimento gruppale. Cercheremo sempre, nell’interpretazione, di dire quello che appare come punto di urgenza. L’ideale è di poter prendere le stesse parole utilizzate dai diversi integranti del gruppo in un momento determinato. Non sempre questo si verifica, ma sarebbe l’ideale. E, d’altro lato, cercherà di segnalare precisamente l’ansietà latente che gioca in quel momento. E qua appare una cosa che è necessario rimarcare. Nel gioco ci sono sempre due ansietà: una dell’attacco e una della perdita. Dell’attacco di fronte alla situazione nuova, perché non si sa che spazio andremo ad occupare, né chi ci sarà in questi spazi. E della perdita, di fronte alla situazione vecchia che lasciamo. Se queste due ansietà sono permanentemente in gioco, quello che andiamo a interpretare riguarda la latenza, quella che non si vede, perché una è manifesta e l’altra è latente. Se il gruppo, per esempio, esplicita la paura che ha di essere attaccato da tale questione, l’interpretazione è la tristezza che ha per la perdita dei vecchi modelli. Quindi, la configurazione del punto di urgenza sarà data dall’emergente, dal gioco dialettico che si verifica tra i due sottogruppi, e dall’ansietà che soggiace in tutto questo intergioco.
Qual è la differenza tra pertinenza e appartenenza? L’appartenenza potrebbe essere definita in termini di coscienza. In altri termini, è il grado di coscienza o di chiarezza di star lavorando con gli altri su un compito comune. La pertinenza sarebbe il capire o il sentire che sto lavorando su questo. Cioè, la pertinenza riguarda i compiti su cui si sta lavorando, l’appartenenza riguarderebbe il gruppo, gli altri integranti.
Che cos’è il punto di urgenza? Il punto di urgenza è ogni configurazione, o ogni situazione nella quale sono in gioco una dialettica, gli emergenti, i ruoli, e un’ansietà latente di fronte al tema specifico. Rispetto al tema, segnalarlo è come una spilla per poter terminare il tema e passare ad un altro momento. Ossia, si potrebbe dire che è la cuspide nel trattamento del tema che permette di passare ad un altro tema. Dall’esplicito all’implicito vuole dire che la nostra gestione avrà il fine di fare una schematizzazione di come lavora il gruppo. Innanzitutto, ci si occupa del manifesto e, a poco a poco, il coordinatore e l’osservatore da un lato, e il gruppo come gruppo dall’altro lato, comprenderanno tutto quello che si sta giocando sullo sfondo. Ovvero, prima ci entriamo molto in generale, per approfondire a poco a poco e vedere più chiaramente. Di più, gli stessi integranti, dopo un certo tempo, si renderanno conto che ruolo occupa ciascuno di essi.
Tematica e dinamica
Tematica: logica di ordinamento con cui un gruppo intraprenderà il compito.
Dato un tema per il gruppo, questo tema sarà scomposto in X1, X2, X3, X4, ecc.
Xn nel senso fenomenologico di decomposizione.
Il gruppo non segue mai l’indice, seguirà l’ordine che vuole ed è la logica o l’ordinamento con cui il gruppo intraprenderà il compito.
Vediamo che il gruppo applica una certa logica in accordo all’interrelazione tra i suoi integranti, quella che non può essere violata.
Sintetizzando, il gruppo, in accordo alla sua struttura come gruppo, seguirà una certa logica interna rispetto all’ordinamento dell’apprendimento dell’informazione. Questo ordinamento è dovuto al fatto che i temi scelti sono più significativi, risvegliano reazioni di attrazione, di rifiuto (teoria del campo di Lewin), hanno una certa carica emozionale, ecc. Questi elementi giocano per questo gruppo e non per un altro.
Dinamica: la dinamica inizierà con:
Se entriamo solamente nella dinamica, il gruppo ha carattere terapeutico ma non può mai essere veramente terapeutico dal momento che gli integranti ed il coordinatore negano che sono riuniti per questo.
Gruppo operativo: è ogni gruppo che è centrato sul compito, sia questo esplicito o implicito.
Anche il gruppo terapeutico è un gruppo operativo il cui compito è il trattamento degli integranti.
Quasi sempre i gruppi che si riuniscono per trattare un compito, riassemblano o vedono la relazione tra il tema e ciò che sta accadendo; il gruppo operativo, cercando di vedere questa relazione, ha caratteristiche terapeutiche, perché se vediamo come in un momento dato nasce ogni emergente, vediamo che prevale ciò che sta succedendo nel gruppo con la sua storia personale o la biografia o la sua situazione triangolare primaria e qui è dove appare il terapeutico.
L’interpretazione è basata sul momento determinato, è una costruzione sintetica, concettuale, di ciò che sta accadendo, allora si forma un’altra situazione triangolare tra la tematica, la dinamica e l’interpretazione.
Informazione: ci sono tre tipi di situazioni di come il gruppo può riceverla:
Costruzione dell’informazione: il gruppo non la ordina in accordo all’indice ma applica una certa logica in accordo all’interrelazione tra i suoi integranti. Non può essere violata la logica interna dei gruppi. In accordo alla sua struttura, ciascun gruppo seguirà una logica interna rispetto all’ordinamento dell’apprendimento dell’informazione.
Il controllo dell’informazione avviene perché, coscientemente, vogliamo che il tema venga trattato in un certo modo.
Valutazione: è misurare i risultati in accordo a certi tipi di schema che vengono utilizzati. Può essere quantitativa o qualitativa. Per esempio: lo schema di riferimento.
La valutazione può essere tabulata, sistematizzata, ecc.
Nel gruppo operativo ci sono differenti gruppi di valutazione, tra gli integranti, tra i coordinatori, tra il coordinatore e l’osservatore.
A sua volta, questo deve essere valutato e viene misurato da ciò che si chiama la situazione degli emergenti e degli esistenti.
Affinché si produca l’interpretazione devono esistere determinate cose: si parlava di un tal tema (esistente), poi partendo da questo qualcuno parlerà e si avrà l’emergente.
Nella valutazione si produrrà un’altra situazione triangolare dal momento che ciò che è stato pensato e quello che esce (nasce) dalla valutazione arricchisce il compito del gruppo.
Questo permetterà il cambiamento del gruppo come gruppo o del compito come compito, che diventa più piccolo, o più grande, o acquisisce un certo significato.
Cambiamento
Nuovi elementi nella strutturazione o in concomitanza con quelli dati provocano una nuova struttura. Il cambiamento per il cambiamento medesimo non ha senso. Il senso è dato dal progetto del gruppo che esiste poiché il gruppo ha iniziato a riunirsi per trattare determinati compiti.
Il futuro influisce sul passato e il contrario, ed è in questo che si strutturerà il senso. Il senso influisce sul passato perché il futuro è già incluso nel presente. Sul passato influisce poiché cambiamo le strutture con cui stiamo gestendo il presente. Ora, verrà prodotta un’altra situazione triangolare tra il situazionale (presente), qui, ora, questo, il futuro ed il passato.
Problema dell’apprendimento
Molte volte si pensa che bisogna dare preminenza al quantitativo, cioè, quanti più temi trattiamo più apprendiamo, e non è così.
A volte un gruppo necessita di trattare solamente un tema per poter poi comprendere gli altri. Tratta solo un tema perché quel tema è quello di cui necessitava per integrarsi. Come gruppo viene strutturato attorno ad un elemento determinato per captare meglio le informazioni.
La resistenza al cambiamento: appare il problema di cospirazione e del sabotatore. Come parte del gruppo, un sottogruppo lavorerà su tutta la negazione del compito, agendo extra o intra-gruppalmente. Di fronte a questo sottogruppo si strutturerà l’altro sottogruppo, quello del progresso, il cui leader cercherà di esplicitare i diversi temi o le distinte questioni che compongono il compito. Entrambi i sottogruppi hanno a che fare con una questione fondamentale (è fondamentale, perlomeno, all’interno del pensiero di Pichon, per noi per ora appare come ipotesi) che è il problema dell’emergente.
L’emergente è il soggetto che, per la sua storicità, di fronte a determinati temi o situazioni gruppali, esplicita quello che pensa o quello che sente, servendo ciò a visualizzare quali momenti sta attraversando il gruppo. Di questo si avvale il coordinatore del gruppo per segnalare ciò che succede e questo permetterà al gruppo di passare ad un altro momento del suo funzionamento. I due leaders costituiscono emergenti gruppali. Di fronte a un compito il gruppo fa una dissociazione con due leaders, ciascuno di essi può apparire in diversi momenti e questo è un’emergenza.
Stereotipia: qui si verifica il gioco in cui diversi integranti possono giocare su ambedue i lati in modi diversi (si verifica il cambiamento dei ruoli, ma c’è stereotipia). Perché uno solo che si stereotipa agisce sempre nello stesso modo, ossia: rimanendo sempre in silenzio, dicendo sempre le stesse cose, segnalando sempre la stessa questione, c’è qualcosa nel compito che non viene visualizzato.
Noi dobbiamo vedere che nella partecipazione di un integrante sempre allo stesso modo, c’è un aspetto del compito che viene negato, che viene coperto, perché non sappiamo che cosa potrebbe apportare lui per la visualizzazione del compito. Ora, tutto questo è una gestione che il gruppo fa per affrontare il trattamento del tema, perché se torniamo al punto da cui abbiamo iniziato, ossia alla situazione triangolare, questo ci porta a vedere un certo tipo di modelli molto organizzati, molto strutturati e in molti casi molto primitivi che tanto il gruppo come gruppo, quanto alcuni integranti del gruppo, possono negare di vedere: negare coscientemente o inconsciamente.
Coordinatore. Quello che ci si presenta, ora, riguarda la funzione del coordinatore e dell’osservatore all’interno del gruppo. La funzione del coordinatore avviene attraverso l’unione di ciò che dice o di ciò che agisce questo gruppo o questo sottogruppo; [per cui bisogna] mostrare al gruppo che impostazione sta dando al compito, perché tanto questo come quest’altro appartengono al gruppo, sono parte del gruppo. Questo potrebbe stare segnalando la positività e questo la negatività; ma, allo stesso modo, sono parte del gruppo. In altre parole, la comprensione del gruppo di fronte al compito è data dall’unione di questi due elementi del gruppo, perché interpretare che il sabotatore vuole rompere il gruppo perché vuole, ossia come una cosa individualistica, farebbe perdere di vista ciò che il gruppo ha messo in lui affinché egli assumesse quella posizione.
Il coordinatore segnala le ansietà in gioco. Segnalare le ansietà in gioco non è solamente enunciarle o dire al gruppo che è perseguitato, o che è depresso. Questo non serve a niente. Ciò che deve essere mostrato è che relazione ha l’interagire gruppale in quel momento, con il compito che si sta trattando, ciò che permette al gruppo di comprendere i suoi modelli di comportamento nell’affrontare il compito.
L’osservatore può agire in tre modi diversi: può essere osservatore che non partecipa verbalmente ma che lavora confezionando la cronaca del gruppo, materiale che dopo gli permetterà, una volta terminato il gruppo, insieme con il coordinatore, di rivedere che tipo di intergioco si è verificato.
Poi, esiste l’osservatore degli emergenti, in cui l’osservatore si occupa solamente di fissarsi sulle note predominanti che si sono prodotte nel gruppo di fronte al tema su cui [gli integranti] stanno lavorando. L’osservatore degli emergenti li leggerà nel gruppo venti minuti o mezz’ora prima della fine della riunione gruppale.
L’altro sarebbe l’osservatore partecipante, situazione nella quale l’osservatore interviene verbalmente, segnala, interpreta, cercando di complementare la linea che segue il coordinatore.
Quando ho parlato di inquadramento ho detto che erano: tempo, luogo e ruolo. Nel gruppo operativo ciò che possiamo osservare è che esistono tre ruoli costanti, che sono: quello di coordinatore, quello di osservatore e quello di integrante. Da qui deriva che, essendo tre ruoli, hanno tre piani di funzionamento. Pertanto, se un integrante compete con l’osservatore, o l’osservatore con il coordinatore, o il coordinatore con un osservatore o un integrante, ciò che è successo è che si è perso il ruolo. In altri termini, non può esistere competizione o rivalità dal momento in cui sono piani differenti di funzionamento. La competizione o la rivalità possono verificarsi tra gli integranti o, se ci sono due osservatori o tre, verificarsi tra loro. E se ci sono due coordinatori, come avviene nei gruppi molto grandi, può verificarsi tra i coordinatori, ma sugli altri piani significa perdere il ruolo ed il piano del funzionamento.
Domanda: Non capisco come funzionano due coordinatori in uno stesso gruppo.
Bauleo: Dipende dalla ideologia, se hanno una stessa tecnica di gestione non succede nulla. Interpreteranno in successione, quando vedono la situazione, l’uno o l’altro interpreteranno. Sembra che potrebbero scontrarsi quando interpreteranno. Ma ci sono necessariamente storicità differenti in gioco e ciascuna significherà diversi momenti da interpretare. L’unica problematica che qui si presenta è la tecnica comune di gestione. Se hanno una tecnica comune di gestione non accade nulla. Ossia, i problemi che abbiamo visto tra gli osservatori, o tra i coordinatori, avvengono perché si utilizzano tecniche distinte.
La perdita del piano o del ruolo, se siamo coerenti con ciò che abbiamo stabilito fino ad ora, sarebbe che una parte del gruppo, attraverso la fuga su un altro piano, evita di affrontare il compito. Questo ci porterebbe a diverse considerazioni: una di queste è, per esempio, il perché gli integranti si spostano al ruolo di osservatore, quindi, che cosa hanno messo in quel ruolo o in quel piano di funzionamento che essi sentono di non poter recuperare sul piano del funzionamento? Per esempio: se ci sono dieci integranti, un coordinatore e un osservatore, e gli integranti iniziano a competere e rivaleggiare con l’osservatore, quando essi svolgono questa funzione dell’osservatore, significa che hanno messo qualcosa nel piano di funzionamento dell’osservatore per affrontare il compito che non hanno coraggio di affrontare dal loro ruolo e dal loro piano di funzionamento come integranti che devono affrontare il compito. E questo può essere studiato in ciascuno dei passaggi agli altri piani.
Ciò che si osserva è che l’oggetto deve essere distrutto per essere ricostruito, è l’unica maniera per poter creare. La distruzione dell’oggetto non è la distruzione fisica dell’oggetto, è in realtà la distruzione dell’immagine che noi abbiamo dell’oggetto, quindi, affinché uno possa distruggere l’oggetto e tornare a costruirlo, deve accettare di perdere i vecchi modelli di funzionamento e accettare nuove modalità di comprensione di quell’oggetto e del senso di quell’oggetto. Ciò che avviene è che quando l’oggetto viene distrutto, le possibilità di ricostruirlo sono date dalla possibilità di partecipazione di tutti. Sarebbe, in altri termini, che tutti gli integranti del gruppo, in un momento dato, distruggeranno il compito per tornare ad assemblarlo successivamente. Questo dipende da ciò che abbiamo presentato da questo lato del cono, ovvero, l’appartenenza, la pertinenza e la cooperazione, che gli integranti hanno con il compito. Perché altrimenti, che cosa succede? Mancheranno frammenti di quell’oggetto per assemblarlo. Pichon, per spiegare questa cosa, mette in gioco il puzzle, che è la cosa più chiara per veder questa cosa. Ossia, il puzzle è costituito da una certa quantità di pezzi che ognuno degli integranti avrebbe e che ciascun integrante deve apportare per sapere come finisce. Se qualcuno non porta il pezzo non sapremo come finisce. Ciascuno assume un ruolo in modo predominante, ma ha gli altri ruoli latenti che può assumere in un momento determinato.
L’interpretazione: come appare? Come si effettua? In base a che cosa viene effettuata? L’interpretazione appare come possibilità di sintetizzare in un momento determinato ciò che si verifica nel gruppo. Si potrebbe dire che è il filo che viene inserito o sul quale gira il movimento gruppale. Cercheremo sempre, nell’interpretazione, di dire quello che appare come punto di urgenza. L’ideale è di poter prendere le stesse parole utilizzate dai diversi integranti del gruppo in un momento determinato. Non sempre questo si verifica, ma sarebbe l’ideale. E, d’altro lato, cercherà di segnalare precisamente l’ansietà latente che gioca in quel momento. E qua appare una cosa che è necessario rimarcare. Nel gioco ci sono sempre due ansietà: una dell’attacco e una della perdita. Dell’attacco di fronte alla situazione nuova, perché non si sa che spazio andremo ad occupare, né chi ci sarà in questi spazi. E della perdita, di fronte alla situazione vecchia che lasciamo. Se queste due ansietà sono permanentemente in gioco, quello che andiamo a interpretare riguarda la latenza, quella che non si vede, perché una è manifesta e l’altra è latente. Se il gruppo, per esempio, esplicita la paura che ha di essere attaccato da tale questione, l’interpretazione è la tristezza che ha per la perdita dei vecchi modelli. Quindi, la configurazione del punto di urgenza sarà data dall’emergente, dal gioco dialettico che si verifica tra i due sottogruppi, e dall’ansietà che soggiace in tutto questo intergioco.
Qual è la differenza tra pertinenza e appartenenza? L’appartenenza potrebbe essere definita in termini di coscienza. In altri termini, è il grado di coscienza o di chiarezza di star lavorando con gli altri su un compito comune. La pertinenza sarebbe il capire o il sentire che sto lavorando su questo. Cioè, la pertinenza riguarda i compiti su cui si sta lavorando, l’appartenenza riguarderebbe il gruppo, gli altri integranti.
Che cos’è il punto di urgenza? Il punto di urgenza è ogni configurazione, o ogni situazione nella quale sono in gioco una dialettica, gli emergenti, i ruoli, e un’ansietà latente di fronte al tema specifico. Rispetto al tema, segnalarlo è come una spilla per poter terminare il tema e passare ad un altro momento. Ossia, si potrebbe dire che è la cuspide nel trattamento del tema che permette di passare ad un altro tema. Dall’esplicito all’implicito vuole dire che la nostra gestione avrà il fine di fare una schematizzazione di come lavora il gruppo. Innanzitutto, ci si occupa del manifesto e, a poco a poco, il coordinatore e l’osservatore da un lato, e il gruppo come gruppo dall’altro lato, comprenderanno tutto quello che si sta giocando sullo sfondo. Ovvero, prima ci entriamo molto in generale, per approfondire a poco a poco e vedere più chiaramente. Di più, gli stessi integranti, dopo un certo tempo, si renderanno conto che ruolo occupa ciascuno di essi.
Tematica e dinamica
Tematica: logica di ordinamento con cui un gruppo intraprenderà il compito.
Dato un tema per il gruppo, questo tema sarà scomposto in X1, X2, X3, X4, ecc.
Xn nel senso fenomenologico di decomposizione.
Il gruppo non segue mai l’indice, seguirà l’ordine che vuole ed è la logica o l’ordinamento con cui il gruppo intraprenderà il compito.
Vediamo che il gruppo applica una certa logica in accordo all’interrelazione tra i suoi integranti, quella che non può essere violata.
Sintetizzando, il gruppo, in accordo alla sua struttura come gruppo, seguirà una certa logica interna rispetto all’ordinamento dell’apprendimento dell’informazione. Questo ordinamento è dovuto al fatto che i temi scelti sono più significativi, risvegliano reazioni di attrazione, di rifiuto (teoria del campo di Lewin), hanno una certa carica emozionale, ecc. Questi elementi giocano per questo gruppo e non per un altro.
Dinamica: la dinamica inizierà con:
- Un gioco di ruoli (leader sabotatore e del progresso)
- Attraverso la significazione che il gruppo conferisce a certe condotte
- Attraverso le cariche emozionali che si verificano in ciascun momento
Se entriamo solamente nella dinamica, il gruppo ha carattere terapeutico ma non può mai essere veramente terapeutico dal momento che gli integranti ed il coordinatore negano che sono riuniti per questo.
Gruppo operativo: è ogni gruppo che è centrato sul compito, sia questo esplicito o implicito.
Anche il gruppo terapeutico è un gruppo operativo il cui compito è il trattamento degli integranti.
Quasi sempre i gruppi che si riuniscono per trattare un compito, riassemblano o vedono la relazione tra il tema e ciò che sta accadendo; il gruppo operativo, cercando di vedere questa relazione, ha caratteristiche terapeutiche, perché se vediamo come in un momento dato nasce ogni emergente, vediamo che prevale ciò che sta succedendo nel gruppo con la sua storia personale o la biografia o la sua situazione triangolare primaria e qui è dove appare il terapeutico.
L’interpretazione è basata sul momento determinato, è una costruzione sintetica, concettuale, di ciò che sta accadendo, allora si forma un’altra situazione triangolare tra la tematica, la dinamica e l’interpretazione.
Informazione: ci sono tre tipi di situazioni di come il gruppo può riceverla:
- L’informazione viene da fuori del gruppo
- C’è un informatore all’interno del gruppo che è colui che conosce il tema che si tratta
- Quando il gruppo stesso si incarica dell’informazione
Costruzione dell’informazione: il gruppo non la ordina in accordo all’indice ma applica una certa logica in accordo all’interrelazione tra i suoi integranti. Non può essere violata la logica interna dei gruppi. In accordo alla sua struttura, ciascun gruppo seguirà una logica interna rispetto all’ordinamento dell’apprendimento dell’informazione.
Il controllo dell’informazione avviene perché, coscientemente, vogliamo che il tema venga trattato in un certo modo.
Valutazione: è misurare i risultati in accordo a certi tipi di schema che vengono utilizzati. Può essere quantitativa o qualitativa. Per esempio: lo schema di riferimento.
La valutazione può essere tabulata, sistematizzata, ecc.
Nel gruppo operativo ci sono differenti gruppi di valutazione, tra gli integranti, tra i coordinatori, tra il coordinatore e l’osservatore.
A sua volta, questo deve essere valutato e viene misurato da ciò che si chiama la situazione degli emergenti e degli esistenti.
Affinché si produca l’interpretazione devono esistere determinate cose: si parlava di un tal tema (esistente), poi partendo da questo qualcuno parlerà e si avrà l’emergente.
Nella valutazione si produrrà un’altra situazione triangolare dal momento che ciò che è stato pensato e quello che esce (nasce) dalla valutazione arricchisce il compito del gruppo.
Questo permetterà il cambiamento del gruppo come gruppo o del compito come compito, che diventa più piccolo, o più grande, o acquisisce un certo significato.
Cambiamento
Nuovi elementi nella strutturazione o in concomitanza con quelli dati provocano una nuova struttura. Il cambiamento per il cambiamento medesimo non ha senso. Il senso è dato dal progetto del gruppo che esiste poiché il gruppo ha iniziato a riunirsi per trattare determinati compiti.
Il futuro influisce sul passato e il contrario, ed è in questo che si strutturerà il senso. Il senso influisce sul passato perché il futuro è già incluso nel presente. Sul passato influisce poiché cambiamo le strutture con cui stiamo gestendo il presente. Ora, verrà prodotta un’altra situazione triangolare tra il situazionale (presente), qui, ora, questo, il futuro ed il passato.
Problema dell’apprendimento
Molte volte si pensa che bisogna dare preminenza al quantitativo, cioè, quanti più temi trattiamo più apprendiamo, e non è così.
A volte un gruppo necessita di trattare solamente un tema per poter poi comprendere gli altri. Tratta solo un tema perché quel tema è quello di cui necessitava per integrarsi. Come gruppo viene strutturato attorno ad un elemento determinato per captare meglio le informazioni.
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