TRADOTTI
GRUPPO OPERATIVO E CONO INVERTITO
Lezione dettata dal Dr. Enrique Pichon-Rivière, il 15/05/1969
PRIMA SCUOLA PRIVATA DI PSICOLOGIA SOCIALE - Primo anno - Lezione n. 4
(Lo scritto originale da cui è stata ripresa questa lezione non ha un titolo specifico, per cui ho riassunto arbitrariamente nel titolo i concetti dei quali parla. La traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini)
Studieremo questo strumento che si chiama gruppo operativo e che è stato da noi creato nel 1945.
I gruppi sono classificati per i loro obiettivi, per il loro numero e, alcuni, per il loro compito. La psicoanalisi in gruppo è l’analisi verticale del soggetto come un’analisi confessionale. La psicoanalisi del gruppo è l’analisi del gruppo nella sua totalità senza fare intervenire fattori verticali bensì orizzontali, come se tutti parlassero attraverso il gruppo.
Seguendo il funzionamento gruppale, analizzando quando avviene la modifica, potremmo scoprire che in un momento dato, la verticalità del gruppo è espressa da un portavoce – qualsiasi persona del gruppo che essendo vicina al problema per una speciale sensibilità, lo enuncia - che in quel momento è rappresentante della capacità totale, globale del gruppo. Vale a dire che la verticalità e l’orizzontalità si uniscono in un momento dato e in quella incastonatura avviene il funzionamento. Da qui, la denominazione di gruppo operativo, che è ciò che ha la funzione di operare in un campo qualsiasi per risolvere gli specifici problemi del cambiamento. Pertanto è sia terapeutico, sia un gruppo di apprendimento, sia una modifica nell’organizzazione di un gruppo della comunità. Il vecchio problema del fatto se il gruppo operativo fosse terapeutico o no possiamo risolverlo con l’incastonatura dell’orizzontalità e della verticalità. C’è sempre qualcuno che denuncia la difficoltà nell’apprendimento, nell’appartenenza, nella pertinenza, ecc., attraverso una situazione di leadership, in quel momento è l’incaricato di esplicitare ciò che in tutti è implicito. La differenza esistente tra un gruppo operativo e i gruppi di discussione, o le analisi in gruppo e le analisi di gruppo, è il fatto che noi lavoriamo con le due dimensioni, verticalità e orizzontalità. Si verifica così la possibilità di risolvere insieme un problema che si presenta, che sia nella cura di un gruppo terapeutico o in qualsiasi altro.
Poiché, secondo la nostra teoria, le malattie mentali sono legate ad un’unica situazione depressiva, dalla quale derivano le altre, che sono le strutture conosciute: è ciò che chiamiamo malattia unica, ma l’operazione si svolge nello stesso senso. Voglio dire che, nella misura in cui risolviamo un problema di apprendimento, di comunicazione, che per la nostra teoria costituiscono i vettori speciali dell’ammalarsi, per il fatto che le prime comunicazioni ed i primi apprendimenti falliscono in queste situazioni, il bambino rimane fissato, utilizzando la terminologia di Freud, in una fase determinata del suo sviluppo, ma ciò che è fondamentalmente fallita è la sua possibilità di comunicare per apprendere.
Le perturbazioni della comunicazione e dell’apprendimento sono i due fattori fondamentali che predispongono ad una malattia nevrotica o psicotica dell’essere adulto, quando in una realtà successiva questi stessi meccanismi si acuiscono.
Vuol dire che tutti ci ammaliamo per una perturbazione della comunicazione e dell’apprendimento della realtà. Non secondo la teoria dell’apprendimento della psicologia sperimentale, ma della psicologia sociale, dove il soggetto apprende a conoscere gli altri ed il suo mondo circostante come una realtà concreta, e se la apprende male, dopo delira perché quell’apprendimento ha fallito, e torna a fallire nelle circostanze reali e sociali, come nella nostra cultura attuale, dove la repressione, l’incertezza, dove funzionano le situazioni sbagliate.
Torna allora ad essere ripetuta la situazione infantile e c’è una regressione a quella fase dello sviluppo già fallita. La regressione non in termini di libido, come dice Freud, anche se le situazioni di sviluppo della libido possono costituire canali o reti di comunicazione con gli altri non solo nel processo di apprendimento. Le malattie mentali sono, in realtà, sociali, ed hanno il loro punto centrale nel gruppo primario familiare, dove sono ripartiti i ruoli secondo le funzioni necessarie e dove c’è uno che enuncia la malattia e che è qualificato come nevrotico, psicotico, psicopatico, ecc.
Ci appelliamo al concetto di malattia unica che è una malattia di tipo depressivo; tutte le malattie mentali iniziano con una depressione. Quando uno raccoglie l’anamnesi di un paziente la prima cosa che inizia a dire è che è diventato triste. Ed è diventato triste perché ha subito una privazione o una perdita o nel caso familiare, totale, o in una relazione interpersonale, o conflitti intragruppali che debilitano il gruppo e non danno supporto agli altri. Tutto inizia quindi per una depressione originata da una privazione o con una perdita. Questo sarebbe la cosa basilare, ma ogni malattia ha alcune caratteristiche date da ciò che chiamiamo meccanismi dell’Io, o meccanismi di difesa, come dice Freud. Non utilizziamo il termine di Freud perché meccanismi di difesa dà l’idea di una patologia primaria, mentre le tecniche dell’Io o di adattamento alla realtà è un processo molto più dinamico e che può essere pianificato in termini di una strategia, di una tattica, di una tecnica e di una logistica, ecco perché stiamo lavorando su una psicoterapia sempre più pianificata. Non su una psicoterapia laisse faire senza poter calcolare né tempo e né circostanze, ma il nostro compito attuale è poter costruire una psicoterapia adeguata alla situazione e, soprattutto, con un particolare tipo di interpretazione usata all’interno di una tecnica particolare e in un momento particolare, dove è incluso il transfert e il controtransfert, ma non in termini di relazioni oggettuali. Perché il termine di Freud, relazioni oggettuali, può essere criticato nel senso che è la relazione di uno verso l’altro, ma non dell’altro verso l’uno, cioè, non c’è andata e ritorno in forma di spirale dialettica di comunicazione.
Il messaggio può essere inviato dal paziente, l’interpretazione può essere inviata dal terapeuta ma non c’è un legame tra le due cose, senza cercare criteri di verità ma di operatività. Se a ragione di un’interpretazione notiamo un cambiamento, l’apparizione di un nuovo emergente nel paziente, allora diciamo che l’interpretazione ha funzionato, ha agito ed ha modificato lo stereotipo basilare che configura la malattia, la stagnazione dello sviluppo.
Tutto questo è incluso nel nostro schema del cono invertito che serve per comprendere i compiti da realizzare e come realizzarli, e poter insegnare una psicoterapia in modo più rapido e pianificato. La cura e la malattia sono due compiti contrapposti. Ma sono due lavori: il compito del paziente è espresso da una resistenza che è la resistenza al cambiamento della sua struttura, e il compito del terapeuta è cercare di rompere quella struttura fissa e mettere a confronto il paziente con nuovi cambiamenti che, se anche all’inizio lo angosciano, costituiscono l’unica possibilità di un adattamento attivo alla realtà.
Il criterio di cura per noi consiste nella maggior diminuzione possibile delle ansie basilari, che sono la paura della perdita e dell’attacco. Queste due ansie o paure, corrispondenti a fasi dello sviluppo del bambino, sono cooperanti e coesistenti, ossia non operano separatamente.
Un esempio banale all’interno di una psicoterapia pianificata: viene un paziente con tutto l’aspetto del paziente depressivo, la maschera depressiva, e si dovrebbe vedere che dietro la sua depressione ha una profonda sfiducia che è l’ansia dell’attacco, e cambia immediatamente il quadro, inizia il racconto delle sue ansie persecutorie e la depressione scompare, nella misura in cui gli oggetti persecutori sono localizzabili, vale a dire che la maschera del paziente nell’avvicinarlo la prima volta può essere il contrario di quella reale.
La prima interpretazione che corrisponde deve segnalare che ciò che mostra non è realmente il suo stato, ma che dietro di esso c’è una profonda sfiducia verso tutti i fattori del suo ambiente e questo è ciò che opera.
Ora abbiamo visto che la cosa importante dello strumento è l’interpretazione all’interno del gruppo. Si tratta di gruppi interdisciplinari perché la società è interdisciplinare, il che significa che il modello che abbiamo dentro di noi come una società interiorizzata è necessariamente interdisciplinare ed eterogeneo. I problemi affrontati, retti da principi di azione reciproca o altri principi della dialettica, sono interscienze. Abbiamo visto che un problema non può essere affrontato all’interno delle scienze dell’uomo solamente con un approccio economico, o politico, o psicologico puro, ma che è tutto un arsenale di strumenti che operano sull’interscienza in modo interdisciplinare.
La critica che ci hanno fatto era che i gruppi fossero interdisciplinari, perché c’era un medico, una psicologa, ma quando nel gruppo c’era una casalinga, questo era il discredito del gruppo. Tuttavia la casalinga di classe proletaria, secondo un lavoro che abbiamo fatto, è il membro informatore che segnala la linea di voto in qualsiasi situazione nel nostro paese, perché è la persona più informata: va al mercato, sta in fila, ha una sensazione di inquietudine molto grande quando sta per arrivare suo marito che può darle buone o cattive notizie, se ha un figlio in coscrizione riceve informazioni da lui… e, in vari lavori sulla previsione elettorale, abbiamo preso come modello questo personaggio.
La cosa importante in un gruppo operativo è scoprire i momenti del gruppo, il che significa che ogni gruppo passa per una serie di momenti: prima c’è l’apertura, l’entrata e le prime reazioni che sono registrate dagli osservatori. La missione dell’osservatore è specificare, in base ad un modulo di registrazione, i primi problemi che presentano o che ci poniamo tutti quando andiamo per la prima volta in qualsiasi posto, nascono ansie di un tipo determinato che per la loro predominanza qualificano un gruppo con un approccio di ansietà persecutoria o con un approccio di ansietà depressiva.
Il primo emergente si chiama emergente di apertura. Poi arriva un lungo processo che viene chiamato pre-compito, che è l’uso di ogni tipo di tecniche per distrarre il gruppo o impedirgli di entrare nel compito, perché il compito è doloroso in quanto è l’elaborazione della posizione depressiva, che tutti abbiamo come prodotto dello sviluppo infantile e che è l’unica posizione dolorosa del processo mentale. Per questo si dice che non c’è psicoterapia senza dolore, perché bisogna passarci attraverso per rettificare le situazioni infantili di fronte all’apprendimento, alla comunicazione, all’appartenenza, ecc., da raggiungere sulla base dell’eterogeneità, perché a tutti noi è successo qualcosa, ma in modo diverso, tuttavia ci sono universali in tutti. Quindi, l’eterogeneità nel gruppo è fondamentale, perché a maggior eterogeneità nei membri e a maggior omogeneità nel compito che verrà affrontato, maggiore sarà la produttività. Giacché ciascuno mette il suo in una certa direzione e risolve problemi che sarebbero molto difficili da risolvere come individui isolati per la mancanza di strumenti, a volte i più banali della vita quotidiana, per farlo. La funzione del gruppo, allora, ha come condizione la somma delle eterogeneità, lavorando in una direzione determinata.
Lì sorge una resistenza, come temere di dire cose stupide e di essere censurati dagli altri, ma la prima regola del gioco è cercare di dire qualsiasi cosa venga in mente perché, a volte, da quelle famose cose stupide nascono le soluzioni. Sono gruppi democratici dove la regola fondamentale è dire ciò che viene in mente, centrati sul compito, soprattutto, e il compito è la lezione che si ascolta, la si revisiona e quando la si ricostruisce lo si fa con una qualità diversa. Cioè, con una operatività diversa dovuta alla somma degli atteggiamenti di tutti voi. È lì che si vede la trasformazione della quantità in qualità.
Nel caso che sia un gruppo di nevrotici o di psicotici, l’operazione è la stessa. La nevrosi o la psicosi per la rigidità del loro stereotipo e la fissazione sullo stesso tema, tendono a impedire la rottura dello stereotipo e l’apparizione di sintomi di cambiamento che sono vissuti come molto pericolosi. Distruggere questi meccanismi di resistenza al cambiamento è il compito di un gruppo di malati che è chiamato gruppo terapeutico. Ricordate bene che non c’è alcuna differenza tecnica; l’unica cosa che cambia è il campo del compito: in uno è l’apprendimento della psicologia sociale; nell’altro la cura di un gruppo di psicotici; un altro è la formazione di un gruppo di persone per un certo compito, ecc.
Il cono invertito su cui basiamo l’operazione, ha una serie di vettori che sono valutati nei gruppi per vedere la quantità di compito che il gruppo realizza. Non come individuo bensì come gruppo, come insieme. La valutazione individuale ha poco valore, perché se la valutazione di una persona è cattiva, è probabile che la possiamo spiegare attraverso un’altra persona del gruppo che sabota il compito, vale a dire che misuriamo sempre l’insieme del gruppo.
PRIMA SCUOLA PRIVATA DI PSICOLOGIA SOCIALE - Primo anno - Lezione n. 4
(Lo scritto originale da cui è stata ripresa questa lezione non ha un titolo specifico, per cui ho riassunto arbitrariamente nel titolo i concetti dei quali parla. La traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini)
Studieremo questo strumento che si chiama gruppo operativo e che è stato da noi creato nel 1945.
I gruppi sono classificati per i loro obiettivi, per il loro numero e, alcuni, per il loro compito. La psicoanalisi in gruppo è l’analisi verticale del soggetto come un’analisi confessionale. La psicoanalisi del gruppo è l’analisi del gruppo nella sua totalità senza fare intervenire fattori verticali bensì orizzontali, come se tutti parlassero attraverso il gruppo.
Seguendo il funzionamento gruppale, analizzando quando avviene la modifica, potremmo scoprire che in un momento dato, la verticalità del gruppo è espressa da un portavoce – qualsiasi persona del gruppo che essendo vicina al problema per una speciale sensibilità, lo enuncia - che in quel momento è rappresentante della capacità totale, globale del gruppo. Vale a dire che la verticalità e l’orizzontalità si uniscono in un momento dato e in quella incastonatura avviene il funzionamento. Da qui, la denominazione di gruppo operativo, che è ciò che ha la funzione di operare in un campo qualsiasi per risolvere gli specifici problemi del cambiamento. Pertanto è sia terapeutico, sia un gruppo di apprendimento, sia una modifica nell’organizzazione di un gruppo della comunità. Il vecchio problema del fatto se il gruppo operativo fosse terapeutico o no possiamo risolverlo con l’incastonatura dell’orizzontalità e della verticalità. C’è sempre qualcuno che denuncia la difficoltà nell’apprendimento, nell’appartenenza, nella pertinenza, ecc., attraverso una situazione di leadership, in quel momento è l’incaricato di esplicitare ciò che in tutti è implicito. La differenza esistente tra un gruppo operativo e i gruppi di discussione, o le analisi in gruppo e le analisi di gruppo, è il fatto che noi lavoriamo con le due dimensioni, verticalità e orizzontalità. Si verifica così la possibilità di risolvere insieme un problema che si presenta, che sia nella cura di un gruppo terapeutico o in qualsiasi altro.
Poiché, secondo la nostra teoria, le malattie mentali sono legate ad un’unica situazione depressiva, dalla quale derivano le altre, che sono le strutture conosciute: è ciò che chiamiamo malattia unica, ma l’operazione si svolge nello stesso senso. Voglio dire che, nella misura in cui risolviamo un problema di apprendimento, di comunicazione, che per la nostra teoria costituiscono i vettori speciali dell’ammalarsi, per il fatto che le prime comunicazioni ed i primi apprendimenti falliscono in queste situazioni, il bambino rimane fissato, utilizzando la terminologia di Freud, in una fase determinata del suo sviluppo, ma ciò che è fondamentalmente fallita è la sua possibilità di comunicare per apprendere.
Le perturbazioni della comunicazione e dell’apprendimento sono i due fattori fondamentali che predispongono ad una malattia nevrotica o psicotica dell’essere adulto, quando in una realtà successiva questi stessi meccanismi si acuiscono.
Vuol dire che tutti ci ammaliamo per una perturbazione della comunicazione e dell’apprendimento della realtà. Non secondo la teoria dell’apprendimento della psicologia sperimentale, ma della psicologia sociale, dove il soggetto apprende a conoscere gli altri ed il suo mondo circostante come una realtà concreta, e se la apprende male, dopo delira perché quell’apprendimento ha fallito, e torna a fallire nelle circostanze reali e sociali, come nella nostra cultura attuale, dove la repressione, l’incertezza, dove funzionano le situazioni sbagliate.
Torna allora ad essere ripetuta la situazione infantile e c’è una regressione a quella fase dello sviluppo già fallita. La regressione non in termini di libido, come dice Freud, anche se le situazioni di sviluppo della libido possono costituire canali o reti di comunicazione con gli altri non solo nel processo di apprendimento. Le malattie mentali sono, in realtà, sociali, ed hanno il loro punto centrale nel gruppo primario familiare, dove sono ripartiti i ruoli secondo le funzioni necessarie e dove c’è uno che enuncia la malattia e che è qualificato come nevrotico, psicotico, psicopatico, ecc.
Ci appelliamo al concetto di malattia unica che è una malattia di tipo depressivo; tutte le malattie mentali iniziano con una depressione. Quando uno raccoglie l’anamnesi di un paziente la prima cosa che inizia a dire è che è diventato triste. Ed è diventato triste perché ha subito una privazione o una perdita o nel caso familiare, totale, o in una relazione interpersonale, o conflitti intragruppali che debilitano il gruppo e non danno supporto agli altri. Tutto inizia quindi per una depressione originata da una privazione o con una perdita. Questo sarebbe la cosa basilare, ma ogni malattia ha alcune caratteristiche date da ciò che chiamiamo meccanismi dell’Io, o meccanismi di difesa, come dice Freud. Non utilizziamo il termine di Freud perché meccanismi di difesa dà l’idea di una patologia primaria, mentre le tecniche dell’Io o di adattamento alla realtà è un processo molto più dinamico e che può essere pianificato in termini di una strategia, di una tattica, di una tecnica e di una logistica, ecco perché stiamo lavorando su una psicoterapia sempre più pianificata. Non su una psicoterapia laisse faire senza poter calcolare né tempo e né circostanze, ma il nostro compito attuale è poter costruire una psicoterapia adeguata alla situazione e, soprattutto, con un particolare tipo di interpretazione usata all’interno di una tecnica particolare e in un momento particolare, dove è incluso il transfert e il controtransfert, ma non in termini di relazioni oggettuali. Perché il termine di Freud, relazioni oggettuali, può essere criticato nel senso che è la relazione di uno verso l’altro, ma non dell’altro verso l’uno, cioè, non c’è andata e ritorno in forma di spirale dialettica di comunicazione.
Il messaggio può essere inviato dal paziente, l’interpretazione può essere inviata dal terapeuta ma non c’è un legame tra le due cose, senza cercare criteri di verità ma di operatività. Se a ragione di un’interpretazione notiamo un cambiamento, l’apparizione di un nuovo emergente nel paziente, allora diciamo che l’interpretazione ha funzionato, ha agito ed ha modificato lo stereotipo basilare che configura la malattia, la stagnazione dello sviluppo.
Tutto questo è incluso nel nostro schema del cono invertito che serve per comprendere i compiti da realizzare e come realizzarli, e poter insegnare una psicoterapia in modo più rapido e pianificato. La cura e la malattia sono due compiti contrapposti. Ma sono due lavori: il compito del paziente è espresso da una resistenza che è la resistenza al cambiamento della sua struttura, e il compito del terapeuta è cercare di rompere quella struttura fissa e mettere a confronto il paziente con nuovi cambiamenti che, se anche all’inizio lo angosciano, costituiscono l’unica possibilità di un adattamento attivo alla realtà.
Il criterio di cura per noi consiste nella maggior diminuzione possibile delle ansie basilari, che sono la paura della perdita e dell’attacco. Queste due ansie o paure, corrispondenti a fasi dello sviluppo del bambino, sono cooperanti e coesistenti, ossia non operano separatamente.
Un esempio banale all’interno di una psicoterapia pianificata: viene un paziente con tutto l’aspetto del paziente depressivo, la maschera depressiva, e si dovrebbe vedere che dietro la sua depressione ha una profonda sfiducia che è l’ansia dell’attacco, e cambia immediatamente il quadro, inizia il racconto delle sue ansie persecutorie e la depressione scompare, nella misura in cui gli oggetti persecutori sono localizzabili, vale a dire che la maschera del paziente nell’avvicinarlo la prima volta può essere il contrario di quella reale.
La prima interpretazione che corrisponde deve segnalare che ciò che mostra non è realmente il suo stato, ma che dietro di esso c’è una profonda sfiducia verso tutti i fattori del suo ambiente e questo è ciò che opera.
Ora abbiamo visto che la cosa importante dello strumento è l’interpretazione all’interno del gruppo. Si tratta di gruppi interdisciplinari perché la società è interdisciplinare, il che significa che il modello che abbiamo dentro di noi come una società interiorizzata è necessariamente interdisciplinare ed eterogeneo. I problemi affrontati, retti da principi di azione reciproca o altri principi della dialettica, sono interscienze. Abbiamo visto che un problema non può essere affrontato all’interno delle scienze dell’uomo solamente con un approccio economico, o politico, o psicologico puro, ma che è tutto un arsenale di strumenti che operano sull’interscienza in modo interdisciplinare.
La critica che ci hanno fatto era che i gruppi fossero interdisciplinari, perché c’era un medico, una psicologa, ma quando nel gruppo c’era una casalinga, questo era il discredito del gruppo. Tuttavia la casalinga di classe proletaria, secondo un lavoro che abbiamo fatto, è il membro informatore che segnala la linea di voto in qualsiasi situazione nel nostro paese, perché è la persona più informata: va al mercato, sta in fila, ha una sensazione di inquietudine molto grande quando sta per arrivare suo marito che può darle buone o cattive notizie, se ha un figlio in coscrizione riceve informazioni da lui… e, in vari lavori sulla previsione elettorale, abbiamo preso come modello questo personaggio.
La cosa importante in un gruppo operativo è scoprire i momenti del gruppo, il che significa che ogni gruppo passa per una serie di momenti: prima c’è l’apertura, l’entrata e le prime reazioni che sono registrate dagli osservatori. La missione dell’osservatore è specificare, in base ad un modulo di registrazione, i primi problemi che presentano o che ci poniamo tutti quando andiamo per la prima volta in qualsiasi posto, nascono ansie di un tipo determinato che per la loro predominanza qualificano un gruppo con un approccio di ansietà persecutoria o con un approccio di ansietà depressiva.
Il primo emergente si chiama emergente di apertura. Poi arriva un lungo processo che viene chiamato pre-compito, che è l’uso di ogni tipo di tecniche per distrarre il gruppo o impedirgli di entrare nel compito, perché il compito è doloroso in quanto è l’elaborazione della posizione depressiva, che tutti abbiamo come prodotto dello sviluppo infantile e che è l’unica posizione dolorosa del processo mentale. Per questo si dice che non c’è psicoterapia senza dolore, perché bisogna passarci attraverso per rettificare le situazioni infantili di fronte all’apprendimento, alla comunicazione, all’appartenenza, ecc., da raggiungere sulla base dell’eterogeneità, perché a tutti noi è successo qualcosa, ma in modo diverso, tuttavia ci sono universali in tutti. Quindi, l’eterogeneità nel gruppo è fondamentale, perché a maggior eterogeneità nei membri e a maggior omogeneità nel compito che verrà affrontato, maggiore sarà la produttività. Giacché ciascuno mette il suo in una certa direzione e risolve problemi che sarebbero molto difficili da risolvere come individui isolati per la mancanza di strumenti, a volte i più banali della vita quotidiana, per farlo. La funzione del gruppo, allora, ha come condizione la somma delle eterogeneità, lavorando in una direzione determinata.
Lì sorge una resistenza, come temere di dire cose stupide e di essere censurati dagli altri, ma la prima regola del gioco è cercare di dire qualsiasi cosa venga in mente perché, a volte, da quelle famose cose stupide nascono le soluzioni. Sono gruppi democratici dove la regola fondamentale è dire ciò che viene in mente, centrati sul compito, soprattutto, e il compito è la lezione che si ascolta, la si revisiona e quando la si ricostruisce lo si fa con una qualità diversa. Cioè, con una operatività diversa dovuta alla somma degli atteggiamenti di tutti voi. È lì che si vede la trasformazione della quantità in qualità.
Nel caso che sia un gruppo di nevrotici o di psicotici, l’operazione è la stessa. La nevrosi o la psicosi per la rigidità del loro stereotipo e la fissazione sullo stesso tema, tendono a impedire la rottura dello stereotipo e l’apparizione di sintomi di cambiamento che sono vissuti come molto pericolosi. Distruggere questi meccanismi di resistenza al cambiamento è il compito di un gruppo di malati che è chiamato gruppo terapeutico. Ricordate bene che non c’è alcuna differenza tecnica; l’unica cosa che cambia è il campo del compito: in uno è l’apprendimento della psicologia sociale; nell’altro la cura di un gruppo di psicotici; un altro è la formazione di un gruppo di persone per un certo compito, ecc.
Il cono invertito su cui basiamo l’operazione, ha una serie di vettori che sono valutati nei gruppi per vedere la quantità di compito che il gruppo realizza. Non come individuo bensì come gruppo, come insieme. La valutazione individuale ha poco valore, perché se la valutazione di una persona è cattiva, è probabile che la possiamo spiegare attraverso un’altra persona del gruppo che sabota il compito, vale a dire che misuriamo sempre l’insieme del gruppo.
L’affiliazione è un avvicinamento, ancora non fisso, con il compito, per esempio, quelli che sono interessati ai gruppi operativi o che hanno letto, c’è già un’affiliazione ad un lavoro gruppale.
Passano immediatamente all’appartenenza quando entrano nel gruppo. In termini calcistici, i primi sarebbero i tifosi ed i secondi i giocatori. L’appartenenza al gruppo cresce nella misura in cui i membri si conoscono. Questo sarebbe il primo vettore.
Il secondo vettore è la cooperazione, che è la possibilità di rendere cosciente la strategia generale del gruppo. Nell’esempio del calcio, questa cooperazione è data dalla correttezza e dall’esattezza dei passaggi e dalle giocate in generale.
Il terzo vettore si chiama pertinenza: essere pertinente è essere affiliato a qualche compito, ossia essere cosciente del fatto che la pertinenza è il gol, per esempio, e tutto ciò che succede fuori di quella pertinenza è sabotaggio del gioco; per esempio, il gol contro è l’apice della mancanza di pertinenza.
Il quarto vettore è l’apprendimento, dove, avendo una buona appartenenza e una buona cooperazione l’apprendimento è facilitato, in qualsiasi compito. L’apprendimento include vari aspetti che sono: l’apprendimento della strategia; della tattica, che è portare il modello della strategia alla pratica; poi, c’è la tecnica che è l’arte o l’artigianato, potremmo dire; e l‘altro fattore è la logistica. È la capacità di valutare il risultato dell’operazione secondo le strategie dell’avversario. Con una buona logistica è possibile ottenere una buona operazione a qualsiasi livello.
Il quinto fattore è la comunicazione: il quarto e il quinto vettore condizionano tutte le alterazioni della condotta, tanto a livello gruppale, sociale, ecc. Nella teoria della comunicazione c’è il modello del telefono: c’è un trasmettitore che parla per telefono; c’è un canale che è il filo del telefono; e c’è un ricevitore che è l’altro, che ascolta per telefono. Qui, ci sono una serie di segni che comportano la possibilità di decodificare il messaggio. Il modello è l’alfabeto Morse, dove il ricevitore decodifica un telegramma secondo quel codice, l’alfabeto Morse, e lo ricodifica in linguaggio.
La teoria della comunicazione include altri fattori. Quando in una conversazione telefonica si sente un rumore strano, sembra che ci sia un altro che sta intervenendo perché quello che si chiama rumore funziona come il terzo in una situazione di coppia. Quindi, questa persona codifica il linguaggio in modo tale che possa essere riconosciuto dal ricevitore ma non dal terzo; sono linguaggi privati, sono parole che vogliono dire un’altra cosa.
Nella comunicazione c’è un linguaggio verbale ma c’è anche un linguaggio preverbale o gestuale; gesti che sono compresi ma che non sono detti verbalmente. La comunicazione preverbale è ampiamente utilizzata nel bambino, prima del linguaggio verbale, e le madri, attraverso l’identificazione con i desideri dei bambini e il vincolo che hanno con loro, possono decodificarla.
L’ultima forma di comunicazione che ricorre molto nel teatro moderno è la metacomunicazione, vale a dire che non si tratta di scoprire il messaggio o ciò che trasmette ma il come. L’esempio è il teatro dell’assurdo che porta lo spettatore ad una confusione che non può decodificare, allo stesso tempo, il linguaggio verbale con la metacomunicazione.
L’ultimo vettore è quello chiamato telé: è una parola greca che ha utilizzato Moreno, psicologo rumeno che ha lavorato negli Stati Uniti. Telé è l’atteggiamento o la tendenza a stabilire relazioni con gli uni e non con gli altri; sarebbe la simpatia o l’antipatia, in termini comuni, che si verificano nei gruppi. Ma l’importante è considerare che la telé positiva e la telé negativa non hanno a che vedere con la persona presente ma sono re-incontri con persone in qualche modo somiglianti che provocano il rifiuto o l’avvicinamento.
Il fattore telé nel gruppo crea ciò che si chiama il clima del gruppo. Se c’è una maggioranza di telé positiva, c’è un clima buono nel gruppo per lavorare; se c’è molto rifiuto, questo ostacola il compito. Quando non c’è telé positiva si formano gruppi di pressione che giocano uno contro l’altro all’interno dell’équipe, a causa dei ricordi di queste persone con la loro storia personale. La teoria del re-incontro è fondamentale nel lavoro del gruppo, perché si lavora più con le persone dell’incontro [del primo incontro, ossia con il transfert, ndt] che con le persone reali.
Nei gruppi ci sono sempre due gruppi che nel compito entrano in competizione, ma solamente attraverso il compito, attraverso la prassi, questo può essere corretto; solamente una prassi in forma di spirale può correggere i malintesi.
Passano immediatamente all’appartenenza quando entrano nel gruppo. In termini calcistici, i primi sarebbero i tifosi ed i secondi i giocatori. L’appartenenza al gruppo cresce nella misura in cui i membri si conoscono. Questo sarebbe il primo vettore.
Il secondo vettore è la cooperazione, che è la possibilità di rendere cosciente la strategia generale del gruppo. Nell’esempio del calcio, questa cooperazione è data dalla correttezza e dall’esattezza dei passaggi e dalle giocate in generale.
Il terzo vettore si chiama pertinenza: essere pertinente è essere affiliato a qualche compito, ossia essere cosciente del fatto che la pertinenza è il gol, per esempio, e tutto ciò che succede fuori di quella pertinenza è sabotaggio del gioco; per esempio, il gol contro è l’apice della mancanza di pertinenza.
Il quarto vettore è l’apprendimento, dove, avendo una buona appartenenza e una buona cooperazione l’apprendimento è facilitato, in qualsiasi compito. L’apprendimento include vari aspetti che sono: l’apprendimento della strategia; della tattica, che è portare il modello della strategia alla pratica; poi, c’è la tecnica che è l’arte o l’artigianato, potremmo dire; e l‘altro fattore è la logistica. È la capacità di valutare il risultato dell’operazione secondo le strategie dell’avversario. Con una buona logistica è possibile ottenere una buona operazione a qualsiasi livello.
Il quinto fattore è la comunicazione: il quarto e il quinto vettore condizionano tutte le alterazioni della condotta, tanto a livello gruppale, sociale, ecc. Nella teoria della comunicazione c’è il modello del telefono: c’è un trasmettitore che parla per telefono; c’è un canale che è il filo del telefono; e c’è un ricevitore che è l’altro, che ascolta per telefono. Qui, ci sono una serie di segni che comportano la possibilità di decodificare il messaggio. Il modello è l’alfabeto Morse, dove il ricevitore decodifica un telegramma secondo quel codice, l’alfabeto Morse, e lo ricodifica in linguaggio.
La teoria della comunicazione include altri fattori. Quando in una conversazione telefonica si sente un rumore strano, sembra che ci sia un altro che sta intervenendo perché quello che si chiama rumore funziona come il terzo in una situazione di coppia. Quindi, questa persona codifica il linguaggio in modo tale che possa essere riconosciuto dal ricevitore ma non dal terzo; sono linguaggi privati, sono parole che vogliono dire un’altra cosa.
Nella comunicazione c’è un linguaggio verbale ma c’è anche un linguaggio preverbale o gestuale; gesti che sono compresi ma che non sono detti verbalmente. La comunicazione preverbale è ampiamente utilizzata nel bambino, prima del linguaggio verbale, e le madri, attraverso l’identificazione con i desideri dei bambini e il vincolo che hanno con loro, possono decodificarla.
L’ultima forma di comunicazione che ricorre molto nel teatro moderno è la metacomunicazione, vale a dire che non si tratta di scoprire il messaggio o ciò che trasmette ma il come. L’esempio è il teatro dell’assurdo che porta lo spettatore ad una confusione che non può decodificare, allo stesso tempo, il linguaggio verbale con la metacomunicazione.
L’ultimo vettore è quello chiamato telé: è una parola greca che ha utilizzato Moreno, psicologo rumeno che ha lavorato negli Stati Uniti. Telé è l’atteggiamento o la tendenza a stabilire relazioni con gli uni e non con gli altri; sarebbe la simpatia o l’antipatia, in termini comuni, che si verificano nei gruppi. Ma l’importante è considerare che la telé positiva e la telé negativa non hanno a che vedere con la persona presente ma sono re-incontri con persone in qualche modo somiglianti che provocano il rifiuto o l’avvicinamento.
Il fattore telé nel gruppo crea ciò che si chiama il clima del gruppo. Se c’è una maggioranza di telé positiva, c’è un clima buono nel gruppo per lavorare; se c’è molto rifiuto, questo ostacola il compito. Quando non c’è telé positiva si formano gruppi di pressione che giocano uno contro l’altro all’interno dell’équipe, a causa dei ricordi di queste persone con la loro storia personale. La teoria del re-incontro è fondamentale nel lavoro del gruppo, perché si lavora più con le persone dell’incontro [del primo incontro, ossia con il transfert, ndt] che con le persone reali.
Nei gruppi ci sono sempre due gruppi che nel compito entrano in competizione, ma solamente attraverso il compito, attraverso la prassi, questo può essere corretto; solamente una prassi in forma di spirale può correggere i malintesi.
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