TRADOTTI
IL CONCETTO DI PSICOSI(1)
di Josè Bleger
Il termine di psicosi, sia come sostantivo sia come aggettivo, viene impiegato con differenti accezioni in psicoanalisi, ciò per cui conviene cercare di fissare o chiarire il senso che gli si conferisce in ciascun caso. A questo riguardo mi riferirò, qui, ai seguenti punti: 1) disgregazione psicotica; 2) restituzione psicotica; 3) parte psicotica della personalità; 4) personalità psicotica.
Nello sviluppo che segue cerco anche di utilizzare in forma precisa termini come “dissociazione”, “disintegrazione”, “disgregazione”, “clivaggio”, “frammentazione”, eccettera, che frequentemente vengono presentati come intercambiabili. Lascio da parte problemi come la schizofrenia processuale, i focolai, gli episodi, la bouffée delirante, eccetera.
1. Disgregazione psicotica (D.P.)
Viene così denominata la disorganizzazione, la frammentazione e la dispersione della personalità (dell’Io, degli oggetti, dello schema corporeo, del senso della realtà); la sua descrizione clinica tradizionale corrisponde al periodo iniziale della schizofrenia, in cui si produce un crollo regressivo dell’Io (esperienza della fine del mondo).
Qui esistono differenze tra coloro che pongono maggiore o esclusiva enfasi sulla regressione e quelli che la pongono sulla frammentazione dell’Io (o della personalità). Secondo la mia opinione, si produce simultaneamente una frammentazione ed una regressione dell’Io, ma ciò richiede ancora maggior esplicitazione. In forma schematica possiamo differenziare, in questo senso, cinque teorie della disgregazione psicotica:
a) Teoria della regressione: è quella sostenuta tradizionalmente in psicoanalisi a partire dagli studi di Freud e Abraham; si postula una regressione alla fase orale primaria caratterizzata come preambivalente, narcisistica e anogettuale.
Annotiamo una differenza: Abraham caratterizza la regressione, non con il narcisismo, ma con l’autoerotismo.
A rigore, nessuna concezione psicoanalitica della schizofrenia lascia da parte la regressione e si può dire, pertanto, che questa si trova inclusa come un meccanismo importante in tutti gli apporti psicoanalitici al problema della schizofrenia, ma le conseguenze di questa regressione sono postulate in modi differenti e, inoltre, collegate o no ad altri processi, che generalmente sovrapponiamo come sinonimi. Esiste anche una differenza concettuale tra la regressione ad una fase dello sviluppo libidinale e la regressione ad una posizione (M. Klein).
b) Teoria della disintegrazione: sebbene si basi anche sulla regressione, è caratterizzata da una conseguenza molto specifica di questa regressione, che a sua volta è legata ad un’ipotesi psicogenetica particolare: si postula che la regressione avvenga ad uno stadio in cui esistono diversi nuclei dell’Io che all’inizio funzionano autonomamente, fino a quando nel corso dell’evoluzione e gradualmente passano ad una sintesi e ad un’organizzazione più integrata. La teoria della schizofrenia basata su questa concezione della genesi dell’Io postula una regressione a quel periodo della vita nel quale l’Io non ha realizzato la sua sintesi e funzionano autonomamente i diversi nuclei primitivi; in questo senso, la schizofrenia costituisce una regressione ma allo stesso tempo una disintegrazione, nel senso di perdita dell’integrazione o sintesi dell’Io.
Glover (1956) sostiene che nello stadio che descriviamo come identificazione primaria ci sono numerosi Io primitivi e che il così chiamato Io primitivo è originiariamente una costruzione polimorfa. Correla la sua “teoria nucleare della formazione dell’Io” con la “dissociazione” che non sovrappone (quest’ultima) con lo splitting. La schizofrenia, per questo autore (1949), è una regressione ad un livello intermedio tra lo stadio in cui il nucleo del Super-Io non ha preso ancora il controllo effettivo della regolazione istintiva.
Se osserviamo più attentamente questo postulato, possiamo trovare la sua radice in Bleuler e in tutti quegli autori per cui il processo basilare che viene compiuto nella schizofrenia è una perdita delle associazioni (atassia intrapsichica di Stranski), intendendo che sono le associazioni quelle che rendono possibile l’unità o la sintesi dell’Io.
c) Teoria della dissociazione (splitting): può essere collegata in modo equivoco a ciò che è sostenuto da Bleuler, ma qui non è riferita ad una perdita di integrazione o sintesi dell’Io attraverso una regressione ai suoi nuclei primitivi isolati e non integrati, ma si tratta di una dissociazione nel senso kleiniano, ossia una separazione di frammenti dell’Io associata ad una separazione di oggetti cattivi, oggetti buoni, potenzialità distruttive e riparative dell’Io; in altri termini, si tratta di una regressione più specifica: una regressione alla posizione schizoparanoide con la sua dissociazione specifica (divalenza).
d) Teoria della frammentazione (splitting patologico): qui si sostiene che sebbene ci sia una regressione, questa non si produca nella posizione schizoparanoide ma in una posizione schizoparanoide patologica, in cui lo splitting avviene in modo anomalo, nel senso che non si dissocia l’oggetto buono dal cattivo (con i nuclei rispettivi dell’Io), ma la frammentazione è, per dire così, “capricciosa”. M. Klein, Bion e Rosenfeld danno importanza, in questo processo, alla confusione.
Come variante o complemento di questa teoria, aggiungiamo il fatto che questi prodotti frammentati non sono sempre dispersi, ma tendono ad agglomerarsi costituendo così la base per restituzioni psicotiche particolari (oggetti bizzarri, Bion, 1957).
Una conseguenza di quest’ultima concezione è che nella schizofrenia non troviamo oggetti parziali della posizione schizoparanoide, come avviene nella dissociazione (splitting), che serve da base a tutte le nevrosi, ma oggetti molto più complicati che corrispondono ad uno splitting patologico o frammentazione, con “condensazione” posteriore; a volte si arriva a frammentazioni multiple, minute e complesse.
Sebbene per Bleuler la perturbazione delle associazioni conserva il carattere di sintomo fondamentale, concede molta impotranza alla dissociazione. Ma nella schizofrenia riconosce da un lato lo splitting o dissociazione (Spaltung) e dall’altro una disgregazione o frammentazione irregolare (Zerpaltung). Secondo Laing, Janet ha distinto la dissociazione o divisione in divisioni molari e divisioni molecolari.
“La personalità isterica divisa è un caso di divisione molare. La schizofrenia consiste in una divisione molecolare”.
e) Teoria dell’indifferenziazione: ammette, come tutte le altre, la regressione, ma rimette ad una concezione specifica della psicogenesi: al presupposto di un’organizzazione con mancanza di discriminazione (o indifferenziazione primitiva) nella quale si produce la regressione. Searles è il più determinato nel sostenere questa posizione in tutta la sua ampiezza e con le sue derivazioni teoriche e tecniche.
La disgregazione psicotica può sopraggiungere partendo da:
a) Una personalità nevrotica o normale, o parte nevrotica della personalità;
b) Una restituzione psicotica;
c) La struttura sincretica della personalità (o parte psicotica della personalità);
d) Una combinazione delle tre precedenti.
È utile segnalare che non ogni disgregazione psicotica conduce necessariamente ad una restituzione, ma –al contrario – in alcuni casi può essere una condizione necessaria per una maturazione o miglior integrazione della personalità, sia all’interno di un corso spontaneo o sia all’interno di un trattamento psicoanalitico (French e Kassanin; Bleger J., e Bleger L.). In questo ordine di cose, potrebbe essere utile tentare un’approssimazione tra la disgregazione psicotica e le crisi vitali (Lindemann, Captan). Questa approssimazione che segnalo ha una conseguenza non solo teorica ma allo stesso tempo terapeutica e preventiva, giacché la prognosi di una psicosi non è una “qualità” di una “essenza” ma il risultato dell’interazione “paziente-terapeuta-terapeutica”; il corso di molte psicosi è frequentemente un effetto iatrogeno.
In sintesi, lo studio della disgregazione psicotica ci mette di fronte alla necessità di differenziare tra splitting (dissociazione), frammentazione o splitting patologico e disintegrazione. Lo specifico della disgregazione psicotica schizofrenica è, a mio giudizio, una regressione con frammentazione (splitting patologico). La regressione avviene in una posizione schizoparanoide patologica. Ma qui concordo con Searles, nel senso che non si tratta di confusione ma di fusione o di non discriminazione (non differenziazione), ciò che ho chiamato sincretismo (Bleger, 1967). La posizione schizoparanoide risulta patologica nel non aver avuto una discriminazione normale partendo dalla posizione glischro-carica. L’anormalità si traduce in una frammentazione con un sincretismo “trattenuto” all’interno di ciascun frammento, e nessuna vera dissociazione. Molto di ciò che Rosenfeld (specialmente) descrive come confusione nel lattante non è tale, ma fusione o mancanza di discriminazione (cita anche Winnicott che sostiene uno stato di non differenziazione e non integrazione all’inizio della vita). La schizofrenia trasforma le relazioni oggettuali – attraverso la regressione – in identificazioni primarie (di per sé, di natura sincretica), che diventano molto più complesse e intricate per lo splitting patologico e per i fenomeni concomitanti di restituzione patologica. La sola regressione all’indifferenziazione o al sincretismo non produce schizofrenia ma differenti stati narcisistici, come possono essere l’autismo di Kanner o la simbiosi, che non sono schizofrenie. Non tutte le psicosi richiedono la frammentazione.
A sua volta, il sincretismo delimita meglio clinicamente il narcisismo; quest’ultimo si trova, nella sua stessa definizione, strettamente legato ad una concezione metapsicologica, più che a referenti fattuali.
2. Restituzione psicotica (R.P.)
Designa il recupero, la ricostruzione o l’organizzazione che si stabilisce a partire dalla disgregazione psicotica. Arlow e Benner segnalano che Freud usò il concetto di restituzione come un concetto metapsicologico per riferirsi al ripristino della carica libidica alla rappresentazione mentale degli oggetti la cui carica è stata precedentemente rimossa, per cui il termine restituzione non si riferisce ad un fenomeno clinico come tale. Sebbene questa sia stata l’accezione in cui la ha utilizzata Freud, non è il criterio che seguo in questo articolo ma mi riferisco specificamente al senso clinico della parola, così come la utilizza Fenichel. Ogni volta che appare la restituzione psicotica c’è stata immancabilmente una disgregazione psicotica precedente, che ha potuto essere stata unica o reiterata, manifesta o inavvertita.
All’interno delle restituzioni psicotiche includiamo alcuni quadri psicopatologici classici, come la schizofrenia paranoide, la paranoia, la parafrenia, eccetera. Anche la personalità psicotica descritta da Bion così come ciò che ha denominato oggetto bizzarro sono restituzioni psicotiche. Per ragioni che si vedranno più avanti è necessario includere all’interno delle restituzioni psicotiche la psicosi melanconica, e la mania all’interno delle disgregazioni. In questi ultimi casi, conviene caratterizzarle meglio aggiungendo gli aggettivi (melanconico e maniacale) ai termini “disgregazione psicotica” e “restituzione psicotica”, se non si procede così significa che si tratta di schizofrenia.
È sufficientemente noto che disgregazione e restituzione non si escludono e possono coesistere; a sua volta, la restituzione può non prendere la personalità intera ma parte di essa, così come avviene nella parafrenia. Utilizzo i termini schizofrenia, parafrenia e paranoia per riferirmi alle descrizioni psichiatriche più diffuse. Questa osservazione riporta alla necessità di non equipararle con l’uso che di questi termini fece Freud, che pose riserve al termine schizofrenia introdotto da Bleuler (Freud S., 1911) e suggerì che “parafrenia” dovrebbe rimpiazzare quelli di “demenza precoce” e “schizofrenia”. In un altro momento (1914) include nelle parafrenie la paranoia e la schizofrenia, che chiama parafrenia propriamente detta (vedere nota del curatore, Standard Edition, vol. XII, pag. 76).
La teoria psicoanalitica ha postulato per la psicosi un ritiro dalla realtà mediante il ritiro di carica dalla stessa e ha considerato le restituzioni psicotiche come una ricostruzione o ristabilimento (patologico) della libido oggettuale. Non concordo con queste formulazioni in termini della teoria libidica, ma mi baso sulla teoria delle relazioni oggettuali e sull’approccio strutturale. Nè ammetto per le psicosi una perdita del senso della realtà ma un altro senso della realtà.
Il legame con la realtà non si perde in nessun caso, nemmeno nelle psicosi, sia nella disgregazione che nella restituzione. Questi punti vengono qui solo segnalati e richiedono di essere ripresi specificamente come temi di un’altra esposizione. La “ricostruzione” delle restituzioni psicotiche deve essere compresa come tentativo di recupero, di guarigione (o di riparazione, nel senso kleiniano). A riguardo, questo paragrafo suggestivo di Freud (1914): “La megalomania permette, nelle parafrenie, un’analoga elaborazione interna della libido ritirata all’Io, e forse è solo quando la megalomania fallisce che diventa patogeno il ristagno della libido nell’Io e provoca il processo di guarigione, che così spesso ci viene imposto come malattia” (il grassetto è mio)[2]. Lo stesso afferma Freud nel 1911 e nel 1923. Il termine “restituzione” non sarebbe esclusivo della schizofrenia: Bibring lo utilizza trattando il tema della depressione e in modo tale che, all’interno dello stesso termine, ingloba tanto le modificazioni che significano guarigione quanto quelle che sono effetti patologici. Credo che per il secondo si debba parlare di restituzione patologica o restituzione psicotica; così non ci sarebbe alcun inconveniente nel denominare restituzione la ricostruzione, la riparazione o la guarigione.
Glover (1949) nella schizofrenia distingue anche le manifestazioni dovute ad una regressione dalla realtà da quelle dovute “ad un nuovo progresso o ritorno verso il mondo degli oggetti (realtà)” ma si oppone al fatto che questi ultimi vengano chiamati prodotti o risultati della restituzione. Gli sembra “un termine sfortunato che si confonde con i meccanismi di restituzione che vengono osservati negli stati di colpa ossessiva”. Sebbene in molti casi si possa parlare di restituzione, la restituzione psicotica qualifica solamente le riorganizzazioni di carattere psicotico che seguono la disgregazione psicotica (manifesta o no). Se non è indicato nient’altro, “restituzione psicotica” è riferito sempre alla schizofrenia. Freud (1914) segnala che i fenomeni di restituzione “legano nuovamente la libido agli oggetti, alla maniera di un’isteria (demenza precoce, parafrenia propriamente detta), o di una nevrosi ossessiva (paranoia)”[3]. In sintesi, il termine restituzione iniziò con il designare un ricontatto psicotico con la realtà partendo da un ritiro psicotico dalla stessa, così come il ritorno della libido agli oggetti del mondo esterno da cui si era ritirata (narcisismo), e si è assegnato al secondo il carattere di meccanismo esplicativo del primo (del fenomeno clinico).
Come fenomeno clinico, considero la restituzione – in generale – come l’insieme di manifestazioni o fenomeni riparativi e/o curativi che tendono a trovare una soluzione o risolvere una frammentazione (splitting patologico), impedendole di persistere come tale. Si intende che “restituzione” costituisce sempre un fenomeno patologico ed è sempre una riparazione di carattere psicotico. In ogni caso, la restituzione costituisce, tuttavia, la “migliore” organizzazione o riorganizzazione dell’Io e della realtà che una determinata persona può raggiungere in un momento dato, come modo per difendersi o “risolvere” una condizione (frammentazione) che risulta più allarmante e catastrofica per lo stesso soggetto.
In questo modo, disintegrazione e restituzione non possono essere caratterizzate dal tipo e dalla distribuzione della libido (oggettuale o narcisistica) né dal ritiro o dal contatto con la realtà, ma dal tipo di organizzazione o struttura dell’Io e della realtà. Così, nella disgregazione schizofrenica l’Io e la realtà frammentati, attraverso la restituzione psicotica, tornano a recuperare una certa coerenza, “raccogliendo”, agglomerando o condensando tutto ciò che non può (data la sua struttura) essere integrato in altro modo: il paziente ricostruisce (o ristruttura patologicamente) una particolare coerenza e unità del suo Io e del suo mondo.
3. Parte psicotica della personalità
È quello strato od organizzazione della personalità che è rimasta (fissata) o è regredita ad un’organizzazione sincretica. Per comprenderla meglio è necessario che mi riferisca molto succintamente alle caratteristiche e alle vicissitudini di quest’ultima, giacché i problemi che pone la parte psicotica della personalità si trovano strettamente correlati con il sincretismo; detto in altro modo: la natura della parte psicotica della personalità è sincretica, vale a dire, indifferenziata.
Il punto di partenza dello sviluppo individuale è un’organizzazione sincretica che può essere definita come quello stato o struttura in cui non esiste discriminazione fra soggetto e oggetto, fra Io e non-Io, fra le diverse zone corporee, eccetera; brevemente, il sincretismo si caratterizza, quindi, per la mancanza di discriminazione, e anche se per ora possiamo definire meglio il sincretismo per ciò che non è (carenza di discriminazione), in ogni modo il sincretismo è una struttura che progressivamente dobbiamo definire e comprendere in se stessa e non per quello che manca, problema che mi occupa attualmente e che spero di chiarire.
Questo stadio sincretico, in condizioni normali, dà luogo, in parte, allo stabilirsi della posizione schizoparanoide, che significa un certo grado di discriminazione; ma una parte del sincretismo continua a sussistere in ogni individuo.
Ora riconosco l’indifferenziazione primitiva con il nome di “struttura sinciziale” e lascio quello di sincretismo per l’indifferenziazione o la non discriminazione di quella parte della personalità formata attraverso identificazioni primarie che non si sono evolute verso la discriminazione e l’identità. Un’altra alternativa che non considererò qui si riferisce a quei casi in cui il sincretismo predomina nello sviluppo della personalità, in modo tale che è relativamente poco ciò che passa alla posizione schizoparanoide e successivamente alla posizione depressiva, cosicché l’organizzazione della personalità nella sua totalità o nella sua predominanza è sincretica; in questo tipo di personalità (in cui ho incluso a sua volta diverse varianti: personalità ambigua, sincretica, fattica, personalità psicopatica, borderline, “personalità as if”) – ora includo anche qui l’Io dell’omosessuale descritto da Bychowsky – si presenta il caso specifico nel quale non possiamo parlare di una personalità psicotica bensì di un Io psicotico, ed è ovvio che con quest’ultima terminologia mi riferisco all’Io dal punto di vista strutturale.
Tutte queste strutture in cui non ci troviamo di fronte ad una psicosi clinica ma di fronte ad un Io psicotico o sincretico devono essere incluse non nel capitolo delle psicosi, ma nel capitolo di “depersonalizzazione”, termine proposto da E. Pichon-Rivière (citato da S. Resnik), per un “disturbo che interessa il processo evolutivo della personalità, che influenza il mondo interno, così come il corpo attraverso cui si esprime, ed il mondo esterno in cui entrambi sono proiettati”. Tutto questo capitolo corrisponde a quello della psicologia o “destino delle identificazioni”.
Un’altra delle alternative che può subire il sincretismo nel corso normale dello sviluppo è che questo strato o parte sincretica della personalità venga mantenuta, in condizioni normali, clivata dalla parte più integrata della personalità, in modo tale da non costituire in se stesso un fenomeno patologico sebbene possa darvi luogo.
Ho segnalato ripetutamente, in pubblicazioni precedenti, la differenza tra dissociazione o splitting e clivaggio; il primo separa due oggetti parziali nella posizione schizoparanoide mentre il secondo designa la separazione tra la parte nevrotica e quella psicotica della personalità.
Una volta consolidata la parte più integrata della personalità, periodicamente e attraverso diverse crisi, l’Io più integrato può incorporare parte del sincretismo clivato, mediante l’installazione di parte dello stesso dalla posizione schizoparanoide; con lo sviluppo continua a costituire o ingrandire la parte più integrata della personalità. Nel corso di queste crisi (per rottura del clivaggio) incontriamo manifestazioni confusionali, ipocondriache, melanconiche, maniacali, epilettiche, eccetera, che costituiscono alternative dello sviluppo normale ma che possono anche essere la base, attraverso la loro persistenza o stereotipia, per configurare fenomeni patologici. Normalmente questa rottura del clivaggio avviene, per esempio, nella crisi adolescenziale. Questo sviluppo dal sincretismo alla posizione schizoparanoide e successivamente alla posizione depressiva è stato studiata nell’articolo “Simbiosi, psicopatia e mania”.
Quando il passaggio dall’organizzazione sincretica alla posizione schizoparanoide non viene raggiunto con successo, il sincretismo con alcuni fenomeni già appartenenti alla posizione schizoparanoide formano un conglomerato che ho denominato nucleo agglutinato e che è fortemente clivato dall’Io.
In questo modo, esclusi la depersonalizzazione ed il sincretismo normale (che è il punto di partenza della struttura della personalità più primitiva), includo nella denominazione di parte psicotica della personalità la parte o strato sincretico, che viene mantenuto clivato dalla parte più integrata della personalità, e anche il nucleo agglutinato. A rigore, ci sono alcune differenze fra questi ultimi due, poiché nel secondo il sincretismo, o parte di esso, viene conglomerato nel nucleo incapsulato e include non solamente il sincretismo ma alcuni fenomeni di dissociazione fallita o incompleta che appartengono alla posizione schizoparanoide; in tale maniera, il nucleo agglutinato, sebbene sia incluso all’interno della parte psicotica della personalità, costituisce anche, in una certa misura, un fenomeno di restituzione psicotica.
È importante sottolineare che lo strato o parte sincretica della personalità così come il nucleo agglutinato (entrambi inclusi all’interno della denominazione di parte psicotica della personalità) sono fenomeni sincretici; ma non ogni sincretismo è una psicosi clinica, sebbene ogni psicosi sia un sincretismo.
La struttura sincretica si presenta anche nelle disgregazioni e nelle restituzioni schizofreniche e questo facilita la comprensione della simultanea o alternativa coesistenza della schizofrenia con l’ipocondria, con l’epilessia, con le somatizzazioni, con le azioni psicopatiche e perverse, così come con i quadri misti con tinte melanconiche o maniacali.
Dalle vicissitudini del nucleo agglutinato nelle sue relazioni con l’Io dipende, come ho descritto ampiamente in un altro luogo, la presentazione dei fenomeni patologici che acquisiscono unità attraverso la comprensione della dinamica di questo nucleo agglutinato: epilessia ed epilettoidie, azioni psicopatiche, perversioni, melanconia, ipocondria, mania, somatizzazioni e confusioni. In modo succinto, si può aggiungere che il nucleo agglutinato può essere clivato e depositato su un depositario fisso, caso in cui si costituisce la simbiosi. La mobilizzazione e la reintroiezione brusca del nucleo agglutinato, invadendo l’Io, può produrre le confusioni; l’Io riproietta il nucleo agglutinato nelle epilessie e negli equivalenti epilettici; viene reinstallato il clivaggio con un deposito del nucleo agglutinato nel corpo, nelle somatizzazioni, e nello schema corporeo, nell’ipocondria; su uno o su vari depositari mutevoli, nell’azione psicopatica o nella perversione. Il clivaggio non risulta totalmente reinstallato nei casi dell’ipocondria, ciò per cui l’Io ricorre al rinforzo di un altro controllo (autoosservazione). Credo sia di grande valore l’apporto di M. Baranger e collaboratori sul problema dell’ipocondria.
Da tutto questo si deduce che la disgregazione psicotica, come ho segnalato all’inizio di questo articolo, non solo può provenire dalla disgregazione di una personalità normale o nevrotica o della parte normale o nevrotica della personalità o da una restituzione psicotica, ma può anche provenire da una disgregazione dello strato o della parte sincretica della personalità o del nucleo agglutinato. La disgregazione di quest’ultimo può essere il punto di partenza della restituzione nelle psicosi epilettiche, che per questo si differenziano dalle restituzioni schizofreniche che partono da una disgregazione dell’Io.
Sebbene la disorganizzazione del nucleo agglutinato porti ad una disgregazione psicotica, può anche essere prodotto un tipo di disgregazione particolare che è la mania. Katan considera esattamente l’opposto: che la mania è un tentativo di restituzione che cerca di “restaurare relazioni normali” e, per quest’ultimo motivo, è “completamente differente dal tentativo schizofrenico di restituzione. Questi ultimi tentativi portano alla formazione dei deliri, delle allucinazioni, eccetera, che sono un modo irreale di risolvere il confitto”. Glover (1956) sostiene anche che la mania è paragonabile al fenomeno della restituzione dello schizofrenico. In questo modo, includo la mania come un tipo specifico di disgregazione psicotica che si differenzia dalla disgregazione schizofrenica perché la prima include schizzi della posizione schizoparanoide del nucleo agglutinato (che sono quelli che possono permettere un passaggio alla posizione schizoparanoide; passaggio che non sempre si compie) e perché l’Io non subisce la disgregazione, così come avviene nella schizofrenia. Qui, come si vede, differenzio la disgregazione del nucleo agglutinato dalla disgregazione dell’Io. La disgregazione della mania è caratterizzata da una molteplice frammentazione e dispersione su diversi depositari con un controllo frenetico, fobico e controfobico, che si alterna da un depositario all’altro. È ovvio dire che mi riferisco alla mania clinica e non al meccanismo maniacale. L’apporto clinico di M. Kizer mi sembra uno dei più importanti della letteratura psicoanalitica sul tema della mania.
Come si è visto, ho incluso la melanconia fra le restituzioni psicotiche e questo richiede evidentemente una chiarificazione, così come la ha richiesta l’inclusione della mania come disgregazione psicotica.
Le restituzioni psicotiche che vengono incluse tradizionalmente sotto questa denominazione corrispondono a restituzioni che partono da una disgregazione psicotica dell’Io e sono sempre correlate con la disgregazione schizofrenica; come si è visto, postulo quest’ultima non solo per le restituzioni schizofreniche ma anche per la parafrenia e la paranoia.
Nella melanconia avviene una restituzione molto particolare, poiché il suo punto di partenza è differente da quello della disgregazione dell’Io (schizofrenia); non si struttura partendo da essa, ma partendo dalla parte psicotica della personalità o dal nucleo agglutinato, attraverso un fenomeno specifico che ho chiamato polarizzazione (Bleger J., 1967) e che consiste nel fatto che all’interno del nucleo agglutinato si produce una separazione tra l’Io non differenziato dall’oggetto o dagli oggetti, ed il Super Io, neppure differenziato dagli oggetti, per cui ambedue (Io e Super Io) si trovano in un sincretismo, ma clivati l’un l’altro; questo processo si estende all’Io e al Super Io più integrati. Un altro tipo di polarizzazione si ritrova nell’idealizzazione. In altri casi, tutto il nucleo agglutinato costituisce una minaccia superegoica per l’Io.
S. Radó sostenne nel 1927 che “lo sviluppo melanconico rappresenta un tentativo di riparazione (curva) condotto con fermezza e grandi conseguenze psicologiche. Vuole rinnovare l’autostima dell’Io annichilita per la perdita dell’amore, per installare nuovamente la sua relazione d’amore distrutta, per proteggere l’Io impedendogli la ripetizione di così orribili danni e, con tale scopo, per separare dal mondo le cause del male, l’ambivalenza dell’Io e quella dell’oggetto”.
Un’altra possibilità si verifica nei casi in cui la melanconia è strutturata come restituzione partendo dalla disgregazione maniacale o viceversa. Quindi ora dobbiamo separare la depressione (che corrisponde alla posizione depressiva) dalla melanconia e dalla mania che appartengono alla posizione glischro-carica. Ma melanconia e mania, come restituzione e disgregazione, non hanno, tra loro, la necessaria relazione che esiste tra la disgregazione e la restituzione schizofreniche.
L’inclusione della parte psicotica della personalità (nucleo agglutinato, posizione glischro-carica) contribuisce a collocare in modo unitario le relazioni reciproche dei fenomeni patologici che finora risultano teoricamente dispersi (per esempio, ipocondria e schizofrenia, o schizofrenia, epilessia e mania) permettendo la comprensione dei passaggi e dei cambiamenti che ci offre la clinica.
4. Personalità psicotica
Bion la caratterizza come formata da “minuscole scissioni di tutta quella parte della personalità che si riferisce alla consapevolezza della realtà esterna ed interna e all’espulsione di questi frammenti in modo tale che questi entrino dentro o inglobino i suoi oggetti”.
Il titolo del lavoro di Bion si riferisce alla differenziazione delle personalità psicotiche da quelle non psicotiche, mentre nelle conclusioni dello stesso lavoro parla, da una parte, delle nevrosi gravi in cui postula l’esistenza di una personalità psicotica nascosta dalla nevrosi, mentre, dall’altra, si riferisce alla personalità nevrotica nascosta dalla psicosi nello psicotico. D’altra parte, M. Katan ha studiato anche un tema similare nel suo articolo “The importance of the Non-Psychotic Part of the Personality in Schizophrenia”[4], ma ciò che chiama parte non-psicotica della personalità (la chiama anche pre-psicotica o para-psicotica) sembra essere il periodo di disgregazione della schizofrenia. (La traduzione apparsa nella Revista Uruguaya de Psicoanálisis soffre di difetti ed omissioni molto serie che la rendono impossibile da utilizzare: 1957, II, 1-2.)
Dal lavoro di Bion deduco che la personalità psicotica che egli descrive si sovrappone alle restituzioni psicotiche schizofreniche partendo dallo splitting patologico o frammentazione; nell’articolo citato chiarisce che si occupa di pazienti schizofrenici gravi.
L’oggetto bizzarro che descrive Bion è un nucleo di questa restituzione. Tutte le restituzioni psicotiche presentano una struttura sincretica nel senso che non c’è discriminazione nella loro struttura.
La differenza che stabilisco all’interno della personalità psicotica (che, come si vede, costituisce una restituzione psicotica di tutta o della maggior parte della personalità), tra ciò che chiamo parte psicotica ed il capitolo della depersonalizzazione, è dovuta al fatto che la clinica, la teoria e la terapia esigono questa distinzione. Voglio particolarmente sottolineare che il concetto di “parte psicotica della personalità” non si sovrappone – tutto al contrario – con il concetto di personalità psicotica introdotto da Bion, sebbene ambedue presentino una struttura sincretica.
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Riassunto
Con l’intenzione di chiarire alcune accezioni del concetto di psicosi, ho dovuto stabilire differenze tra termini come disintegrazione, dissociazione (splitting), frammentazione (splitting patologico) e clivaggio.
Viene esposta la non sovrapposizione tra “parte psicotica della personalità” e “personalità psicotica”; viene presentata una visione d’insieme della prima e si ottiene una concezione unitaria di fenomeni molto diversi attraverso, in particolare, l’inclusione dei concetti di sincretismo, di posizione glischro-carica e di nucleo agglutinato.
Un altro risultato di questa prospettiva è che il sincretismo definisce meglio, dal punto di vista clinico, l’insieme di ciò che finora è stato incluso nel narcisismo, senza la necessità di ricorrere alla teoria metapsicologica dalla quale risulta molto difficile attualmente separare il narcisismo; viene ignorato il solipsisimo della teoria del narcisismo.
Note
[1] Letto all’Associazione Psicoanalitica Argentina, il 15 settembre 1970.
[2] NdT. Ho tradotto questo passo in italiano direttamente dal testo in castigliano, che dunque era una traduzione dallo scritto originale in tedesco. Quella che segue è invece la traduzione che dal tedesco è stata fatta direttamente in italiano, e che si trova in Sigmund Freud - Opere 1905/1921, Newton Compton, 1992: “Nei parafrenici, la megalomania si concede una siffatta elaborazione interna della libido che è ripiegata sull’Io; e forse, è solo quando fallisce la megalomania, che la stasi della libido nell’Io diventa patogena ed inizia il processo di guarigione, spesso interpretato come malattia” (pag. 804).
[3] NdT. Come nella nota precedente, riporto qui anche la traduzione che dal tedesco è stata fatta direttamente in italiano e che riprendo da Sigmund Freud - Opere 1905/1921, Newton Compton, 1992: “la libido si riappoggia agli oggetti, seguendo il modello di una isteria (nella dementia praecox o nella parafrenia propriamente detta) o di una nevrosi ossessiva (nella paranoia)” (pag. 805).
[4] “L’Importanza della Parte Non-Psicotica della Personalità nella Schizofrenia”
Il termine di psicosi, sia come sostantivo sia come aggettivo, viene impiegato con differenti accezioni in psicoanalisi, ciò per cui conviene cercare di fissare o chiarire il senso che gli si conferisce in ciascun caso. A questo riguardo mi riferirò, qui, ai seguenti punti: 1) disgregazione psicotica; 2) restituzione psicotica; 3) parte psicotica della personalità; 4) personalità psicotica.
Nello sviluppo che segue cerco anche di utilizzare in forma precisa termini come “dissociazione”, “disintegrazione”, “disgregazione”, “clivaggio”, “frammentazione”, eccettera, che frequentemente vengono presentati come intercambiabili. Lascio da parte problemi come la schizofrenia processuale, i focolai, gli episodi, la bouffée delirante, eccetera.
1. Disgregazione psicotica (D.P.)
Viene così denominata la disorganizzazione, la frammentazione e la dispersione della personalità (dell’Io, degli oggetti, dello schema corporeo, del senso della realtà); la sua descrizione clinica tradizionale corrisponde al periodo iniziale della schizofrenia, in cui si produce un crollo regressivo dell’Io (esperienza della fine del mondo).
Qui esistono differenze tra coloro che pongono maggiore o esclusiva enfasi sulla regressione e quelli che la pongono sulla frammentazione dell’Io (o della personalità). Secondo la mia opinione, si produce simultaneamente una frammentazione ed una regressione dell’Io, ma ciò richiede ancora maggior esplicitazione. In forma schematica possiamo differenziare, in questo senso, cinque teorie della disgregazione psicotica:
a) Teoria della regressione: è quella sostenuta tradizionalmente in psicoanalisi a partire dagli studi di Freud e Abraham; si postula una regressione alla fase orale primaria caratterizzata come preambivalente, narcisistica e anogettuale.
Annotiamo una differenza: Abraham caratterizza la regressione, non con il narcisismo, ma con l’autoerotismo.
A rigore, nessuna concezione psicoanalitica della schizofrenia lascia da parte la regressione e si può dire, pertanto, che questa si trova inclusa come un meccanismo importante in tutti gli apporti psicoanalitici al problema della schizofrenia, ma le conseguenze di questa regressione sono postulate in modi differenti e, inoltre, collegate o no ad altri processi, che generalmente sovrapponiamo come sinonimi. Esiste anche una differenza concettuale tra la regressione ad una fase dello sviluppo libidinale e la regressione ad una posizione (M. Klein).
b) Teoria della disintegrazione: sebbene si basi anche sulla regressione, è caratterizzata da una conseguenza molto specifica di questa regressione, che a sua volta è legata ad un’ipotesi psicogenetica particolare: si postula che la regressione avvenga ad uno stadio in cui esistono diversi nuclei dell’Io che all’inizio funzionano autonomamente, fino a quando nel corso dell’evoluzione e gradualmente passano ad una sintesi e ad un’organizzazione più integrata. La teoria della schizofrenia basata su questa concezione della genesi dell’Io postula una regressione a quel periodo della vita nel quale l’Io non ha realizzato la sua sintesi e funzionano autonomamente i diversi nuclei primitivi; in questo senso, la schizofrenia costituisce una regressione ma allo stesso tempo una disintegrazione, nel senso di perdita dell’integrazione o sintesi dell’Io.
Glover (1956) sostiene che nello stadio che descriviamo come identificazione primaria ci sono numerosi Io primitivi e che il così chiamato Io primitivo è originiariamente una costruzione polimorfa. Correla la sua “teoria nucleare della formazione dell’Io” con la “dissociazione” che non sovrappone (quest’ultima) con lo splitting. La schizofrenia, per questo autore (1949), è una regressione ad un livello intermedio tra lo stadio in cui il nucleo del Super-Io non ha preso ancora il controllo effettivo della regolazione istintiva.
Se osserviamo più attentamente questo postulato, possiamo trovare la sua radice in Bleuler e in tutti quegli autori per cui il processo basilare che viene compiuto nella schizofrenia è una perdita delle associazioni (atassia intrapsichica di Stranski), intendendo che sono le associazioni quelle che rendono possibile l’unità o la sintesi dell’Io.
c) Teoria della dissociazione (splitting): può essere collegata in modo equivoco a ciò che è sostenuto da Bleuler, ma qui non è riferita ad una perdita di integrazione o sintesi dell’Io attraverso una regressione ai suoi nuclei primitivi isolati e non integrati, ma si tratta di una dissociazione nel senso kleiniano, ossia una separazione di frammenti dell’Io associata ad una separazione di oggetti cattivi, oggetti buoni, potenzialità distruttive e riparative dell’Io; in altri termini, si tratta di una regressione più specifica: una regressione alla posizione schizoparanoide con la sua dissociazione specifica (divalenza).
d) Teoria della frammentazione (splitting patologico): qui si sostiene che sebbene ci sia una regressione, questa non si produca nella posizione schizoparanoide ma in una posizione schizoparanoide patologica, in cui lo splitting avviene in modo anomalo, nel senso che non si dissocia l’oggetto buono dal cattivo (con i nuclei rispettivi dell’Io), ma la frammentazione è, per dire così, “capricciosa”. M. Klein, Bion e Rosenfeld danno importanza, in questo processo, alla confusione.
Come variante o complemento di questa teoria, aggiungiamo il fatto che questi prodotti frammentati non sono sempre dispersi, ma tendono ad agglomerarsi costituendo così la base per restituzioni psicotiche particolari (oggetti bizzarri, Bion, 1957).
Una conseguenza di quest’ultima concezione è che nella schizofrenia non troviamo oggetti parziali della posizione schizoparanoide, come avviene nella dissociazione (splitting), che serve da base a tutte le nevrosi, ma oggetti molto più complicati che corrispondono ad uno splitting patologico o frammentazione, con “condensazione” posteriore; a volte si arriva a frammentazioni multiple, minute e complesse.
Sebbene per Bleuler la perturbazione delle associazioni conserva il carattere di sintomo fondamentale, concede molta impotranza alla dissociazione. Ma nella schizofrenia riconosce da un lato lo splitting o dissociazione (Spaltung) e dall’altro una disgregazione o frammentazione irregolare (Zerpaltung). Secondo Laing, Janet ha distinto la dissociazione o divisione in divisioni molari e divisioni molecolari.
“La personalità isterica divisa è un caso di divisione molare. La schizofrenia consiste in una divisione molecolare”.
e) Teoria dell’indifferenziazione: ammette, come tutte le altre, la regressione, ma rimette ad una concezione specifica della psicogenesi: al presupposto di un’organizzazione con mancanza di discriminazione (o indifferenziazione primitiva) nella quale si produce la regressione. Searles è il più determinato nel sostenere questa posizione in tutta la sua ampiezza e con le sue derivazioni teoriche e tecniche.
La disgregazione psicotica può sopraggiungere partendo da:
a) Una personalità nevrotica o normale, o parte nevrotica della personalità;
b) Una restituzione psicotica;
c) La struttura sincretica della personalità (o parte psicotica della personalità);
d) Una combinazione delle tre precedenti.
È utile segnalare che non ogni disgregazione psicotica conduce necessariamente ad una restituzione, ma –al contrario – in alcuni casi può essere una condizione necessaria per una maturazione o miglior integrazione della personalità, sia all’interno di un corso spontaneo o sia all’interno di un trattamento psicoanalitico (French e Kassanin; Bleger J., e Bleger L.). In questo ordine di cose, potrebbe essere utile tentare un’approssimazione tra la disgregazione psicotica e le crisi vitali (Lindemann, Captan). Questa approssimazione che segnalo ha una conseguenza non solo teorica ma allo stesso tempo terapeutica e preventiva, giacché la prognosi di una psicosi non è una “qualità” di una “essenza” ma il risultato dell’interazione “paziente-terapeuta-terapeutica”; il corso di molte psicosi è frequentemente un effetto iatrogeno.
In sintesi, lo studio della disgregazione psicotica ci mette di fronte alla necessità di differenziare tra splitting (dissociazione), frammentazione o splitting patologico e disintegrazione. Lo specifico della disgregazione psicotica schizofrenica è, a mio giudizio, una regressione con frammentazione (splitting patologico). La regressione avviene in una posizione schizoparanoide patologica. Ma qui concordo con Searles, nel senso che non si tratta di confusione ma di fusione o di non discriminazione (non differenziazione), ciò che ho chiamato sincretismo (Bleger, 1967). La posizione schizoparanoide risulta patologica nel non aver avuto una discriminazione normale partendo dalla posizione glischro-carica. L’anormalità si traduce in una frammentazione con un sincretismo “trattenuto” all’interno di ciascun frammento, e nessuna vera dissociazione. Molto di ciò che Rosenfeld (specialmente) descrive come confusione nel lattante non è tale, ma fusione o mancanza di discriminazione (cita anche Winnicott che sostiene uno stato di non differenziazione e non integrazione all’inizio della vita). La schizofrenia trasforma le relazioni oggettuali – attraverso la regressione – in identificazioni primarie (di per sé, di natura sincretica), che diventano molto più complesse e intricate per lo splitting patologico e per i fenomeni concomitanti di restituzione patologica. La sola regressione all’indifferenziazione o al sincretismo non produce schizofrenia ma differenti stati narcisistici, come possono essere l’autismo di Kanner o la simbiosi, che non sono schizofrenie. Non tutte le psicosi richiedono la frammentazione.
A sua volta, il sincretismo delimita meglio clinicamente il narcisismo; quest’ultimo si trova, nella sua stessa definizione, strettamente legato ad una concezione metapsicologica, più che a referenti fattuali.
2. Restituzione psicotica (R.P.)
Designa il recupero, la ricostruzione o l’organizzazione che si stabilisce a partire dalla disgregazione psicotica. Arlow e Benner segnalano che Freud usò il concetto di restituzione come un concetto metapsicologico per riferirsi al ripristino della carica libidica alla rappresentazione mentale degli oggetti la cui carica è stata precedentemente rimossa, per cui il termine restituzione non si riferisce ad un fenomeno clinico come tale. Sebbene questa sia stata l’accezione in cui la ha utilizzata Freud, non è il criterio che seguo in questo articolo ma mi riferisco specificamente al senso clinico della parola, così come la utilizza Fenichel. Ogni volta che appare la restituzione psicotica c’è stata immancabilmente una disgregazione psicotica precedente, che ha potuto essere stata unica o reiterata, manifesta o inavvertita.
All’interno delle restituzioni psicotiche includiamo alcuni quadri psicopatologici classici, come la schizofrenia paranoide, la paranoia, la parafrenia, eccetera. Anche la personalità psicotica descritta da Bion così come ciò che ha denominato oggetto bizzarro sono restituzioni psicotiche. Per ragioni che si vedranno più avanti è necessario includere all’interno delle restituzioni psicotiche la psicosi melanconica, e la mania all’interno delle disgregazioni. In questi ultimi casi, conviene caratterizzarle meglio aggiungendo gli aggettivi (melanconico e maniacale) ai termini “disgregazione psicotica” e “restituzione psicotica”, se non si procede così significa che si tratta di schizofrenia.
È sufficientemente noto che disgregazione e restituzione non si escludono e possono coesistere; a sua volta, la restituzione può non prendere la personalità intera ma parte di essa, così come avviene nella parafrenia. Utilizzo i termini schizofrenia, parafrenia e paranoia per riferirmi alle descrizioni psichiatriche più diffuse. Questa osservazione riporta alla necessità di non equipararle con l’uso che di questi termini fece Freud, che pose riserve al termine schizofrenia introdotto da Bleuler (Freud S., 1911) e suggerì che “parafrenia” dovrebbe rimpiazzare quelli di “demenza precoce” e “schizofrenia”. In un altro momento (1914) include nelle parafrenie la paranoia e la schizofrenia, che chiama parafrenia propriamente detta (vedere nota del curatore, Standard Edition, vol. XII, pag. 76).
La teoria psicoanalitica ha postulato per la psicosi un ritiro dalla realtà mediante il ritiro di carica dalla stessa e ha considerato le restituzioni psicotiche come una ricostruzione o ristabilimento (patologico) della libido oggettuale. Non concordo con queste formulazioni in termini della teoria libidica, ma mi baso sulla teoria delle relazioni oggettuali e sull’approccio strutturale. Nè ammetto per le psicosi una perdita del senso della realtà ma un altro senso della realtà.
Il legame con la realtà non si perde in nessun caso, nemmeno nelle psicosi, sia nella disgregazione che nella restituzione. Questi punti vengono qui solo segnalati e richiedono di essere ripresi specificamente come temi di un’altra esposizione. La “ricostruzione” delle restituzioni psicotiche deve essere compresa come tentativo di recupero, di guarigione (o di riparazione, nel senso kleiniano). A riguardo, questo paragrafo suggestivo di Freud (1914): “La megalomania permette, nelle parafrenie, un’analoga elaborazione interna della libido ritirata all’Io, e forse è solo quando la megalomania fallisce che diventa patogeno il ristagno della libido nell’Io e provoca il processo di guarigione, che così spesso ci viene imposto come malattia” (il grassetto è mio)[2]. Lo stesso afferma Freud nel 1911 e nel 1923. Il termine “restituzione” non sarebbe esclusivo della schizofrenia: Bibring lo utilizza trattando il tema della depressione e in modo tale che, all’interno dello stesso termine, ingloba tanto le modificazioni che significano guarigione quanto quelle che sono effetti patologici. Credo che per il secondo si debba parlare di restituzione patologica o restituzione psicotica; così non ci sarebbe alcun inconveniente nel denominare restituzione la ricostruzione, la riparazione o la guarigione.
Glover (1949) nella schizofrenia distingue anche le manifestazioni dovute ad una regressione dalla realtà da quelle dovute “ad un nuovo progresso o ritorno verso il mondo degli oggetti (realtà)” ma si oppone al fatto che questi ultimi vengano chiamati prodotti o risultati della restituzione. Gli sembra “un termine sfortunato che si confonde con i meccanismi di restituzione che vengono osservati negli stati di colpa ossessiva”. Sebbene in molti casi si possa parlare di restituzione, la restituzione psicotica qualifica solamente le riorganizzazioni di carattere psicotico che seguono la disgregazione psicotica (manifesta o no). Se non è indicato nient’altro, “restituzione psicotica” è riferito sempre alla schizofrenia. Freud (1914) segnala che i fenomeni di restituzione “legano nuovamente la libido agli oggetti, alla maniera di un’isteria (demenza precoce, parafrenia propriamente detta), o di una nevrosi ossessiva (paranoia)”[3]. In sintesi, il termine restituzione iniziò con il designare un ricontatto psicotico con la realtà partendo da un ritiro psicotico dalla stessa, così come il ritorno della libido agli oggetti del mondo esterno da cui si era ritirata (narcisismo), e si è assegnato al secondo il carattere di meccanismo esplicativo del primo (del fenomeno clinico).
Come fenomeno clinico, considero la restituzione – in generale – come l’insieme di manifestazioni o fenomeni riparativi e/o curativi che tendono a trovare una soluzione o risolvere una frammentazione (splitting patologico), impedendole di persistere come tale. Si intende che “restituzione” costituisce sempre un fenomeno patologico ed è sempre una riparazione di carattere psicotico. In ogni caso, la restituzione costituisce, tuttavia, la “migliore” organizzazione o riorganizzazione dell’Io e della realtà che una determinata persona può raggiungere in un momento dato, come modo per difendersi o “risolvere” una condizione (frammentazione) che risulta più allarmante e catastrofica per lo stesso soggetto.
In questo modo, disintegrazione e restituzione non possono essere caratterizzate dal tipo e dalla distribuzione della libido (oggettuale o narcisistica) né dal ritiro o dal contatto con la realtà, ma dal tipo di organizzazione o struttura dell’Io e della realtà. Così, nella disgregazione schizofrenica l’Io e la realtà frammentati, attraverso la restituzione psicotica, tornano a recuperare una certa coerenza, “raccogliendo”, agglomerando o condensando tutto ciò che non può (data la sua struttura) essere integrato in altro modo: il paziente ricostruisce (o ristruttura patologicamente) una particolare coerenza e unità del suo Io e del suo mondo.
3. Parte psicotica della personalità
È quello strato od organizzazione della personalità che è rimasta (fissata) o è regredita ad un’organizzazione sincretica. Per comprenderla meglio è necessario che mi riferisca molto succintamente alle caratteristiche e alle vicissitudini di quest’ultima, giacché i problemi che pone la parte psicotica della personalità si trovano strettamente correlati con il sincretismo; detto in altro modo: la natura della parte psicotica della personalità è sincretica, vale a dire, indifferenziata.
Il punto di partenza dello sviluppo individuale è un’organizzazione sincretica che può essere definita come quello stato o struttura in cui non esiste discriminazione fra soggetto e oggetto, fra Io e non-Io, fra le diverse zone corporee, eccetera; brevemente, il sincretismo si caratterizza, quindi, per la mancanza di discriminazione, e anche se per ora possiamo definire meglio il sincretismo per ciò che non è (carenza di discriminazione), in ogni modo il sincretismo è una struttura che progressivamente dobbiamo definire e comprendere in se stessa e non per quello che manca, problema che mi occupa attualmente e che spero di chiarire.
Questo stadio sincretico, in condizioni normali, dà luogo, in parte, allo stabilirsi della posizione schizoparanoide, che significa un certo grado di discriminazione; ma una parte del sincretismo continua a sussistere in ogni individuo.
Ora riconosco l’indifferenziazione primitiva con il nome di “struttura sinciziale” e lascio quello di sincretismo per l’indifferenziazione o la non discriminazione di quella parte della personalità formata attraverso identificazioni primarie che non si sono evolute verso la discriminazione e l’identità. Un’altra alternativa che non considererò qui si riferisce a quei casi in cui il sincretismo predomina nello sviluppo della personalità, in modo tale che è relativamente poco ciò che passa alla posizione schizoparanoide e successivamente alla posizione depressiva, cosicché l’organizzazione della personalità nella sua totalità o nella sua predominanza è sincretica; in questo tipo di personalità (in cui ho incluso a sua volta diverse varianti: personalità ambigua, sincretica, fattica, personalità psicopatica, borderline, “personalità as if”) – ora includo anche qui l’Io dell’omosessuale descritto da Bychowsky – si presenta il caso specifico nel quale non possiamo parlare di una personalità psicotica bensì di un Io psicotico, ed è ovvio che con quest’ultima terminologia mi riferisco all’Io dal punto di vista strutturale.
Tutte queste strutture in cui non ci troviamo di fronte ad una psicosi clinica ma di fronte ad un Io psicotico o sincretico devono essere incluse non nel capitolo delle psicosi, ma nel capitolo di “depersonalizzazione”, termine proposto da E. Pichon-Rivière (citato da S. Resnik), per un “disturbo che interessa il processo evolutivo della personalità, che influenza il mondo interno, così come il corpo attraverso cui si esprime, ed il mondo esterno in cui entrambi sono proiettati”. Tutto questo capitolo corrisponde a quello della psicologia o “destino delle identificazioni”.
Un’altra delle alternative che può subire il sincretismo nel corso normale dello sviluppo è che questo strato o parte sincretica della personalità venga mantenuta, in condizioni normali, clivata dalla parte più integrata della personalità, in modo tale da non costituire in se stesso un fenomeno patologico sebbene possa darvi luogo.
Ho segnalato ripetutamente, in pubblicazioni precedenti, la differenza tra dissociazione o splitting e clivaggio; il primo separa due oggetti parziali nella posizione schizoparanoide mentre il secondo designa la separazione tra la parte nevrotica e quella psicotica della personalità.
Una volta consolidata la parte più integrata della personalità, periodicamente e attraverso diverse crisi, l’Io più integrato può incorporare parte del sincretismo clivato, mediante l’installazione di parte dello stesso dalla posizione schizoparanoide; con lo sviluppo continua a costituire o ingrandire la parte più integrata della personalità. Nel corso di queste crisi (per rottura del clivaggio) incontriamo manifestazioni confusionali, ipocondriache, melanconiche, maniacali, epilettiche, eccetera, che costituiscono alternative dello sviluppo normale ma che possono anche essere la base, attraverso la loro persistenza o stereotipia, per configurare fenomeni patologici. Normalmente questa rottura del clivaggio avviene, per esempio, nella crisi adolescenziale. Questo sviluppo dal sincretismo alla posizione schizoparanoide e successivamente alla posizione depressiva è stato studiata nell’articolo “Simbiosi, psicopatia e mania”.
Quando il passaggio dall’organizzazione sincretica alla posizione schizoparanoide non viene raggiunto con successo, il sincretismo con alcuni fenomeni già appartenenti alla posizione schizoparanoide formano un conglomerato che ho denominato nucleo agglutinato e che è fortemente clivato dall’Io.
In questo modo, esclusi la depersonalizzazione ed il sincretismo normale (che è il punto di partenza della struttura della personalità più primitiva), includo nella denominazione di parte psicotica della personalità la parte o strato sincretico, che viene mantenuto clivato dalla parte più integrata della personalità, e anche il nucleo agglutinato. A rigore, ci sono alcune differenze fra questi ultimi due, poiché nel secondo il sincretismo, o parte di esso, viene conglomerato nel nucleo incapsulato e include non solamente il sincretismo ma alcuni fenomeni di dissociazione fallita o incompleta che appartengono alla posizione schizoparanoide; in tale maniera, il nucleo agglutinato, sebbene sia incluso all’interno della parte psicotica della personalità, costituisce anche, in una certa misura, un fenomeno di restituzione psicotica.
È importante sottolineare che lo strato o parte sincretica della personalità così come il nucleo agglutinato (entrambi inclusi all’interno della denominazione di parte psicotica della personalità) sono fenomeni sincretici; ma non ogni sincretismo è una psicosi clinica, sebbene ogni psicosi sia un sincretismo.
La struttura sincretica si presenta anche nelle disgregazioni e nelle restituzioni schizofreniche e questo facilita la comprensione della simultanea o alternativa coesistenza della schizofrenia con l’ipocondria, con l’epilessia, con le somatizzazioni, con le azioni psicopatiche e perverse, così come con i quadri misti con tinte melanconiche o maniacali.
Dalle vicissitudini del nucleo agglutinato nelle sue relazioni con l’Io dipende, come ho descritto ampiamente in un altro luogo, la presentazione dei fenomeni patologici che acquisiscono unità attraverso la comprensione della dinamica di questo nucleo agglutinato: epilessia ed epilettoidie, azioni psicopatiche, perversioni, melanconia, ipocondria, mania, somatizzazioni e confusioni. In modo succinto, si può aggiungere che il nucleo agglutinato può essere clivato e depositato su un depositario fisso, caso in cui si costituisce la simbiosi. La mobilizzazione e la reintroiezione brusca del nucleo agglutinato, invadendo l’Io, può produrre le confusioni; l’Io riproietta il nucleo agglutinato nelle epilessie e negli equivalenti epilettici; viene reinstallato il clivaggio con un deposito del nucleo agglutinato nel corpo, nelle somatizzazioni, e nello schema corporeo, nell’ipocondria; su uno o su vari depositari mutevoli, nell’azione psicopatica o nella perversione. Il clivaggio non risulta totalmente reinstallato nei casi dell’ipocondria, ciò per cui l’Io ricorre al rinforzo di un altro controllo (autoosservazione). Credo sia di grande valore l’apporto di M. Baranger e collaboratori sul problema dell’ipocondria.
Da tutto questo si deduce che la disgregazione psicotica, come ho segnalato all’inizio di questo articolo, non solo può provenire dalla disgregazione di una personalità normale o nevrotica o della parte normale o nevrotica della personalità o da una restituzione psicotica, ma può anche provenire da una disgregazione dello strato o della parte sincretica della personalità o del nucleo agglutinato. La disgregazione di quest’ultimo può essere il punto di partenza della restituzione nelle psicosi epilettiche, che per questo si differenziano dalle restituzioni schizofreniche che partono da una disgregazione dell’Io.
Sebbene la disorganizzazione del nucleo agglutinato porti ad una disgregazione psicotica, può anche essere prodotto un tipo di disgregazione particolare che è la mania. Katan considera esattamente l’opposto: che la mania è un tentativo di restituzione che cerca di “restaurare relazioni normali” e, per quest’ultimo motivo, è “completamente differente dal tentativo schizofrenico di restituzione. Questi ultimi tentativi portano alla formazione dei deliri, delle allucinazioni, eccetera, che sono un modo irreale di risolvere il confitto”. Glover (1956) sostiene anche che la mania è paragonabile al fenomeno della restituzione dello schizofrenico. In questo modo, includo la mania come un tipo specifico di disgregazione psicotica che si differenzia dalla disgregazione schizofrenica perché la prima include schizzi della posizione schizoparanoide del nucleo agglutinato (che sono quelli che possono permettere un passaggio alla posizione schizoparanoide; passaggio che non sempre si compie) e perché l’Io non subisce la disgregazione, così come avviene nella schizofrenia. Qui, come si vede, differenzio la disgregazione del nucleo agglutinato dalla disgregazione dell’Io. La disgregazione della mania è caratterizzata da una molteplice frammentazione e dispersione su diversi depositari con un controllo frenetico, fobico e controfobico, che si alterna da un depositario all’altro. È ovvio dire che mi riferisco alla mania clinica e non al meccanismo maniacale. L’apporto clinico di M. Kizer mi sembra uno dei più importanti della letteratura psicoanalitica sul tema della mania.
Come si è visto, ho incluso la melanconia fra le restituzioni psicotiche e questo richiede evidentemente una chiarificazione, così come la ha richiesta l’inclusione della mania come disgregazione psicotica.
Le restituzioni psicotiche che vengono incluse tradizionalmente sotto questa denominazione corrispondono a restituzioni che partono da una disgregazione psicotica dell’Io e sono sempre correlate con la disgregazione schizofrenica; come si è visto, postulo quest’ultima non solo per le restituzioni schizofreniche ma anche per la parafrenia e la paranoia.
Nella melanconia avviene una restituzione molto particolare, poiché il suo punto di partenza è differente da quello della disgregazione dell’Io (schizofrenia); non si struttura partendo da essa, ma partendo dalla parte psicotica della personalità o dal nucleo agglutinato, attraverso un fenomeno specifico che ho chiamato polarizzazione (Bleger J., 1967) e che consiste nel fatto che all’interno del nucleo agglutinato si produce una separazione tra l’Io non differenziato dall’oggetto o dagli oggetti, ed il Super Io, neppure differenziato dagli oggetti, per cui ambedue (Io e Super Io) si trovano in un sincretismo, ma clivati l’un l’altro; questo processo si estende all’Io e al Super Io più integrati. Un altro tipo di polarizzazione si ritrova nell’idealizzazione. In altri casi, tutto il nucleo agglutinato costituisce una minaccia superegoica per l’Io.
S. Radó sostenne nel 1927 che “lo sviluppo melanconico rappresenta un tentativo di riparazione (curva) condotto con fermezza e grandi conseguenze psicologiche. Vuole rinnovare l’autostima dell’Io annichilita per la perdita dell’amore, per installare nuovamente la sua relazione d’amore distrutta, per proteggere l’Io impedendogli la ripetizione di così orribili danni e, con tale scopo, per separare dal mondo le cause del male, l’ambivalenza dell’Io e quella dell’oggetto”.
Un’altra possibilità si verifica nei casi in cui la melanconia è strutturata come restituzione partendo dalla disgregazione maniacale o viceversa. Quindi ora dobbiamo separare la depressione (che corrisponde alla posizione depressiva) dalla melanconia e dalla mania che appartengono alla posizione glischro-carica. Ma melanconia e mania, come restituzione e disgregazione, non hanno, tra loro, la necessaria relazione che esiste tra la disgregazione e la restituzione schizofreniche.
L’inclusione della parte psicotica della personalità (nucleo agglutinato, posizione glischro-carica) contribuisce a collocare in modo unitario le relazioni reciproche dei fenomeni patologici che finora risultano teoricamente dispersi (per esempio, ipocondria e schizofrenia, o schizofrenia, epilessia e mania) permettendo la comprensione dei passaggi e dei cambiamenti che ci offre la clinica.
4. Personalità psicotica
Bion la caratterizza come formata da “minuscole scissioni di tutta quella parte della personalità che si riferisce alla consapevolezza della realtà esterna ed interna e all’espulsione di questi frammenti in modo tale che questi entrino dentro o inglobino i suoi oggetti”.
Il titolo del lavoro di Bion si riferisce alla differenziazione delle personalità psicotiche da quelle non psicotiche, mentre nelle conclusioni dello stesso lavoro parla, da una parte, delle nevrosi gravi in cui postula l’esistenza di una personalità psicotica nascosta dalla nevrosi, mentre, dall’altra, si riferisce alla personalità nevrotica nascosta dalla psicosi nello psicotico. D’altra parte, M. Katan ha studiato anche un tema similare nel suo articolo “The importance of the Non-Psychotic Part of the Personality in Schizophrenia”[4], ma ciò che chiama parte non-psicotica della personalità (la chiama anche pre-psicotica o para-psicotica) sembra essere il periodo di disgregazione della schizofrenia. (La traduzione apparsa nella Revista Uruguaya de Psicoanálisis soffre di difetti ed omissioni molto serie che la rendono impossibile da utilizzare: 1957, II, 1-2.)
Dal lavoro di Bion deduco che la personalità psicotica che egli descrive si sovrappone alle restituzioni psicotiche schizofreniche partendo dallo splitting patologico o frammentazione; nell’articolo citato chiarisce che si occupa di pazienti schizofrenici gravi.
L’oggetto bizzarro che descrive Bion è un nucleo di questa restituzione. Tutte le restituzioni psicotiche presentano una struttura sincretica nel senso che non c’è discriminazione nella loro struttura.
La differenza che stabilisco all’interno della personalità psicotica (che, come si vede, costituisce una restituzione psicotica di tutta o della maggior parte della personalità), tra ciò che chiamo parte psicotica ed il capitolo della depersonalizzazione, è dovuta al fatto che la clinica, la teoria e la terapia esigono questa distinzione. Voglio particolarmente sottolineare che il concetto di “parte psicotica della personalità” non si sovrappone – tutto al contrario – con il concetto di personalità psicotica introdotto da Bion, sebbene ambedue presentino una struttura sincretica.
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Riassunto
Con l’intenzione di chiarire alcune accezioni del concetto di psicosi, ho dovuto stabilire differenze tra termini come disintegrazione, dissociazione (splitting), frammentazione (splitting patologico) e clivaggio.
Viene esposta la non sovrapposizione tra “parte psicotica della personalità” e “personalità psicotica”; viene presentata una visione d’insieme della prima e si ottiene una concezione unitaria di fenomeni molto diversi attraverso, in particolare, l’inclusione dei concetti di sincretismo, di posizione glischro-carica e di nucleo agglutinato.
Un altro risultato di questa prospettiva è che il sincretismo definisce meglio, dal punto di vista clinico, l’insieme di ciò che finora è stato incluso nel narcisismo, senza la necessità di ricorrere alla teoria metapsicologica dalla quale risulta molto difficile attualmente separare il narcisismo; viene ignorato il solipsisimo della teoria del narcisismo.
Note
[1] Letto all’Associazione Psicoanalitica Argentina, il 15 settembre 1970.
[2] NdT. Ho tradotto questo passo in italiano direttamente dal testo in castigliano, che dunque era una traduzione dallo scritto originale in tedesco. Quella che segue è invece la traduzione che dal tedesco è stata fatta direttamente in italiano, e che si trova in Sigmund Freud - Opere 1905/1921, Newton Compton, 1992: “Nei parafrenici, la megalomania si concede una siffatta elaborazione interna della libido che è ripiegata sull’Io; e forse, è solo quando fallisce la megalomania, che la stasi della libido nell’Io diventa patogena ed inizia il processo di guarigione, spesso interpretato come malattia” (pag. 804).
[3] NdT. Come nella nota precedente, riporto qui anche la traduzione che dal tedesco è stata fatta direttamente in italiano e che riprendo da Sigmund Freud - Opere 1905/1921, Newton Compton, 1992: “la libido si riappoggia agli oggetti, seguendo il modello di una isteria (nella dementia praecox o nella parafrenia propriamente detta) o di una nevrosi ossessiva (nella paranoia)” (pag. 805).
[4] “L’Importanza della Parte Non-Psicotica della Personalità nella Schizofrenia”
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