TRADOTTI
IL PROCESSO DI APPRENDIMENTO. APPROCCIO RIFLESSOLOGICO E PSICOLOGICO SOCIALE. LA TERAPIA COME APPRENDIMENTO.
Lezione dettata dal Dr. Enrique Pichon-Rivière, il 29/08/1966 (Primo anno)
SCUOLA PRIVATA DI PSICHIATRIA SOCIALE, Lezione n. 15
(Il titolo originale della lezione, ripresa dal sito www.espiraldialectica.com, è “El proceso del aprendizaje. Enfoque reflexológico y psicológico social. La terapia como aprendizaje” e la traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini)
Continuiamo, oggi, lo studio del processo di apprendimento nei suoi aspetti espliciti che possono essere considerati in accordo con molteplici teorie come quella di Thorndike o ipotesi del vincolo associativo; quella di Guthrie o teoria della continuità; quella di Hull e del sistema di comportamento; quella comportamentista descritta da Skinner; quella della Gestalt o concezione olistica; quella di Wheeler come apprendimento organicistico; quella di Tolman o dell’apprendimento intenzionale, ecc. Però, il nostro compito principale sarà lo studio del contenuto e delle funzioni implicite nell’apprendimento con il suo contenuto inconscio, prendendo come punto di partenza un modello naturale che è il comportamento alimentare con le sue differenti fase, giacché il punto di partenza è costituito dal processo biologico dell’incorporazione di alimenti in un caso e di conoscenze dall’altro.
Un altro aspetto della questione è cercare di risolvere una situazione apparentemente dilemmatica (fonte di lunghe e bizantine discussioni) tra la psicoanalisi e la riflessologia, e questo si consegue attraverso il campo dell’apprendimento che, se realizzato da un processo di condizionamento, opera a un livello neurobiologico, studiato da Pavlov senza essere tuttavia una psicologia; mentre a livello di concettualizzazione (il livello psicologico), nei suoi aspetti espliciti e impliciti, è stato studiato dalla psicoanalisi. La forma (Pavlov) e il contenuto (Freud) risolvono la situazione dilemmatica, trasformandola in dialettica, prendendo la forma insieme alla comunicazione in un processo a spirale che, come risultato, dà che questa indagine può essere affrontata sui due livelli.
Si può porre la conoscenza come un campo che si estende progressivamente nella misura in cui, attraverso mezzi psicologici o tecnologici, si risolvono gli ostacoli epistemologici. L’importante è collegare l’apprendimento con la teoria della comunicazione. In una certa misura, l’oggetto della conoscenza agisce come un trasmettitore, inviando in modo codificato e con una scala di simboli indizi, aspetti, caratteristiche e l’essenza della sua struttura. Nel contesto della scoperta può accadere che il ricercatore possa decodificare. Questa teoria, che sembra un po’ antropomorfica, dando quasi vita all’oggetto della conoscenza, è reale. È ciò che dice Marx: “trasformare la cosa in sé, in cosa per sé”. La cosa in sé è, durante l’atto di conoscenza, l’apprendimento, e la comunicazione si trasforma nella cosa per sé. Questi due processi, che sono stati studiati separatamente, agiscono insieme, perché nel processo dell’apprendimento si produce una comunicazione, mentre si risolve l’antinomia. È un processo che si rialimenta in una spirale aperta, continua, che ha una direzione ascendente, in quanto alla quantità di informazione ottenuta e in quanto alla profondità, e in direzione lineare discendente, in quanto all’approfondimento e al trattamento.
L’immagine del paziente è ogni volta più comprensibile al terapeuta, se il paziente acquisisce un apprendimento interno che è l’insight, l’apprendimento di se stesso, dove l’ostacolo epistemofilico è l’ansietà davanti al cambiamento. Ciò che rende difficile il progresso della conoscenza di sé, di se stesso, del self o del sentimento di identità, è il timore del cambiamento. Tutta la psicologia sociale moderna è fondata sulle prime idee di George Herbert Mead e basata sulla teoria dei ruoli, che prese spunto dalle idee di Freud sul processo di internalizzazione (che io chiamo gruppo interno).
Abbiamo, così, un apprendimento che è sempre gruppale e, in fondo, è il processo di socializzazione. La psicologia fisiologica, che si chiama psicologia sperimentale, e anche la riflessologia, sono responsabili del fatto che queste cose si scoprono recentemente, perché non hanno fatto altro che scoprire i processi neurobiologici dell’apprendimento e non i contenuti e le motivazioni dello stesso, così come la nozione del vincolo come oggetto dell’apprendimento dell’interazione, della comunicazione, dell’ansietà di fronte al cambiamento. È molto interessante studiare lo sviluppo di questo nell’Unione Sovietica: fino a circa 30 anni fa c’è stato uno psicologo chiamato Lurija che ha pubblicato alcuni lavori dove creava situazioni sperimentali di apprendimento e che interpretava riflessologicamente. Questi lavori, che risultano di grande interesse, mi hanno fatto vedere che non esiste la tanto menzionata contraddizione tra la psicoanalisi e la riflessologia: si tratta di livelli differenti di lavoro. La cosa interessante è che, attraverso la riflessologia, si sono potuti studiare una serie di perturbazioni con la loro espressione simbolica, e questo è ciò che mi ha condotto alla teoria che tutte le nevrosi sono, in fondo, un disturbo dell’apprendimento e della comunicazione. Lurija non parlava tuttavia di comunicazione perché questo concetto è molto posteriore, ma era implicita la relazione con l’oggetto della conoscenza. Poi, venne un periodo regressivo all’interno dello sviluppo, dove è sparito questo contenuto psicologico, o la nozione di vincolo con l’oggetto della conoscenza, e tutto fu spiegato e si è cercato di comprendere in base alle leggi di formazione e strutturazione dei riflessi condizionati. Per noi, la nevrosi, in tutte le sue forme, è un processo legato a una perturbazione dell’apprendimento e della comunicazione, che sono incapaci di risolvere la resistenza al cambiamento. Così possiamo definire la terapia come un processo di ri-apprendimento, o nuovi apprendimenti, dove, risolte le situazioni nelle quali si sorregge la resistenza al cambiamento, si ottiene un adattamento. Per esempio, Robert White sostiene più o meno, lo stesso, ossia “la cosa cruciale, nel trattamento di una nevrosi, consiste nel creare condizioni nelle quali il paziente osi rivalutare le sue ansietà e a diminuire le difese. In questo consiste il tipo di esperienza emozionale veramente correttiva”.
Punti di vista simili hanno mantenuto Dollard e Miller, nel loro classico libro “Personalità e psicoterapia” (un’analisi in termini di apprendimento, pensiero e cultura). L’apprendimento è preso da noi dal punto di vista più semplice, come l’apprendimento del vincolo e della realtà, lettura della realtà. E Kimball Young, nella sua psicologia sociale, lo definisce così: “Chiamiamo apprendimento le modificazioni che risultano dall’impatto dell’ambiente esterno sull’individuo, l’apprendimento influisce su tre principali aspetti del processo adattativo: 1) sugli impulsi; 2) sugli oggetti; 3) sui mezzi che portano l’impulso all’obiettivo” (è ciò che noi chiamiamo vincolo). Young ha anche detto che la sede dell’apprendimento è il sistema nervoso centrale, specialmente nella corteccia cerebrale. J. Herryck, tra le altre cose, ha detto: “questa capacità di uno sviluppo individuale, questa abilità di sfruttare l’esperienza, questa docilità, sono caratteristiche distintive dell’uomo ed il suo tratto più prezioso”. Tornando a Young, possiamo dire con lui che: “i meccanismi di apprendimento sono universali nell’uomo, ma sono la società e la cultura a determinare, concretamente, ciò che si apprende”. L’apprendimento è soggetto, allora, a differenze quantitative e qualitative (intelligenza).
All’interno del processo dell’apprendimento i tipi di comunicazione verbale, preverbale e anche parapsicologica intervengono nella sua configurazione, alle quali si dovrebbe aggregare gli stimoli corporali che, secondo la nostra teoria, sono vincoli con oggetti internalizzati nel corpo, e che entrano a formare parte delle motivazioni coscienti e inconsce che sono incluse nel processo dell’apprendimento e che, in accordo alla partecipazione o al grado di motivazione, rendono l’apprendimento attivo o passivo. A questo si deve aggiungere la forma di ricompensa o i processi di incentivazione dell’apprendimento. Inteso così, l’apprendimento costituisce ciò che si denomina, volgarmente, l’esperienza.
L’acquisizione di nuovi modelli di stimolo-risposta (situazione basica di ogni apprendimento) è sempre influenzata e controllata non solamente dal sistema nervoso, ma anche dalle ghiandole endocrine, dalle condizioni generali del corpo, dalla quantità delle ansietà basiche, dal contesto familiare, ecc. Comporta sempre l’associazione tra elementi vecchi e nuovi, esistendo diversi tipi di apprendimento attivo, ed il più frequente essendo quello realizzato per tentativi ed errori, dove i sistemi di ricompensa e punizione sono fattori perturbanti dell’apprendimento e provocatori di nevrosi quando si aggiungono a perturbazioni della comunicazione e della meta-comunicazione. In altri tipi di apprendimento, per esempio quello di Pavlov o della risposta condizionata, si osserva la tecnica, che ha per oggetto ridurre il processo per tentativi ed errori alle sue forme più semplici, dove gli errori sono eliminati, eliminandosi così, un gran numero di falsi tentativi, e la azione si concentra nell’acquisizione della risposta corretta. Questo tipo di apprendimento deve essere permanentemente rinforzato affinché sia duraturo, e dipenderà anche dallo stato emotivo[1]. Menzioneremo, per ultimo, il tipo più complesso o più ‘elevato’ di apprendimento, che tocca più direttamente il nostro compito, ovvero l’apprendimento simbolico, che implica la manipolazione di simboli in forma ragionata e logica che costituiscono il processo del pensiero, che si basa sull’internalizzazione di tentativi esterni, nonché lo sviluppo del linguaggio, che è un prodotto sociale, ossia, un prodotto dell’interazione. In un processo di elaborazione interna, che è come parlare con se stessi – per noi sono vincoli con oggetti interni e del gruppo interno -, la comunicazione si realizza per l’impiego di simboli che sostituiscono gli oggetti, e di reazioni parziali che sostituiscono le risposte totali. In queste condizioni, il soggetto può manipolare il mondo della sua immaginazione, preparandosi ad un adattamento esterno più efficace, diremo operativo, che, per mezzo dei processi precedentemente descritti, potrà costruire il livello di pensiero cosciente e, influenzato dalle sue motivazioni inconsce, una strategia, una tattica e una logistica, le cui distorsioni costituiscono le nevrosi e la cui correzione è il compito della psicoterapia. Tutto questo accade attraverso l’area 1[2], il cui comportamento specifico è rappresentato dal pensiero. Il poter creare la pianificazione o anticipazione, rende possibile che l’uomo possa creare realmente il suo ambiente e, in questo modo, esercitare il controllo su di esso. Abbiamo detto, allora, che l’apprendimento è, in fondo, il processo di socializzazione. “La socializzazione, dice Johnson, è l’apprendimento che permette all’individuo di svolgere ruoli sociali”. Ciò significa che l’informazione che otteniamo come tecnici è strumentale di un ruolo sociale, è operativa nella misura in cui questa funzione sociale sia esercitata in un qui ed ora adeguato. L’operatività dipenderà dal soggetto e dal perfezionamento del suo strumento di lavoro. È l’apparato che funziona nella nostra mente, cioè l’ECRO (Schema Concettuale di Riferimento e Operativo), in cui la discriminazione occupa un luogo importante. Nel processo di socializzazione ciò che si apprende è la cultura, intendendo come cultura tutti i risultati ottenuti dal corpo umano fino a questo momento in direzioni più o meno specializzate, la cui tendenza è stata, a fine secolo scorso e nei primi 30 anni di questo secolo, la tendenza all’atomizzazione, ossia vivere l’esperienza cognitiva in specialità e diventare specialisti. Così, nell’attualità, si va da un’epistemologia specializzata ad un’epistemologia della confluenza, l’inter-scienza, che sono i gruppi interdisciplinari che si rialimentano considerevolmente per il loro contatto. Una volta costruito, con l’apprendimento e con la comunicazione, uno schema di riferimento per lavorare, questa operazione ha una fase preliminare che è chiamata ‘a priori’, in qualsiasi campo della scienza, e dove il risultato sarebbe l’‘a posteriori’. Ma l’apparente non relazione, non del tutto contraddizione, si risolve dialetticamente nella prassi, nella relazione tra teoria e pratica, dove l’‘a posteriori’ risulta essere un ‘a priori’ rialimentato dall’esperienza. E così continuamente in spirale.
La teoria e la pratica si risolvono in termini di azione, ciò che ci porta, di nuovo, alla frase di Marx: “trasformare la cosa in sé nella cosa per sé”.
Dice Tolman: “nello stesso modo che una mappa comune dell’oggetto internalizzato è un simbolo di qualcosa, l’oggetto in sé è esterno, nel senso che ha un’esistenza oggettiva socialmente riconosciuta”.
Se, qui, applichiamo la nozione di vincolo, di prassi, di apprendimento, di comunicazione e di cambiamento, sfociamo in una teoria della conoscenza.
Lo sviluppo del self è un processo di apprendimento che soffre una serie di vicissitudini in accordo al sesso, alla cultura, all’età, ecc. E lì si poggeranno processi che scopriremo nel trattamento delle nevrosi, come per esempio, tutti i processi in relazione all’autostima. Il famoso complesso di inferiorità descritto da Adler, è una perturbazione dell’autostima, che ha la sua storia e che deve essere compresa in termini di apprendimento e di comunicazione. L’apprendimento è l’apprendimento dei ruoli sociali. Il ruolo sociale è collegato molto strettamente con il sentimento di identità e così prendiamo contatto immediatamente con Sartre, con la nozione di ‘assumersi’, cioè, prendere partito, compromettersi. Il ricercatore è compromesso nel campo della ricerca e se lo si disconosce, questo costituisce un ostacolo epistemofilico che proviene dalla sua formazione precedente.
Note:
[1] Lo scritto originale riporta “mencional”, che non ha un significato in spagnolo. Le alternative potrebbero essere “mensional”, ossia “dimensionale” o, appunto, “emocional”, “emotivo”, che mi sembra più plausibile all’interno del contesto [ndt].
[2] Pichon-Rivière, pensa a tre ambiti spazio-temporali nei quali si può manifestare il comportamento, ossia tre aree nelle quali il soggetto può collocare i propri vincoli ed i propri oggetti: l’area 1, o area della mente; area 2, o area del corpo; area 3, o area del mondo esterno [ndt].
SCUOLA PRIVATA DI PSICHIATRIA SOCIALE, Lezione n. 15
(Il titolo originale della lezione, ripresa dal sito www.espiraldialectica.com, è “El proceso del aprendizaje. Enfoque reflexológico y psicológico social. La terapia como aprendizaje” e la traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini)
Continuiamo, oggi, lo studio del processo di apprendimento nei suoi aspetti espliciti che possono essere considerati in accordo con molteplici teorie come quella di Thorndike o ipotesi del vincolo associativo; quella di Guthrie o teoria della continuità; quella di Hull e del sistema di comportamento; quella comportamentista descritta da Skinner; quella della Gestalt o concezione olistica; quella di Wheeler come apprendimento organicistico; quella di Tolman o dell’apprendimento intenzionale, ecc. Però, il nostro compito principale sarà lo studio del contenuto e delle funzioni implicite nell’apprendimento con il suo contenuto inconscio, prendendo come punto di partenza un modello naturale che è il comportamento alimentare con le sue differenti fase, giacché il punto di partenza è costituito dal processo biologico dell’incorporazione di alimenti in un caso e di conoscenze dall’altro.
Un altro aspetto della questione è cercare di risolvere una situazione apparentemente dilemmatica (fonte di lunghe e bizantine discussioni) tra la psicoanalisi e la riflessologia, e questo si consegue attraverso il campo dell’apprendimento che, se realizzato da un processo di condizionamento, opera a un livello neurobiologico, studiato da Pavlov senza essere tuttavia una psicologia; mentre a livello di concettualizzazione (il livello psicologico), nei suoi aspetti espliciti e impliciti, è stato studiato dalla psicoanalisi. La forma (Pavlov) e il contenuto (Freud) risolvono la situazione dilemmatica, trasformandola in dialettica, prendendo la forma insieme alla comunicazione in un processo a spirale che, come risultato, dà che questa indagine può essere affrontata sui due livelli.
Si può porre la conoscenza come un campo che si estende progressivamente nella misura in cui, attraverso mezzi psicologici o tecnologici, si risolvono gli ostacoli epistemologici. L’importante è collegare l’apprendimento con la teoria della comunicazione. In una certa misura, l’oggetto della conoscenza agisce come un trasmettitore, inviando in modo codificato e con una scala di simboli indizi, aspetti, caratteristiche e l’essenza della sua struttura. Nel contesto della scoperta può accadere che il ricercatore possa decodificare. Questa teoria, che sembra un po’ antropomorfica, dando quasi vita all’oggetto della conoscenza, è reale. È ciò che dice Marx: “trasformare la cosa in sé, in cosa per sé”. La cosa in sé è, durante l’atto di conoscenza, l’apprendimento, e la comunicazione si trasforma nella cosa per sé. Questi due processi, che sono stati studiati separatamente, agiscono insieme, perché nel processo dell’apprendimento si produce una comunicazione, mentre si risolve l’antinomia. È un processo che si rialimenta in una spirale aperta, continua, che ha una direzione ascendente, in quanto alla quantità di informazione ottenuta e in quanto alla profondità, e in direzione lineare discendente, in quanto all’approfondimento e al trattamento.
L’immagine del paziente è ogni volta più comprensibile al terapeuta, se il paziente acquisisce un apprendimento interno che è l’insight, l’apprendimento di se stesso, dove l’ostacolo epistemofilico è l’ansietà davanti al cambiamento. Ciò che rende difficile il progresso della conoscenza di sé, di se stesso, del self o del sentimento di identità, è il timore del cambiamento. Tutta la psicologia sociale moderna è fondata sulle prime idee di George Herbert Mead e basata sulla teoria dei ruoli, che prese spunto dalle idee di Freud sul processo di internalizzazione (che io chiamo gruppo interno).
Abbiamo, così, un apprendimento che è sempre gruppale e, in fondo, è il processo di socializzazione. La psicologia fisiologica, che si chiama psicologia sperimentale, e anche la riflessologia, sono responsabili del fatto che queste cose si scoprono recentemente, perché non hanno fatto altro che scoprire i processi neurobiologici dell’apprendimento e non i contenuti e le motivazioni dello stesso, così come la nozione del vincolo come oggetto dell’apprendimento dell’interazione, della comunicazione, dell’ansietà di fronte al cambiamento. È molto interessante studiare lo sviluppo di questo nell’Unione Sovietica: fino a circa 30 anni fa c’è stato uno psicologo chiamato Lurija che ha pubblicato alcuni lavori dove creava situazioni sperimentali di apprendimento e che interpretava riflessologicamente. Questi lavori, che risultano di grande interesse, mi hanno fatto vedere che non esiste la tanto menzionata contraddizione tra la psicoanalisi e la riflessologia: si tratta di livelli differenti di lavoro. La cosa interessante è che, attraverso la riflessologia, si sono potuti studiare una serie di perturbazioni con la loro espressione simbolica, e questo è ciò che mi ha condotto alla teoria che tutte le nevrosi sono, in fondo, un disturbo dell’apprendimento e della comunicazione. Lurija non parlava tuttavia di comunicazione perché questo concetto è molto posteriore, ma era implicita la relazione con l’oggetto della conoscenza. Poi, venne un periodo regressivo all’interno dello sviluppo, dove è sparito questo contenuto psicologico, o la nozione di vincolo con l’oggetto della conoscenza, e tutto fu spiegato e si è cercato di comprendere in base alle leggi di formazione e strutturazione dei riflessi condizionati. Per noi, la nevrosi, in tutte le sue forme, è un processo legato a una perturbazione dell’apprendimento e della comunicazione, che sono incapaci di risolvere la resistenza al cambiamento. Così possiamo definire la terapia come un processo di ri-apprendimento, o nuovi apprendimenti, dove, risolte le situazioni nelle quali si sorregge la resistenza al cambiamento, si ottiene un adattamento. Per esempio, Robert White sostiene più o meno, lo stesso, ossia “la cosa cruciale, nel trattamento di una nevrosi, consiste nel creare condizioni nelle quali il paziente osi rivalutare le sue ansietà e a diminuire le difese. In questo consiste il tipo di esperienza emozionale veramente correttiva”.
Punti di vista simili hanno mantenuto Dollard e Miller, nel loro classico libro “Personalità e psicoterapia” (un’analisi in termini di apprendimento, pensiero e cultura). L’apprendimento è preso da noi dal punto di vista più semplice, come l’apprendimento del vincolo e della realtà, lettura della realtà. E Kimball Young, nella sua psicologia sociale, lo definisce così: “Chiamiamo apprendimento le modificazioni che risultano dall’impatto dell’ambiente esterno sull’individuo, l’apprendimento influisce su tre principali aspetti del processo adattativo: 1) sugli impulsi; 2) sugli oggetti; 3) sui mezzi che portano l’impulso all’obiettivo” (è ciò che noi chiamiamo vincolo). Young ha anche detto che la sede dell’apprendimento è il sistema nervoso centrale, specialmente nella corteccia cerebrale. J. Herryck, tra le altre cose, ha detto: “questa capacità di uno sviluppo individuale, questa abilità di sfruttare l’esperienza, questa docilità, sono caratteristiche distintive dell’uomo ed il suo tratto più prezioso”. Tornando a Young, possiamo dire con lui che: “i meccanismi di apprendimento sono universali nell’uomo, ma sono la società e la cultura a determinare, concretamente, ciò che si apprende”. L’apprendimento è soggetto, allora, a differenze quantitative e qualitative (intelligenza).
All’interno del processo dell’apprendimento i tipi di comunicazione verbale, preverbale e anche parapsicologica intervengono nella sua configurazione, alle quali si dovrebbe aggregare gli stimoli corporali che, secondo la nostra teoria, sono vincoli con oggetti internalizzati nel corpo, e che entrano a formare parte delle motivazioni coscienti e inconsce che sono incluse nel processo dell’apprendimento e che, in accordo alla partecipazione o al grado di motivazione, rendono l’apprendimento attivo o passivo. A questo si deve aggiungere la forma di ricompensa o i processi di incentivazione dell’apprendimento. Inteso così, l’apprendimento costituisce ciò che si denomina, volgarmente, l’esperienza.
L’acquisizione di nuovi modelli di stimolo-risposta (situazione basica di ogni apprendimento) è sempre influenzata e controllata non solamente dal sistema nervoso, ma anche dalle ghiandole endocrine, dalle condizioni generali del corpo, dalla quantità delle ansietà basiche, dal contesto familiare, ecc. Comporta sempre l’associazione tra elementi vecchi e nuovi, esistendo diversi tipi di apprendimento attivo, ed il più frequente essendo quello realizzato per tentativi ed errori, dove i sistemi di ricompensa e punizione sono fattori perturbanti dell’apprendimento e provocatori di nevrosi quando si aggiungono a perturbazioni della comunicazione e della meta-comunicazione. In altri tipi di apprendimento, per esempio quello di Pavlov o della risposta condizionata, si osserva la tecnica, che ha per oggetto ridurre il processo per tentativi ed errori alle sue forme più semplici, dove gli errori sono eliminati, eliminandosi così, un gran numero di falsi tentativi, e la azione si concentra nell’acquisizione della risposta corretta. Questo tipo di apprendimento deve essere permanentemente rinforzato affinché sia duraturo, e dipenderà anche dallo stato emotivo[1]. Menzioneremo, per ultimo, il tipo più complesso o più ‘elevato’ di apprendimento, che tocca più direttamente il nostro compito, ovvero l’apprendimento simbolico, che implica la manipolazione di simboli in forma ragionata e logica che costituiscono il processo del pensiero, che si basa sull’internalizzazione di tentativi esterni, nonché lo sviluppo del linguaggio, che è un prodotto sociale, ossia, un prodotto dell’interazione. In un processo di elaborazione interna, che è come parlare con se stessi – per noi sono vincoli con oggetti interni e del gruppo interno -, la comunicazione si realizza per l’impiego di simboli che sostituiscono gli oggetti, e di reazioni parziali che sostituiscono le risposte totali. In queste condizioni, il soggetto può manipolare il mondo della sua immaginazione, preparandosi ad un adattamento esterno più efficace, diremo operativo, che, per mezzo dei processi precedentemente descritti, potrà costruire il livello di pensiero cosciente e, influenzato dalle sue motivazioni inconsce, una strategia, una tattica e una logistica, le cui distorsioni costituiscono le nevrosi e la cui correzione è il compito della psicoterapia. Tutto questo accade attraverso l’area 1[2], il cui comportamento specifico è rappresentato dal pensiero. Il poter creare la pianificazione o anticipazione, rende possibile che l’uomo possa creare realmente il suo ambiente e, in questo modo, esercitare il controllo su di esso. Abbiamo detto, allora, che l’apprendimento è, in fondo, il processo di socializzazione. “La socializzazione, dice Johnson, è l’apprendimento che permette all’individuo di svolgere ruoli sociali”. Ciò significa che l’informazione che otteniamo come tecnici è strumentale di un ruolo sociale, è operativa nella misura in cui questa funzione sociale sia esercitata in un qui ed ora adeguato. L’operatività dipenderà dal soggetto e dal perfezionamento del suo strumento di lavoro. È l’apparato che funziona nella nostra mente, cioè l’ECRO (Schema Concettuale di Riferimento e Operativo), in cui la discriminazione occupa un luogo importante. Nel processo di socializzazione ciò che si apprende è la cultura, intendendo come cultura tutti i risultati ottenuti dal corpo umano fino a questo momento in direzioni più o meno specializzate, la cui tendenza è stata, a fine secolo scorso e nei primi 30 anni di questo secolo, la tendenza all’atomizzazione, ossia vivere l’esperienza cognitiva in specialità e diventare specialisti. Così, nell’attualità, si va da un’epistemologia specializzata ad un’epistemologia della confluenza, l’inter-scienza, che sono i gruppi interdisciplinari che si rialimentano considerevolmente per il loro contatto. Una volta costruito, con l’apprendimento e con la comunicazione, uno schema di riferimento per lavorare, questa operazione ha una fase preliminare che è chiamata ‘a priori’, in qualsiasi campo della scienza, e dove il risultato sarebbe l’‘a posteriori’. Ma l’apparente non relazione, non del tutto contraddizione, si risolve dialetticamente nella prassi, nella relazione tra teoria e pratica, dove l’‘a posteriori’ risulta essere un ‘a priori’ rialimentato dall’esperienza. E così continuamente in spirale.
La teoria e la pratica si risolvono in termini di azione, ciò che ci porta, di nuovo, alla frase di Marx: “trasformare la cosa in sé nella cosa per sé”.
Dice Tolman: “nello stesso modo che una mappa comune dell’oggetto internalizzato è un simbolo di qualcosa, l’oggetto in sé è esterno, nel senso che ha un’esistenza oggettiva socialmente riconosciuta”.
Se, qui, applichiamo la nozione di vincolo, di prassi, di apprendimento, di comunicazione e di cambiamento, sfociamo in una teoria della conoscenza.
Lo sviluppo del self è un processo di apprendimento che soffre una serie di vicissitudini in accordo al sesso, alla cultura, all’età, ecc. E lì si poggeranno processi che scopriremo nel trattamento delle nevrosi, come per esempio, tutti i processi in relazione all’autostima. Il famoso complesso di inferiorità descritto da Adler, è una perturbazione dell’autostima, che ha la sua storia e che deve essere compresa in termini di apprendimento e di comunicazione. L’apprendimento è l’apprendimento dei ruoli sociali. Il ruolo sociale è collegato molto strettamente con il sentimento di identità e così prendiamo contatto immediatamente con Sartre, con la nozione di ‘assumersi’, cioè, prendere partito, compromettersi. Il ricercatore è compromesso nel campo della ricerca e se lo si disconosce, questo costituisce un ostacolo epistemofilico che proviene dalla sua formazione precedente.
Note:
[1] Lo scritto originale riporta “mencional”, che non ha un significato in spagnolo. Le alternative potrebbero essere “mensional”, ossia “dimensionale” o, appunto, “emocional”, “emotivo”, che mi sembra più plausibile all’interno del contesto [ndt].
[2] Pichon-Rivière, pensa a tre ambiti spazio-temporali nei quali si può manifestare il comportamento, ossia tre aree nelle quali il soggetto può collocare i propri vincoli ed i propri oggetti: l’area 1, o area della mente; area 2, o area del corpo; area 3, o area del mondo esterno [ndt].
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