TRADOTTI
LA DEPRESSIONE REGRESSIVA
Lezione dettata dal Dr. Enrique Pichon-Rivière, il 18/07/1966 (Primo anno)
SCUOLA PRIVATA DI PSICHIATRIA SOCIALE, Lezione n. 10
(Il titolo originale della lezione, ripresa dal sito www.espiraldialectica.com, è “La depresión regresional” e la traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini)
Abbiamo detto nella lezione precedente che ci si ammala di amore e di odio, e abbiamo visto l’importanza che hanno le posizioni schizoparanoide e depressiva nel processo della malattia. Sappiamo, allo stesso modo, che la posizione schizoparanoide è strumentale e quella depressiva esperienziale o esistenziale.
L’ansia depressiva, che noi ritraduciamo come paura della perdita, è la privazione di una fonte di soddisfazione. L’importante è che si sia posto sopra questo oggetto, perso o distrutto, una carica affettiva che agisce come un vincolo tra l’io e l’oggetto, o quello che l’oggetto rappresenta. Ho avuto il caso di una schizofrenia comparsa a ragione della perdita di un gioiello, un cameo con il ritratto della madre. Non era un oggetto di gran valore ma, pensato in termini di psichiatria sociale, era la rappresentazione di tutto il suo gruppo familiare, perché era stato un oggetto ereditato, passato da generazione in generazione, e che rappresentava il nucleo familiare. Un oggetto così non è mai rimpiazzabile, per il fattore affettivo collocato in esso, e ha acquisito un significato antropomorfico, era già un simbolo del gruppo familiare. La perdita sembra insignificante, però può acquisire una grande drammaticità e portare il soggetto a una psicosi per il processo di regressione. Dalla situazione di perdita che Freud chiamava privazione del vincolo, la perdita del vincolo, il soggetto è regredito alla posizione 2 dello sviluppo, stabilendosi una depressione regressiva, vale a dire che per regressione si riattiva la depressione infantile.
Allora diciamo che ogni malattia mentale inizia con una depressione. E se osservate bene, questo accade anche nelle malattie organiche; per esempio, nella paralisi si ha un periodo che si caratterizza per la perdita di memoria, memoria lacunare. All’interno dell’amnesia è incluso il ricordo di un oggetto e la perdita dell’immagine dell’oggetto è come la perdita dell’oggetto reale. Dunque, ogni paralisi iniziava con un periodo di depressione e astenia, e questo periodo mi ha aiutato a studiare l’aspetto delle affezioni organiche, che è la perdita funzionale, come può essere la perdita della mano, o apparire per un delirio la paura dei fantasmi, o la perdita di qualsiasi cosa che serva come strumento per avvicinarsi all’oggetto. La mano più utilizzata per ritenere l’oggetto è la destra, quindi questo rappresenta la perdita del poter ritenere e prendere l’oggetto, perché si è perso lo strumento che rende possibile la ritenzione. La perdita può essere di un oggetto reale concreto.
In una veglia funebre vedete la reazione di depressione collettiva che, in alcuni casi, è seguita da un’emozione contraria di eccitazione ed euforia davanti allo stesso accadimento. Esistono alcuni rituali primitivi, come la sepoltura dell’‘Angelito’ (Angioletto) nel nord, nei quali si ha un periodo di pianto e dove si affittano le prefiche. Questo appare come un tentativo gruppale di superare la perdita attraverso la visita ai parenti, alla compagnia, con situazioni di affetto. Se chi muore è la madre vedova ed ha un figlio scapolo, questo può eleggere il suo oggetto d’amore quella notte. C’è una stretta relazione tra la vita e la morte e, soprattutto, con la rottura del cordone ombelicale. Tutto il gruppo cade in depressione, si parla del morto – ci sono alcune frasi celebri: “non siamo nulla” -, e all’alba iniziano le bevute, che terminano, a volte, in una vera festa. Tutto questo appare immorale, ma è fatto per superare la depressione. Non solamente appaiono situazioni di festa dopo il lutto, ma ogni conversazione inizia a girare attorno alla pornografia, e arrivano i racconti dell’alba, le bevande, ecc. Ora vogliono dare via il morto perché nessuno lo prende (da qui proviene il resuscitare i morti, che significa pagare o farsi carico del lutto). C’è sempre qualcuno che lo prende sul serio. Ricordo una frase che ho udito uscendo da uno di questi rituali di sepoltura dell’‘Angelito’. Avevano ballato ‘chamamé’[1] tutta la notte e uscivano tirando colpi all’aria, dicendo: “Mi piace perché è triste!”
Qui era condensato tutto: la tristezza, in realtà, gli aveva dato momenti di grande allegria. Questa è psichiatria popolare. Ogni sepoltura ha queste cose. Come, per esempio, assicurarsi che la tomba è stata ben chiusa e, per i dubbi, collocare in cima una lapide, che ha il contenuto inconscio di volere che il morto non esca. C’è una quantità di leggende che si trovano nel folklore di ogni paese, dei morti che escono dalle loro tombe: sono le anime che si vendicano, sono enti persecutori. Un malpensante potrebbe arrivare a pensare che il numero di persone ad un funerale sono proporzionali al grado di pericolosità di una possibile uscita del morto. Ora, questo accade su un piano totalmente inconscio e magico.
Quindi, la terza depressione è scatenante. Può essere la perdita di qualsiasi oggetto, per essere più generico, può essere la perdita di un vincolo con un oggetto. La perdita dell’identità, per esempio: il caso dei bambini adottati deve essere chiarito il più precocemente, appena il bambino mostri un piccolo dubbio sulla storia familiare. Tutti i bambini hanno i propri dubbi, allora si sfrutta quel momento per chiarire. Ho conosciuto il caso di una ragazza che, andando a correggere i documenti per sposarsi, è venuta a sapere di essere figlia adottiva, e ha fatto una grande depressione, dopo un delirio catatonico, e dopo ha sviluppato una schizofrenia. C’è stata una perdita improvvisa di identità, un inganno, una trappola molto grande, e una rottura del vincolo con i suoi genitori che erano stati vissuti come veri fino a quel momento.
Un altro esempio è la perdita dell’automobile: la persona proietta il suo schema corporale sull’automobile (tutte le patologie del conducente sono dovute a questo) che ci dà la possibilità di calcolare tempo e spazio in una maniera adeguata. Se c’è una perturbazione temporo-spaziale dello schema corporeo, ci sono perturbazioni nella gestione dell’automobile. Se l’automobile è graffiata entra in uno stato di ira. In realtà, si può vedere nell’automobile ogni patologia: se si sentono rumori, l’ipocondria; se si teme di andare vicino ad un’altra automobile, ansietà fobica; se per parcheggiarla in un posto specifico si fanno rituali speciali e si deve parcheggiarla precisamente, nevrosi ossessiva; se, senza aver ricevuto danno (ma essergli sembrato) si trova un graffio nella carrozzeria, fatto in un’altra occasione e per qualche motivo lo aggiudica al presente, paranoia; e se pensa che la sua automobile, sebbene piccola, sia la più grande del mondo: megalomania, che accompagna la persecuzione. Lo stesso è per quanto riguarda la gestione, la sicurezza, il freno, la potenza (in relazione con la potenza sessuale). I controfobici sono quei soggetti delle famose punture che, davanti alla paura di guidare, reagiscono con una struttura che si chiama controfobica (che fa il contrario) e che è ciò che converte alcuni fobici in eroi: invece di fuggire indietro, fuggono in avanti. Il controfobico va alla fonte del pericolo, alla fonte dell’ansietà, ma non per la ricerca del risultato. Generalmente, il fobico ha una difesa per la sua malattia, fuggire di nascosto dalla fonte di ansietà.
La protodepressione è la 1, la 2 è la depressione normale dello sviluppo, la 3 è la scatenante. Ciò che è più interessante è che, cercando antecedenti sulla malattia unica, Griesinger, un grande psichiatra del secolo passato, dice molto chiaramente che ogni malattia mentale inizia da una depressione, e postula la 3 in un modo molto chiaro, mentre le altre in modo un po’ più confuso. Sembrerebbe che avesse intuito questo processo dinamico.
La depressione che appare in 3, per la perdita di un vincolo con un oggetto, produce una regressione alla depressione 2, e configura una miscela di 2 e 3. 4 significa la riattivazione della depressione 2 non elaborata sufficientemente. Allora si torna ad un luogo già conosciuto, dove si è tentato un compito e dove si sono raggiunti alcuni risultati, e si torna a impiegare le tecniche che iniziarono l’elaborazione del lutto per la prima separazione che è lo svezzamento. Lo svezzamento può accadere anche in 3, non è necessario che il soggetto abbia pochi mesi. Lo svezzamento, in questo caso, è quello dei vecchi scapoli, che il giorno in cui muore la madre, sceglie una sposa alla stessa veglia funebre: si produce lo svezzamento e, nello stesso istante, la necessità di spostare su un’altra figura l’aspetto conseguente. Stava aspettando che morisse la madre per sposarsi. Quando si incontra un paziente con una profonda depressione, con un’inibizione che sta difendendo la distruzione dell’oggetto[2], i medici di solito sbagliano perché fanno la diagnosi di schizoidia, o di autismo, perché il paziente sta zitto. Però è triste, non è un autismo vuoto come quello dello schizofrenico. Quindi, si produce il primo meccanismo di splitting, di divisione dell’oggetto in termini di posizione schizoide. Dunque: prima ci sarebbe la protodepressione, poi la posizione schizoide e, dopo, quella depressiva, per configurare due vincoli, uno buono e l’altro cattivo, e qui si svolge tutto il processo patologico, e tutta la nosografia si caratterizza per il luogo dove si colloca il vincolo buono e quello cattivo, secondo le aree.
Nelle fobie, il vincolo buono e il cattivo si trovano nell’area 3, ed il meccanismo di difesa è l’evitamento, in cui tutta l’energia è messa al servizio dell’io per evitare che gli oggetti buoni e cattivi si uniscano, e che l’oggetto cattivo acquisisca una grande pericolosità e possa distruggere il buono. Se questo meccanismo di evitamento si ritualizza abbiamo la nevrosi ossessiva, che si incontra nell’area 1 e 3. Qui ha caratteristiche di rituale, e nell’area 1 il carattere di pensiero ossessivo, dove il soggetto sta cercando di fare in modo che non si mescolino le immagini (va in chiesa e davanti all’immagine della vergine gli vengono pensieri non santi, essendo la sua ossessione evitare questo).
Quindi, si riconosce la malattia per la possibilità di un’analisi topologica nelle tre aree, dove sono collocati l’oggetto buono e cattivo, che configurano tutte le strutture nevrotiche e psicotiche. Vale a dire che la posizione depressiva è la patogenetica, da dove partono tutte le difficoltà; la schizoide, in quanto funzionale, è un tentativo di cura della depressione (in una posizione patologica) per evitare così la sofferenza, la solitudine, la depressione e l’inibizione. Ossia, un tentativo di cura attraverso lo stesso processo della malattia.
La depressione 5, chiamata anche depressione iatrogena (che significa prodotta dal medico), si realizza per poter curarsi, poi per reintegrarsi deve tornare ad unire le parti al fine di acquisire insight, visione interiore, e passare da depressioni successive durante tutto il trattamento psicoterapeutico. Quindi, queste depressioni terapeutiche oscillano tra momenti di euforia e di fuga nella guarigione. La depressione 5 è inclusa nel processo terapeutico, quando si uniscono le parti scisse dell’io, acquisisce una visione unica e insight sull’identità.
Quando si dà un paziente per curato, non impieghiamo la parola guarigione, però quando le sue ansietà depressive e paranoidi sono arrivate ad un livello sufficientemente basso in modo che l’io possa permettersi di unirsi, si produce il processo di integrazione e di insight, di adattamento attivo alla realtà che, in termini della clinica comune, si chiama guarigione. Ma rimarrà sempre un residuo di ansietà operativa, perché senza paura della perdita e senza paura dell’attacco siamo esposti a qualsiasi cosa. Sempre rimane qualcosa che serve da segnale di allarme per ritenere se si è sul punto di perdere e per difendersi se si è sul punto di essere attaccati. L’intero compito della mente può essere focalizzato su questo: avere la finalità di preservare il buono e controllare il cattivo.
Note:
[1] Il chamamé è una manifestazione culturale che comprende uno stile di musica e di danza propri della provincia di Corrientes, in Argentina. Ha svolto un ruolo importante nell’evoluzione culturale del litorale argentino. (fonte: Wikipedia)
[2] Non si legge bene nell’originale.
SCUOLA PRIVATA DI PSICHIATRIA SOCIALE, Lezione n. 10
(Il titolo originale della lezione, ripresa dal sito www.espiraldialectica.com, è “La depresión regresional” e la traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini)
Abbiamo detto nella lezione precedente che ci si ammala di amore e di odio, e abbiamo visto l’importanza che hanno le posizioni schizoparanoide e depressiva nel processo della malattia. Sappiamo, allo stesso modo, che la posizione schizoparanoide è strumentale e quella depressiva esperienziale o esistenziale.
L’ansia depressiva, che noi ritraduciamo come paura della perdita, è la privazione di una fonte di soddisfazione. L’importante è che si sia posto sopra questo oggetto, perso o distrutto, una carica affettiva che agisce come un vincolo tra l’io e l’oggetto, o quello che l’oggetto rappresenta. Ho avuto il caso di una schizofrenia comparsa a ragione della perdita di un gioiello, un cameo con il ritratto della madre. Non era un oggetto di gran valore ma, pensato in termini di psichiatria sociale, era la rappresentazione di tutto il suo gruppo familiare, perché era stato un oggetto ereditato, passato da generazione in generazione, e che rappresentava il nucleo familiare. Un oggetto così non è mai rimpiazzabile, per il fattore affettivo collocato in esso, e ha acquisito un significato antropomorfico, era già un simbolo del gruppo familiare. La perdita sembra insignificante, però può acquisire una grande drammaticità e portare il soggetto a una psicosi per il processo di regressione. Dalla situazione di perdita che Freud chiamava privazione del vincolo, la perdita del vincolo, il soggetto è regredito alla posizione 2 dello sviluppo, stabilendosi una depressione regressiva, vale a dire che per regressione si riattiva la depressione infantile.
Allora diciamo che ogni malattia mentale inizia con una depressione. E se osservate bene, questo accade anche nelle malattie organiche; per esempio, nella paralisi si ha un periodo che si caratterizza per la perdita di memoria, memoria lacunare. All’interno dell’amnesia è incluso il ricordo di un oggetto e la perdita dell’immagine dell’oggetto è come la perdita dell’oggetto reale. Dunque, ogni paralisi iniziava con un periodo di depressione e astenia, e questo periodo mi ha aiutato a studiare l’aspetto delle affezioni organiche, che è la perdita funzionale, come può essere la perdita della mano, o apparire per un delirio la paura dei fantasmi, o la perdita di qualsiasi cosa che serva come strumento per avvicinarsi all’oggetto. La mano più utilizzata per ritenere l’oggetto è la destra, quindi questo rappresenta la perdita del poter ritenere e prendere l’oggetto, perché si è perso lo strumento che rende possibile la ritenzione. La perdita può essere di un oggetto reale concreto.
In una veglia funebre vedete la reazione di depressione collettiva che, in alcuni casi, è seguita da un’emozione contraria di eccitazione ed euforia davanti allo stesso accadimento. Esistono alcuni rituali primitivi, come la sepoltura dell’‘Angelito’ (Angioletto) nel nord, nei quali si ha un periodo di pianto e dove si affittano le prefiche. Questo appare come un tentativo gruppale di superare la perdita attraverso la visita ai parenti, alla compagnia, con situazioni di affetto. Se chi muore è la madre vedova ed ha un figlio scapolo, questo può eleggere il suo oggetto d’amore quella notte. C’è una stretta relazione tra la vita e la morte e, soprattutto, con la rottura del cordone ombelicale. Tutto il gruppo cade in depressione, si parla del morto – ci sono alcune frasi celebri: “non siamo nulla” -, e all’alba iniziano le bevute, che terminano, a volte, in una vera festa. Tutto questo appare immorale, ma è fatto per superare la depressione. Non solamente appaiono situazioni di festa dopo il lutto, ma ogni conversazione inizia a girare attorno alla pornografia, e arrivano i racconti dell’alba, le bevande, ecc. Ora vogliono dare via il morto perché nessuno lo prende (da qui proviene il resuscitare i morti, che significa pagare o farsi carico del lutto). C’è sempre qualcuno che lo prende sul serio. Ricordo una frase che ho udito uscendo da uno di questi rituali di sepoltura dell’‘Angelito’. Avevano ballato ‘chamamé’[1] tutta la notte e uscivano tirando colpi all’aria, dicendo: “Mi piace perché è triste!”
Qui era condensato tutto: la tristezza, in realtà, gli aveva dato momenti di grande allegria. Questa è psichiatria popolare. Ogni sepoltura ha queste cose. Come, per esempio, assicurarsi che la tomba è stata ben chiusa e, per i dubbi, collocare in cima una lapide, che ha il contenuto inconscio di volere che il morto non esca. C’è una quantità di leggende che si trovano nel folklore di ogni paese, dei morti che escono dalle loro tombe: sono le anime che si vendicano, sono enti persecutori. Un malpensante potrebbe arrivare a pensare che il numero di persone ad un funerale sono proporzionali al grado di pericolosità di una possibile uscita del morto. Ora, questo accade su un piano totalmente inconscio e magico.
Quindi, la terza depressione è scatenante. Può essere la perdita di qualsiasi oggetto, per essere più generico, può essere la perdita di un vincolo con un oggetto. La perdita dell’identità, per esempio: il caso dei bambini adottati deve essere chiarito il più precocemente, appena il bambino mostri un piccolo dubbio sulla storia familiare. Tutti i bambini hanno i propri dubbi, allora si sfrutta quel momento per chiarire. Ho conosciuto il caso di una ragazza che, andando a correggere i documenti per sposarsi, è venuta a sapere di essere figlia adottiva, e ha fatto una grande depressione, dopo un delirio catatonico, e dopo ha sviluppato una schizofrenia. C’è stata una perdita improvvisa di identità, un inganno, una trappola molto grande, e una rottura del vincolo con i suoi genitori che erano stati vissuti come veri fino a quel momento.
Un altro esempio è la perdita dell’automobile: la persona proietta il suo schema corporale sull’automobile (tutte le patologie del conducente sono dovute a questo) che ci dà la possibilità di calcolare tempo e spazio in una maniera adeguata. Se c’è una perturbazione temporo-spaziale dello schema corporeo, ci sono perturbazioni nella gestione dell’automobile. Se l’automobile è graffiata entra in uno stato di ira. In realtà, si può vedere nell’automobile ogni patologia: se si sentono rumori, l’ipocondria; se si teme di andare vicino ad un’altra automobile, ansietà fobica; se per parcheggiarla in un posto specifico si fanno rituali speciali e si deve parcheggiarla precisamente, nevrosi ossessiva; se, senza aver ricevuto danno (ma essergli sembrato) si trova un graffio nella carrozzeria, fatto in un’altra occasione e per qualche motivo lo aggiudica al presente, paranoia; e se pensa che la sua automobile, sebbene piccola, sia la più grande del mondo: megalomania, che accompagna la persecuzione. Lo stesso è per quanto riguarda la gestione, la sicurezza, il freno, la potenza (in relazione con la potenza sessuale). I controfobici sono quei soggetti delle famose punture che, davanti alla paura di guidare, reagiscono con una struttura che si chiama controfobica (che fa il contrario) e che è ciò che converte alcuni fobici in eroi: invece di fuggire indietro, fuggono in avanti. Il controfobico va alla fonte del pericolo, alla fonte dell’ansietà, ma non per la ricerca del risultato. Generalmente, il fobico ha una difesa per la sua malattia, fuggire di nascosto dalla fonte di ansietà.
La protodepressione è la 1, la 2 è la depressione normale dello sviluppo, la 3 è la scatenante. Ciò che è più interessante è che, cercando antecedenti sulla malattia unica, Griesinger, un grande psichiatra del secolo passato, dice molto chiaramente che ogni malattia mentale inizia da una depressione, e postula la 3 in un modo molto chiaro, mentre le altre in modo un po’ più confuso. Sembrerebbe che avesse intuito questo processo dinamico.
La depressione che appare in 3, per la perdita di un vincolo con un oggetto, produce una regressione alla depressione 2, e configura una miscela di 2 e 3. 4 significa la riattivazione della depressione 2 non elaborata sufficientemente. Allora si torna ad un luogo già conosciuto, dove si è tentato un compito e dove si sono raggiunti alcuni risultati, e si torna a impiegare le tecniche che iniziarono l’elaborazione del lutto per la prima separazione che è lo svezzamento. Lo svezzamento può accadere anche in 3, non è necessario che il soggetto abbia pochi mesi. Lo svezzamento, in questo caso, è quello dei vecchi scapoli, che il giorno in cui muore la madre, sceglie una sposa alla stessa veglia funebre: si produce lo svezzamento e, nello stesso istante, la necessità di spostare su un’altra figura l’aspetto conseguente. Stava aspettando che morisse la madre per sposarsi. Quando si incontra un paziente con una profonda depressione, con un’inibizione che sta difendendo la distruzione dell’oggetto[2], i medici di solito sbagliano perché fanno la diagnosi di schizoidia, o di autismo, perché il paziente sta zitto. Però è triste, non è un autismo vuoto come quello dello schizofrenico. Quindi, si produce il primo meccanismo di splitting, di divisione dell’oggetto in termini di posizione schizoide. Dunque: prima ci sarebbe la protodepressione, poi la posizione schizoide e, dopo, quella depressiva, per configurare due vincoli, uno buono e l’altro cattivo, e qui si svolge tutto il processo patologico, e tutta la nosografia si caratterizza per il luogo dove si colloca il vincolo buono e quello cattivo, secondo le aree.
Nelle fobie, il vincolo buono e il cattivo si trovano nell’area 3, ed il meccanismo di difesa è l’evitamento, in cui tutta l’energia è messa al servizio dell’io per evitare che gli oggetti buoni e cattivi si uniscano, e che l’oggetto cattivo acquisisca una grande pericolosità e possa distruggere il buono. Se questo meccanismo di evitamento si ritualizza abbiamo la nevrosi ossessiva, che si incontra nell’area 1 e 3. Qui ha caratteristiche di rituale, e nell’area 1 il carattere di pensiero ossessivo, dove il soggetto sta cercando di fare in modo che non si mescolino le immagini (va in chiesa e davanti all’immagine della vergine gli vengono pensieri non santi, essendo la sua ossessione evitare questo).
Quindi, si riconosce la malattia per la possibilità di un’analisi topologica nelle tre aree, dove sono collocati l’oggetto buono e cattivo, che configurano tutte le strutture nevrotiche e psicotiche. Vale a dire che la posizione depressiva è la patogenetica, da dove partono tutte le difficoltà; la schizoide, in quanto funzionale, è un tentativo di cura della depressione (in una posizione patologica) per evitare così la sofferenza, la solitudine, la depressione e l’inibizione. Ossia, un tentativo di cura attraverso lo stesso processo della malattia.
La depressione 5, chiamata anche depressione iatrogena (che significa prodotta dal medico), si realizza per poter curarsi, poi per reintegrarsi deve tornare ad unire le parti al fine di acquisire insight, visione interiore, e passare da depressioni successive durante tutto il trattamento psicoterapeutico. Quindi, queste depressioni terapeutiche oscillano tra momenti di euforia e di fuga nella guarigione. La depressione 5 è inclusa nel processo terapeutico, quando si uniscono le parti scisse dell’io, acquisisce una visione unica e insight sull’identità.
Quando si dà un paziente per curato, non impieghiamo la parola guarigione, però quando le sue ansietà depressive e paranoidi sono arrivate ad un livello sufficientemente basso in modo che l’io possa permettersi di unirsi, si produce il processo di integrazione e di insight, di adattamento attivo alla realtà che, in termini della clinica comune, si chiama guarigione. Ma rimarrà sempre un residuo di ansietà operativa, perché senza paura della perdita e senza paura dell’attacco siamo esposti a qualsiasi cosa. Sempre rimane qualcosa che serve da segnale di allarme per ritenere se si è sul punto di perdere e per difendersi se si è sul punto di essere attaccati. L’intero compito della mente può essere focalizzato su questo: avere la finalità di preservare il buono e controllare il cattivo.
Note:
[1] Il chamamé è una manifestazione culturale che comprende uno stile di musica e di danza propri della provincia di Corrientes, in Argentina. Ha svolto un ruolo importante nell’evoluzione culturale del litorale argentino. (fonte: Wikipedia)
[2] Non si legge bene nell’originale.
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