TRADOTTI
LA TEORIA DEI RUOLI: IL RUOLO DEL TERZO E DELL'ADOLESCENTE
Lezione dettata dal Dr. Enrique Pichon-Rivière, il 13/06/1966 (Primo anno)
SCUOLA PRIVATA DI PSICHIATRIA SOCIALE, Lezione n. 6
(Il titolo originale della lezione, ripresa dal sito www.espiraldialectica.com, è “La teoría de los roles: el rol del tercero y del adolescente” e la traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini)
Le difficoltà con il complesso di Edipo sono assolutamente giustificate perché sorgono una serie di metamorfosi, in quei vincoli, che sono molto importanti da indagare, dato che sono la materia dell’analisi: la sostanza con la quale si lavora, il materiale di interpretazione. L’interpretazione è, alla fine dei conti, il riconoscimento del ruolo che il terzo gioca in una struttura totale. Centriamo gran parte della patologia sul funzionamento di questo personaggio, sempre esistente e molto poco segnalato (molto negato) che funziona costantemente come un essere animato o inanimato, come istituzione o come cultura e che rappresenta una barriera, una difficoltà, una norma o una motivazione, e che può partire dall’emittente, dal canale o dal messaggio.
Vale a dire che questa prima definizione, molto sintetica, del fatto che ogni vincolo umano è bicorporale e tripersonale, è il punto di partenza. Il problema è collocare il terzo. Quindi, c’è un personaggio dentro di noi che è permanentemente ricercato. Se riportiamo questo all’aspetto vocazionale, potremmo dire che la nostra vocazione per la psicologia ha qualche somiglianza con l’atteggiamento del detective, che ha per missione la ricerca di chi ha causato un danno particolare, che agisce come terzo e perturbatore del vincolo.
Possono esistere vari vincoli in una struttura. Qualcuno può fare un danno contro una famiglia, ma il danno, in ultima istanza, è diretto al vincolo principale, cioè il vincolo dei genitori.
Il terzo interferisce o ruba, danneggia un vincolo che, idealmente, dovrebbe essere perfetto e non includere questo personaggio maledetto. Questo causa rituali e cerimoniali di ogni tipo, come è l’ingenua illusione degli sposi, che fanno un viaggio di nozze credendo di lasciare il terzo alla stazione.
Ogni nostro processo di pensiero e di discriminazione è influenzato da questa situazione, come una Gestalt permanente, in qualsiasi attività. Si veda in politica, per esempio, come c’è un terzo che sta a distanza e che gestisce la situazione politica del paese.
Ciò significa che ci sono terzi presenti realmente, terzi internalizzati che funzionano nella mente, come Super-io e come valori. Questo fatto lo vediamo tanto al cinema come al teatro e nel romanzo. Soprattutto dei giovani scrittori francesi. C’è un romanzo di Grillet che si chiama “Gelosia”, dove il terzo è presente per la sua assenza, come un paradosso. Lì si descrive l’atteggiamento della moglie e mai quella del terzo.
In fondo, ogni processo mentale ha la funzione di preservare il buono e controllare il cattivo.
Il problema della suocera è un tipico problema del terzo. Ma non si parla in termini di ruoli. I reclami che provengono dalle suocere avvengono perché un ruolo determinato è stato rimosso, ciò che è comprensibile dal punto di vista sociale.
È incredibile l’effetto che fa un’interpretazione di gruppo in termini di ruoli; collocare le persone nel loro vero ruolo e vedere in che maniera giocano un ruolo che non corrisponde loro e come viene perturbata una situazione da una confusione di ruoli.
Anche la spiegazione attuale dell’omosessualità è che c’è una confusione di ruoli (ruolo maschile e femminile) attraverso identificazioni precoci incrociate. Poiché l’aumento in questa epoca dell’omosessualità è dovuto al fatto che c’è una paura di base, un’insicurezza, che obbliga il soggetto ad aggrapparsi ad un ruolo a volte sbagliato, ma che può arrivare ad essere molto operativo, come nel caso dell’omosessuale, che non perde la madre perché si identifica con essa, e placa il padre sessualmente.
Nella patologia, per esempio, in un’idea delirante, fino a circa dieci anni fa non esisteva in tutta la letteratura mondiale nessun lavoro che si occupasse del comportamento degli oggetti buoni in una struttura delirante, per esempio, in cui tutto fosse persecuzione. Ma in qualsiasi struttura delirante c’è un "vincolo buono" con il quale il soggetto si identifica e ottiene così di fare una difesa, per esempio la megalomania, che è tanto o più importante dell’atteggiamento persecutorio, dal momento che il soggetto si cura da una psicosi nella misura in cui ricostruisce o ripara le vie di comunicazione e l’invio di messaggi attraverso il vincolo buono. Vale a dire che, rafforzando il buono, il cattivo tende a sfumarsi.
Prima mi hanno fatto una domanda: il terzo cattivo può acquisire funzioni buone? Questa è una variabile che complica enormemente la situazione. Fenomenologicamente, sembrerebbe di sì, ma si tratta di problemi di appagamento quantitativo. Vale a dire che diminuisce la sua pericolosità, ma questo è l’inizio della trama e della cospirazione. L’oggetto cattivo è demagogico e configura il piano per esercitare, dopo, una leadership autocratica. Dobbiamo ricordare che Kurt Lewin ha studiato tre tipi di leadership, di gruppi, di comunità e, in base alla leadership che ciascun gruppo ha, il gruppo avrà caratteristiche speciali. Per esempio, il primo che mi sovviene, perché lo abbiamo, è la leadership del "laissez-faire", che è simbolizzata dalla tartaruga nelle manifestazioni popolari. Cioè, la lentezza, il lasciar fare, l’attendere.
Quando Nixon stava arrivando nel paese, Life ci incaricò di fare un’inchiesta sulla previsione dell’atteggiamento argentino a proposito dell’arrivo di Nixon. Ci siamo scontrati, qui, con ciò che tutti sanno. L’Argentina aveva il massimo di atteggiamento anti-imperialista e, dall’altro lato, il massimo di dipendenza dal dollaro. Questa è la famosa vivacità creola.
Assistiamo, qui, ad una vecchia discussione tra psicologi, sociologi ed economisti sul fatto se esista un carattere nazionale, cioè un comune denominatore dell’agire delle persone di ciascun paese, che abbiamo chiamato il “non si scherza”, “lascialo per domani”, che sembra essere una caratteristica nostra, sicuramente ereditata dagli spagnoli e questi dagli arabi. È lo stesso che accade con le malattie veneree: i francesi hanno chiamato la sifilide, la malattia italiana, gli italiani la malattia francese, i tedeschi l’hanno chiamata la malattia inglese, ecc. Questo è molto importante per studiare i vincoli internazionali.
Il terzo, che si trasforma un po’ nell’ideologia di questa scuola, è quello che ci rende possibile comprendere i fenomeni dall’individuale al sociale. Non possiamo comprendere i problemi sociali senza l’inclusione di un personaggio di questo tipo e senza fare un passaggio lento e non discontinuo tra la psicologia individuale, quella sociale e la sociologia. Queste fessure sono luoghi di lotte cruente, dove la grande maggioranza del tempo è utilizzato nella divisione dei campi per non assumere un buon agrimensore.
Abbiamo visto, precedentemente, come in ciascun vertice del triangolo si aggruppino personaggi con caratteristiche speciali. Per esempio, insieme al figlio ci sono i fratelli o i figli di altri o, altrimenti, la generazione di questi figli. Ecco perché il problema dell’adolescenza è stato agitato e messo in discussione, ma sempre mal affrontato perché si affrontava l’adolescente senza tenere in considerazione l’immensa quantità di adolescenti che esistono nel mondo. Questi formano uno strato sociale che tende ad avere uno status sociale, ideologie particolari e che interpretati individualmente non hanno senso perché sono fenomeni collettivi.
I conflitti sono generazionali, dove le ideologie dei genitori entrano in collisione con quella dei figli, ora più che in qualsiasi altra epoca. Si può solamente intendere nel senso che non è l’ideologia di quell’adolescente contro suo padre, come si interpreta in un’analisi individuale, ma quella del gruppo che rappresenta. Gruppi di pressione, come sono le bande, per esempio, che acquisiscono forza per il fatto di essere uniti da un leader e in strati sociali.
Qui si sono sempre avute difficoltà con l’adolescente, che è stato incluso in altri gruppi con il proposito di impedire che abbia la sua ideologia come adolescente. Per esempio, mai è esistito nel paese un servizio psichiatrico per adolescenti. Vedendo le statistiche dell’UNESCO (io che all'epoca ero quasi un adolescente) accadde che nell’ospedale si è potuto fare un servizio di questo tipo. Tutti mi dicevano che non avrei avuto adolescenti. Ma riuscì a farmi dare un capannone e il primo giorno ho scoperto 40 adolescenti mescolati con anziani, per esempio. In una settimana il servizio già era coperto e lavoravamo lì in 32 medici, unico caso nell’ospizio. Il tema era appassionante ma creò una grande resistenza ed il governo di allora voleva prendere il servizio perché, giustamente, quella è l’età in cui è più facile politicizzare.
Lì, abbiamo potuto studiare fenomeni gruppali e mai abbiamo fatto alcuna diagnosi individuale, bensì gruppale e familiare. Mai abbiamo dato un permesso di uscita senza fare prima un colloquio familiare, e lì abbiamo visto l’operatività che ha un giovane con iniziativa, operatività che la cultura si incarica di potare.
Poi sono stato a New York, nel Baby Hospital, dove si trova Lauretta Bender (che si è molto occupata di adolescenti) e lì ho visto che gli adolescenti stavano con i bambini e in Francia stavano con gli adulti. Vale a dire che questa età tanto critica e che tanti problemi comporta, non è stata mai integrata come una situazione gruppale, sociale e patrimonio della psicologia sociale. All’analizzare individualmente un adolescente, il terapeuta non può avere un’idea delle interrelazioni che possono esistere tra essi.
Inoltre, prima che uscissi dal servizio, in una settimana e con tecniche operative (lì ho realmente scoperto i gruppi operativi), abbiamo trasformato i malati che si trovavano in migliori condizioni, nei migliori infermieri dell’ospedale.
Questa età è la più importante dal punto di vista terapeutico perché il nostro compito terapeutico è trasformare un adolescente in un adulto, anche se avesse 70 anni. Cioè, assumere il ruolo, la responsabilità da adulto, che è un atteggiamento attivo di fronte al mondo. Nella misura in cui questo trasforma il mondo, si trasforma lui, ossia in un atteggiamento dialettico permanente.
Pertanto si sono stabiliti tutti i mezzi per ostacolare l’adolescente, non considerandolo come struttura, come gruppo. Gli studi sulle bande hanno fatto un po’ di luce su questo. È comune leggere lavori che descrivono tutto questo processo: come si organizza una banda che ha una sensazione molto grande di debolezza, di sfiducia e incertezza, come si uniscono per darsi appoggio, il leader che si fa esecutivo, e come passano da una passività totale ad un’ostilità senza limiti, spesso come reazione di fronte alla considerazione che gli adulti hanno di loro.
Nell’ambiente familiare non è considerato né bambino e né adulto, si danno ruoli di ambedue con una grande tendenza a femminilizzarlo. Allora questo deve essere studiato come se l’adolescente è l’1, la famiglia è 2 e lo stato è 3: la situazione triangolare.
Questo non è per il trattamento individuale dei pazienti. Io mi attendo che ad occuparsene siano psichiatri sociali che lavorano con unità più grandi, con maggiori necessità, perché la terapia di gruppo e quella individuale pongono in gioco meccanismi differenti.
L’adattamento sociale è raggiunto molto di più nella terapia di gruppo, ed il trattamento individuale può durare tanti anni quanti ne ha il paziente. Si deve anche vedere, nel paziente unico, il gruppo che sta funzionando dentro. Perché tutti sono abitati. In realtà, non ci sono alloggi gratuiti ma piuttosto sgomberi forzati.
È che siamo abitati permanentemente, vigilati da dentro e proiettati fuori nelle istituzioni che rappresentano la nostra situazione interna. Solamente così possiamo capire tutto ciò che riguarda l’adolescente e la sua ribellione tendente a conseguire uno status.
Ci sono anche altri gruppi minoritari, come gli omosessuali, che hanno richiesto leggi e ordinanze speciali, come se fossero minoranze segregate. Ciò significa che, in un’epoca dove si tende ad unificare le relazioni umane, d’altro lato, c’è una tendenza a ridurre ogni tipo di associazione, che sia per età, per sesso, ecc.
Curare un adulto è curare un resto di adolescente e curare un adolescente è curarlo della sua infanzia. Curare un bambino sarà curarlo dal suo periodo intrauterino.
Ma, soprattutto, l’adolescenza deve centrare la terapia nello studio della relazione con gli altri, le prime esperienze, le ideologie ed il conflitto generazionale che è universale.
SCUOLA PRIVATA DI PSICHIATRIA SOCIALE, Lezione n. 6
(Il titolo originale della lezione, ripresa dal sito www.espiraldialectica.com, è “La teoría de los roles: el rol del tercero y del adolescente” e la traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini)
Le difficoltà con il complesso di Edipo sono assolutamente giustificate perché sorgono una serie di metamorfosi, in quei vincoli, che sono molto importanti da indagare, dato che sono la materia dell’analisi: la sostanza con la quale si lavora, il materiale di interpretazione. L’interpretazione è, alla fine dei conti, il riconoscimento del ruolo che il terzo gioca in una struttura totale. Centriamo gran parte della patologia sul funzionamento di questo personaggio, sempre esistente e molto poco segnalato (molto negato) che funziona costantemente come un essere animato o inanimato, come istituzione o come cultura e che rappresenta una barriera, una difficoltà, una norma o una motivazione, e che può partire dall’emittente, dal canale o dal messaggio.
Vale a dire che questa prima definizione, molto sintetica, del fatto che ogni vincolo umano è bicorporale e tripersonale, è il punto di partenza. Il problema è collocare il terzo. Quindi, c’è un personaggio dentro di noi che è permanentemente ricercato. Se riportiamo questo all’aspetto vocazionale, potremmo dire che la nostra vocazione per la psicologia ha qualche somiglianza con l’atteggiamento del detective, che ha per missione la ricerca di chi ha causato un danno particolare, che agisce come terzo e perturbatore del vincolo.
Possono esistere vari vincoli in una struttura. Qualcuno può fare un danno contro una famiglia, ma il danno, in ultima istanza, è diretto al vincolo principale, cioè il vincolo dei genitori.
Il terzo interferisce o ruba, danneggia un vincolo che, idealmente, dovrebbe essere perfetto e non includere questo personaggio maledetto. Questo causa rituali e cerimoniali di ogni tipo, come è l’ingenua illusione degli sposi, che fanno un viaggio di nozze credendo di lasciare il terzo alla stazione.
Ogni nostro processo di pensiero e di discriminazione è influenzato da questa situazione, come una Gestalt permanente, in qualsiasi attività. Si veda in politica, per esempio, come c’è un terzo che sta a distanza e che gestisce la situazione politica del paese.
Ciò significa che ci sono terzi presenti realmente, terzi internalizzati che funzionano nella mente, come Super-io e come valori. Questo fatto lo vediamo tanto al cinema come al teatro e nel romanzo. Soprattutto dei giovani scrittori francesi. C’è un romanzo di Grillet che si chiama “Gelosia”, dove il terzo è presente per la sua assenza, come un paradosso. Lì si descrive l’atteggiamento della moglie e mai quella del terzo.
In fondo, ogni processo mentale ha la funzione di preservare il buono e controllare il cattivo.
Il problema della suocera è un tipico problema del terzo. Ma non si parla in termini di ruoli. I reclami che provengono dalle suocere avvengono perché un ruolo determinato è stato rimosso, ciò che è comprensibile dal punto di vista sociale.
È incredibile l’effetto che fa un’interpretazione di gruppo in termini di ruoli; collocare le persone nel loro vero ruolo e vedere in che maniera giocano un ruolo che non corrisponde loro e come viene perturbata una situazione da una confusione di ruoli.
Anche la spiegazione attuale dell’omosessualità è che c’è una confusione di ruoli (ruolo maschile e femminile) attraverso identificazioni precoci incrociate. Poiché l’aumento in questa epoca dell’omosessualità è dovuto al fatto che c’è una paura di base, un’insicurezza, che obbliga il soggetto ad aggrapparsi ad un ruolo a volte sbagliato, ma che può arrivare ad essere molto operativo, come nel caso dell’omosessuale, che non perde la madre perché si identifica con essa, e placa il padre sessualmente.
Nella patologia, per esempio, in un’idea delirante, fino a circa dieci anni fa non esisteva in tutta la letteratura mondiale nessun lavoro che si occupasse del comportamento degli oggetti buoni in una struttura delirante, per esempio, in cui tutto fosse persecuzione. Ma in qualsiasi struttura delirante c’è un "vincolo buono" con il quale il soggetto si identifica e ottiene così di fare una difesa, per esempio la megalomania, che è tanto o più importante dell’atteggiamento persecutorio, dal momento che il soggetto si cura da una psicosi nella misura in cui ricostruisce o ripara le vie di comunicazione e l’invio di messaggi attraverso il vincolo buono. Vale a dire che, rafforzando il buono, il cattivo tende a sfumarsi.
Prima mi hanno fatto una domanda: il terzo cattivo può acquisire funzioni buone? Questa è una variabile che complica enormemente la situazione. Fenomenologicamente, sembrerebbe di sì, ma si tratta di problemi di appagamento quantitativo. Vale a dire che diminuisce la sua pericolosità, ma questo è l’inizio della trama e della cospirazione. L’oggetto cattivo è demagogico e configura il piano per esercitare, dopo, una leadership autocratica. Dobbiamo ricordare che Kurt Lewin ha studiato tre tipi di leadership, di gruppi, di comunità e, in base alla leadership che ciascun gruppo ha, il gruppo avrà caratteristiche speciali. Per esempio, il primo che mi sovviene, perché lo abbiamo, è la leadership del "laissez-faire", che è simbolizzata dalla tartaruga nelle manifestazioni popolari. Cioè, la lentezza, il lasciar fare, l’attendere.
Quando Nixon stava arrivando nel paese, Life ci incaricò di fare un’inchiesta sulla previsione dell’atteggiamento argentino a proposito dell’arrivo di Nixon. Ci siamo scontrati, qui, con ciò che tutti sanno. L’Argentina aveva il massimo di atteggiamento anti-imperialista e, dall’altro lato, il massimo di dipendenza dal dollaro. Questa è la famosa vivacità creola.
Assistiamo, qui, ad una vecchia discussione tra psicologi, sociologi ed economisti sul fatto se esista un carattere nazionale, cioè un comune denominatore dell’agire delle persone di ciascun paese, che abbiamo chiamato il “non si scherza”, “lascialo per domani”, che sembra essere una caratteristica nostra, sicuramente ereditata dagli spagnoli e questi dagli arabi. È lo stesso che accade con le malattie veneree: i francesi hanno chiamato la sifilide, la malattia italiana, gli italiani la malattia francese, i tedeschi l’hanno chiamata la malattia inglese, ecc. Questo è molto importante per studiare i vincoli internazionali.
Il terzo, che si trasforma un po’ nell’ideologia di questa scuola, è quello che ci rende possibile comprendere i fenomeni dall’individuale al sociale. Non possiamo comprendere i problemi sociali senza l’inclusione di un personaggio di questo tipo e senza fare un passaggio lento e non discontinuo tra la psicologia individuale, quella sociale e la sociologia. Queste fessure sono luoghi di lotte cruente, dove la grande maggioranza del tempo è utilizzato nella divisione dei campi per non assumere un buon agrimensore.
Abbiamo visto, precedentemente, come in ciascun vertice del triangolo si aggruppino personaggi con caratteristiche speciali. Per esempio, insieme al figlio ci sono i fratelli o i figli di altri o, altrimenti, la generazione di questi figli. Ecco perché il problema dell’adolescenza è stato agitato e messo in discussione, ma sempre mal affrontato perché si affrontava l’adolescente senza tenere in considerazione l’immensa quantità di adolescenti che esistono nel mondo. Questi formano uno strato sociale che tende ad avere uno status sociale, ideologie particolari e che interpretati individualmente non hanno senso perché sono fenomeni collettivi.
I conflitti sono generazionali, dove le ideologie dei genitori entrano in collisione con quella dei figli, ora più che in qualsiasi altra epoca. Si può solamente intendere nel senso che non è l’ideologia di quell’adolescente contro suo padre, come si interpreta in un’analisi individuale, ma quella del gruppo che rappresenta. Gruppi di pressione, come sono le bande, per esempio, che acquisiscono forza per il fatto di essere uniti da un leader e in strati sociali.
Qui si sono sempre avute difficoltà con l’adolescente, che è stato incluso in altri gruppi con il proposito di impedire che abbia la sua ideologia come adolescente. Per esempio, mai è esistito nel paese un servizio psichiatrico per adolescenti. Vedendo le statistiche dell’UNESCO (io che all'epoca ero quasi un adolescente) accadde che nell’ospedale si è potuto fare un servizio di questo tipo. Tutti mi dicevano che non avrei avuto adolescenti. Ma riuscì a farmi dare un capannone e il primo giorno ho scoperto 40 adolescenti mescolati con anziani, per esempio. In una settimana il servizio già era coperto e lavoravamo lì in 32 medici, unico caso nell’ospizio. Il tema era appassionante ma creò una grande resistenza ed il governo di allora voleva prendere il servizio perché, giustamente, quella è l’età in cui è più facile politicizzare.
Lì, abbiamo potuto studiare fenomeni gruppali e mai abbiamo fatto alcuna diagnosi individuale, bensì gruppale e familiare. Mai abbiamo dato un permesso di uscita senza fare prima un colloquio familiare, e lì abbiamo visto l’operatività che ha un giovane con iniziativa, operatività che la cultura si incarica di potare.
Poi sono stato a New York, nel Baby Hospital, dove si trova Lauretta Bender (che si è molto occupata di adolescenti) e lì ho visto che gli adolescenti stavano con i bambini e in Francia stavano con gli adulti. Vale a dire che questa età tanto critica e che tanti problemi comporta, non è stata mai integrata come una situazione gruppale, sociale e patrimonio della psicologia sociale. All’analizzare individualmente un adolescente, il terapeuta non può avere un’idea delle interrelazioni che possono esistere tra essi.
Inoltre, prima che uscissi dal servizio, in una settimana e con tecniche operative (lì ho realmente scoperto i gruppi operativi), abbiamo trasformato i malati che si trovavano in migliori condizioni, nei migliori infermieri dell’ospedale.
Questa età è la più importante dal punto di vista terapeutico perché il nostro compito terapeutico è trasformare un adolescente in un adulto, anche se avesse 70 anni. Cioè, assumere il ruolo, la responsabilità da adulto, che è un atteggiamento attivo di fronte al mondo. Nella misura in cui questo trasforma il mondo, si trasforma lui, ossia in un atteggiamento dialettico permanente.
Pertanto si sono stabiliti tutti i mezzi per ostacolare l’adolescente, non considerandolo come struttura, come gruppo. Gli studi sulle bande hanno fatto un po’ di luce su questo. È comune leggere lavori che descrivono tutto questo processo: come si organizza una banda che ha una sensazione molto grande di debolezza, di sfiducia e incertezza, come si uniscono per darsi appoggio, il leader che si fa esecutivo, e come passano da una passività totale ad un’ostilità senza limiti, spesso come reazione di fronte alla considerazione che gli adulti hanno di loro.
Nell’ambiente familiare non è considerato né bambino e né adulto, si danno ruoli di ambedue con una grande tendenza a femminilizzarlo. Allora questo deve essere studiato come se l’adolescente è l’1, la famiglia è 2 e lo stato è 3: la situazione triangolare.
Questo non è per il trattamento individuale dei pazienti. Io mi attendo che ad occuparsene siano psichiatri sociali che lavorano con unità più grandi, con maggiori necessità, perché la terapia di gruppo e quella individuale pongono in gioco meccanismi differenti.
L’adattamento sociale è raggiunto molto di più nella terapia di gruppo, ed il trattamento individuale può durare tanti anni quanti ne ha il paziente. Si deve anche vedere, nel paziente unico, il gruppo che sta funzionando dentro. Perché tutti sono abitati. In realtà, non ci sono alloggi gratuiti ma piuttosto sgomberi forzati.
È che siamo abitati permanentemente, vigilati da dentro e proiettati fuori nelle istituzioni che rappresentano la nostra situazione interna. Solamente così possiamo capire tutto ciò che riguarda l’adolescente e la sua ribellione tendente a conseguire uno status.
Ci sono anche altri gruppi minoritari, come gli omosessuali, che hanno richiesto leggi e ordinanze speciali, come se fossero minoranze segregate. Ciò significa che, in un’epoca dove si tende ad unificare le relazioni umane, d’altro lato, c’è una tendenza a ridurre ogni tipo di associazione, che sia per età, per sesso, ecc.
Curare un adulto è curare un resto di adolescente e curare un adolescente è curarlo della sua infanzia. Curare un bambino sarà curarlo dal suo periodo intrauterino.
Ma, soprattutto, l’adolescenza deve centrare la terapia nello studio della relazione con gli altri, le prime esperienze, le ideologie ed il conflitto generazionale che è universale.
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