TRADOTTI
L’IDENTITÀ DELL’ADOLESCENTE: FONDAMENTI E TIPICITÀ
di Josè Bleger
In questo contributo si sostiene che i fondamenti dell’identità non risiedono nelle strutture od organizzazioni psicologiche più evolute e consolidate ma nella continuità o nel mantenimento di una struttura sulla quale quelle si edificano e che, per le loro caratteristiche, denomino struttura sinciziale.
Quando si dice che l’identità si riassume nella formulazione di “io sono io”, si deve aggiungere che affinché “io sia io”, il non-io deve rimanere fisso. In una certa misura l’identità risiede nel non-io o quello che è chiamato io sincretico.
Questa affermazione è legata ad un concetto della personalità che mette fondamentalmente in discussione lo schema solipsista di questo, della sua genesi e del suo sviluppo; la concezione più comune ammette che l’identità si configura con le strutture più evolute, più consolidate, persistenti e durature e che l’essere umano è un’entità autonoma e indipendente dall’ambiente e dagli altri esseri umani con i quali entra in relazione gradualmente e progressivamente. Allo stesso modo, la genesi della personalità è concepita partendo da un’entità autonoma che a poco a poco si connette e si rapporta con altre persone e con l’ambiente. L’identità è così una specie di precipitato o decantazione interiorizzata delle molteplici relazioni interpersonali o esperienze del soggetto. Al contrario, qui si postula che uno stato di non discriminazione, non differenziazione o fusione, caratterizza i primi stadi dello sviluppo o delle organizzazioni più primitive, in modo tale che il problema dell’individuazione, della personificazione e dell’identità non consiste nel come “connettersi” o relazionarsi con altre persone e con l’ambiente ma nel come “disconnettersi” partendo da questa fusione primitiva ed organizzare un altro tipo di connessione o di relazione. Quella fusione o struttura sinciziale, caratterizzata dalla non discriminazione, persiste in parte durante tutto il corso della vita e dalla sua permanenza o non variazione dipende l’identità, così come certe alterazioni di quest’ultima derivano da cambiamenti o alterazioni nella struttura sinciziale.
Sono i meccanismi schizoidi o dissociativi quelli che, partendo dalla struttura sinciziale, consentono la discriminazione e l’instaurazione delle identificazioni proiettive ed introiettive e, dopo, delle proiezioni-introiezioni attraverso le quali viene gradualmente strutturata la parte più organizzata, integrata ed interiorizzata della personalità e della quale, allo stesso tempo, essi sono i risultati. Qui si sostiene che esiste una fase e posizione (nel senso kleiniano) pre-schizoparanoide e che ho denominato tale posizione Glischro-carica, che non termina mai completamente di passare alla discriminazione della posizione schizoparanoide e che viene mantenuta durante tutta la vita nelle condizioni di fusione o non discriminazione che la caratterizzano, sebbene con alternative varie o diverse.
Solo parte della struttura sinciziale primitiva risulta soggetta al processo di discriminazione dai meccanismi schizoidi; un’altra buona parte della personalità non passa mai alla discriminazione e viene mantenuta in quelle condizioni di sincretismo o di fusione primitiva che caratterizza la personalità più precoce; le forme che ha o acquisisce nella sua persistenza risultano così di una rilevanza di prim’ordine per il problema dell’identità, perché sulla sua permanenza e stabilità si costruiscono i livelli più evoluti e discriminati della personalità. La crisi dell’adolescenza è esattamente una crisi di quella struttura sinciziale e, per questo, la crisi dell’identità nell’adolescente può essere tanto profonda e radicale. Si potrebbe dire che è una crisi dei fondamenti sui quali si è strutturata e continua a strutturarsi tutta la personalità.
Parte di quella struttura sinciziale arriva, in certi periodi della vita, a soffrire un incapsulamento e un’agglutinazione e passa, inoltre, a funzionare come un nucleo. La dinamica e la patologia di questo nucleo agglutinato di fronte all’io è ciò che ho denominato posizione Glischro-carica e costituisce un capitolo della psicologia e della psicopatologia che non sarà presentato qui.
L’identità si trova quindi strutturata attraverso tre livelli fondamentali che interagiscono tra loro: uno è quello delle strutture più evolute della personalità che interviene nella socialità caratterizzata dalla relazione interpersonale e basata fondamentalmente sui meccanismi di proiezione e introiezione; un altro livello è dato dai meccanismi di identificazione proiettiva-introiettiva; in terzo luogo si trova il livello formato dalla persistenza della fusione o della struttura sinciziale primitiva che caratterizza la socialità sincretica.
In questo modo, l’identità non viene definita né viene circoscritta agli strati o formazioni della personalità riconosciute tradizionalmente dalla psicologia come tali. Per questa, l’identità si caratterizza nella sua propria definizione per la qualità di: 1) ciò che è più evoluto della personalità; 2) ciò che è interiorizzato; e 3) ciò che è più individuato che, a propria volta, include: quello che è proprio, delimitato, unico, distintivo, indipendente e autonomo.
In questo apporto viene inclusa la conoscenza del fatto che questa è solo parte dell’identità e che viene edificata su un’organizzazione dell’identità che ha tre qualità; ossia: 1) che è poco evoluta e mantiene una struttura primitiva; 2) che non è né interiorizzata né esteriorizzata: ciò che è interno non è stato discriminato dall’esterno, e 3) non si trova individualizzata, nel senso che prima abbiamo attribuito a questo termine. E questo apporto risulta radicale anche nella considerazione dell’identità dell’adolescente, perché la crisi dell’identità dell’adolescente è fondamentalmente una rottura o una disorganizzazione della struttura sinciziale, ciò che avviene ogni volta che una crisi vitale risulta profonda e totale.
Il periodo di latenza è caratterizzato fondamentalmente da uno sviluppo dei livelli della socialità interpersonale con il conseguente arricchimento dell’io; ma questo è possibile grazie ad una severa e forte rigidità e immobilizzazione dei livelli della socialità sincretica con lo stabilimento parallelo e concomitante di un forte e rigido clivaggio (o separazione) fra entrambi i livelli della personalità e, conseguentemente, dell’identità.
La crisi puberale risiede fondamentalmente in una rottura o perdita di quel clivaggio, prodotta da una mobilizzazione della struttura sincretica con la conseguente disorganizzazione dei livelli più integrati. Ma questa disorganizzazione non è, per sé sola, ciò che è più importante e basilare nell’adolescente poiché in questa – come in ogni crisi profonda o radicale – ciò che viene disorganizzato o mobilizzato è fondamentalmente la struttura sinciziale. In altri termini, durante la crisi puberale si “rompe” la simbiosi che era stata mantenuta immobilizzata durante il periodo di latenza. Ciò che caratterizza l’identità dell’adolescente è allora esattamente una coesistenza e una sovrapposizione di diversi livelli dell’identità, congiuntamente alla crisi, alla mobilizzazione, alla disorganizzazione ed alla sovrapposizione di tutti questi allo stesso tempo. Questo configura, come totalità, un’identità molto specifica che viene caratterizzata normalmente dall’ambiguità. A volte quest’ultima si mantiene come tale e altre volte sopraggiungono – in maggiore o minore misura – contraddizioni angoscianti (conflitti), che coesistono con l’ambiguità o si sovrappongono ad essa. In questo modo, l’identità dell’adolescente viene caratterizzata paradossalmente per ciò che potrebbe essere designato come una poli-identità o un’identità multipla.
In questa situazione che arriva ad essere facilmente caotica, l’identità sessuale – come parte della problematica – può nascere come la figura di una Gestalt e costituire il centro manifesto e più o meno esplicito della problematica dell’identità. In questo senso, la sessualità agisce come un “organizzatore” del complesso panorama dell’identità dell’adolescente e per questo ruolo “organizzatore” o di figura della sessualità, il problema globale dell’identità si riduce ad uno sfondo della Gestalt. Sappiamo già come, frequentemente, vengono sovvertite – secondo me – le relazioni tra sfondo e figura, convertendole in una relazione causale in cui la sessualità diventa il centro generatore di tutta la problematica dell’adolescente.
La socialità sincretica o struttura sinciziale configura diverse tipologie di identità che ci interessa presentare in questo momento, anche se brevemente, perché risultano importanti nell’identità dell’adolescente. Ricordiamo, a riguardo, che il sincretismo significa fusione o non discriminazione fra l’io e gli oggetti, ma che questo non è esattamente assenza di identità, ma tutto il contrario: un tipo di identità che non è stata riconosciuta perché – fondamentalmente – non può essere raccolta o percepita dallo schema solipsista che ho menzionato all’inizio.
Il prototipo delle relazioni o la protorelazione madre-bambino non è in principio una relazione tra due esseri originariamente autonomi; la simbiosi madre-bambino non è un’interazione tra due esseri ma un’organizzazione indivisa o non discriminata nella quale non esistono due esseri distinti; nel migliore dei casi emergeranno due esseri distinti e differenti. Questo risulta molto importante per capire la simbiosi e l’identità. Qui si deve ricordare, anche se brevemente, che solo attraverso una descrizione naturalistica si possono descrivere il bambino e sua madre come due esseri differenti in relazione, perché dal punto di vista fenomenologico non è così. La relazione interpersonale fra loro non è un punto di partenza ma un punto di arrivo e molto prima che questa relazione e questa identità vengano raggiunte, esiste fra loro una socialità sincretica che costituisce una relazione di tipo particolare caratterizzata dalla fusione e dall’indiscriminazione e che – come ho detto – sussiste durante tutta la vita. Questa struttura o socialità sincretica può, a sua volta, configurare altre tipologie di identità: un’identità di dipendenza, un’altra di appartenenza, di proprietà, di opposizione, ecc. Ciò che qui interessa sommariamente considerare.
L’identità gruppale include una quantità predominante dell’identità dell’adolescente ed è, in misura molto minore, un’identità individualizzata e interiorizzata.
Nel livello della socialità sincretica l’adolescente è sua madre o la sua famiglia. E desidero sottolineare che lo è per una struttura data e non come risultato di proiezioni. Questa appartenenza è appartenenza solo nello stesso senso per cui io sono il mio corpo e, tuttavia, dico che il mio corpo mi appartiene. La simbiosi e la lotta dell’adolescente con la sua famiglia è tanto intrapsichica come esterna o, meglio detto, è psicologica, senza essere tuttavia né intra e né extrapsichica. In questo senso, il suo io non è né dentro né fuori, giacché queste categorie non si sono formate per lui.
Questa identità di appartenenza è il prolungamento (ora conflittuale) della simbiosi endogruppale del latente, ma può accadere che questa simbiosi non si sia mai configurata o stabilita, nel cui caso la situazione è anche più grave perché le acquisizioni proprie o più tipiche del periodo di latenza non sono state raggiunte.
Quest’ultimo può facilmente accadere – per esempio – nei casi di frequenti migrazioni durante l’infanzia e nei casi di abbandono e/o di privazione su cui esiste già un’abbondante bibliografia, situazioni che non consentono l’adeguata deposizione e immobilizzazione della struttura sinciziale e, per tanto, non si formano le necessarie relazioni simbiotiche diversificate. Queste situazioni prolungano nell’adolescenza le condizioni di una latenza atipica per mancanza di depositari e strutturano i comportamenti psicopatici, perversi, maniaci, ecc. (normali nel corso dello sviluppo).
Un altro fenomeno o un’altra direzione è quella in cui la latenza continua e non si ha crisi dell’adolescenza, nel cui caso l’identità del latente viene prolungata con il suo clivaggio tipico fra due livelli molto differenziati e differenti tra loro, con le forti limitazioni dell’io, tipiche della latenza.
Tipico dell’identità dell’adolescente è, quindi, la coesistenza ed il passaggio dalla struttura sincretica, attraverso l’identità funzionale, ad un’identità interiorizzata; quest’ultima significa che l’identità non è data da un entità ma dalle funzioni che vengono svolte, così come ha segnalato Leenhardt nei suoi studi antropologici con il seguente schema:
In questo contributo si sostiene che i fondamenti dell’identità non risiedono nelle strutture od organizzazioni psicologiche più evolute e consolidate ma nella continuità o nel mantenimento di una struttura sulla quale quelle si edificano e che, per le loro caratteristiche, denomino struttura sinciziale.
Quando si dice che l’identità si riassume nella formulazione di “io sono io”, si deve aggiungere che affinché “io sia io”, il non-io deve rimanere fisso. In una certa misura l’identità risiede nel non-io o quello che è chiamato io sincretico.
Questa affermazione è legata ad un concetto della personalità che mette fondamentalmente in discussione lo schema solipsista di questo, della sua genesi e del suo sviluppo; la concezione più comune ammette che l’identità si configura con le strutture più evolute, più consolidate, persistenti e durature e che l’essere umano è un’entità autonoma e indipendente dall’ambiente e dagli altri esseri umani con i quali entra in relazione gradualmente e progressivamente. Allo stesso modo, la genesi della personalità è concepita partendo da un’entità autonoma che a poco a poco si connette e si rapporta con altre persone e con l’ambiente. L’identità è così una specie di precipitato o decantazione interiorizzata delle molteplici relazioni interpersonali o esperienze del soggetto. Al contrario, qui si postula che uno stato di non discriminazione, non differenziazione o fusione, caratterizza i primi stadi dello sviluppo o delle organizzazioni più primitive, in modo tale che il problema dell’individuazione, della personificazione e dell’identità non consiste nel come “connettersi” o relazionarsi con altre persone e con l’ambiente ma nel come “disconnettersi” partendo da questa fusione primitiva ed organizzare un altro tipo di connessione o di relazione. Quella fusione o struttura sinciziale, caratterizzata dalla non discriminazione, persiste in parte durante tutto il corso della vita e dalla sua permanenza o non variazione dipende l’identità, così come certe alterazioni di quest’ultima derivano da cambiamenti o alterazioni nella struttura sinciziale.
Sono i meccanismi schizoidi o dissociativi quelli che, partendo dalla struttura sinciziale, consentono la discriminazione e l’instaurazione delle identificazioni proiettive ed introiettive e, dopo, delle proiezioni-introiezioni attraverso le quali viene gradualmente strutturata la parte più organizzata, integrata ed interiorizzata della personalità e della quale, allo stesso tempo, essi sono i risultati. Qui si sostiene che esiste una fase e posizione (nel senso kleiniano) pre-schizoparanoide e che ho denominato tale posizione Glischro-carica, che non termina mai completamente di passare alla discriminazione della posizione schizoparanoide e che viene mantenuta durante tutta la vita nelle condizioni di fusione o non discriminazione che la caratterizzano, sebbene con alternative varie o diverse.
Solo parte della struttura sinciziale primitiva risulta soggetta al processo di discriminazione dai meccanismi schizoidi; un’altra buona parte della personalità non passa mai alla discriminazione e viene mantenuta in quelle condizioni di sincretismo o di fusione primitiva che caratterizza la personalità più precoce; le forme che ha o acquisisce nella sua persistenza risultano così di una rilevanza di prim’ordine per il problema dell’identità, perché sulla sua permanenza e stabilità si costruiscono i livelli più evoluti e discriminati della personalità. La crisi dell’adolescenza è esattamente una crisi di quella struttura sinciziale e, per questo, la crisi dell’identità nell’adolescente può essere tanto profonda e radicale. Si potrebbe dire che è una crisi dei fondamenti sui quali si è strutturata e continua a strutturarsi tutta la personalità.
Parte di quella struttura sinciziale arriva, in certi periodi della vita, a soffrire un incapsulamento e un’agglutinazione e passa, inoltre, a funzionare come un nucleo. La dinamica e la patologia di questo nucleo agglutinato di fronte all’io è ciò che ho denominato posizione Glischro-carica e costituisce un capitolo della psicologia e della psicopatologia che non sarà presentato qui.
L’identità si trova quindi strutturata attraverso tre livelli fondamentali che interagiscono tra loro: uno è quello delle strutture più evolute della personalità che interviene nella socialità caratterizzata dalla relazione interpersonale e basata fondamentalmente sui meccanismi di proiezione e introiezione; un altro livello è dato dai meccanismi di identificazione proiettiva-introiettiva; in terzo luogo si trova il livello formato dalla persistenza della fusione o della struttura sinciziale primitiva che caratterizza la socialità sincretica.
In questo modo, l’identità non viene definita né viene circoscritta agli strati o formazioni della personalità riconosciute tradizionalmente dalla psicologia come tali. Per questa, l’identità si caratterizza nella sua propria definizione per la qualità di: 1) ciò che è più evoluto della personalità; 2) ciò che è interiorizzato; e 3) ciò che è più individuato che, a propria volta, include: quello che è proprio, delimitato, unico, distintivo, indipendente e autonomo.
In questo apporto viene inclusa la conoscenza del fatto che questa è solo parte dell’identità e che viene edificata su un’organizzazione dell’identità che ha tre qualità; ossia: 1) che è poco evoluta e mantiene una struttura primitiva; 2) che non è né interiorizzata né esteriorizzata: ciò che è interno non è stato discriminato dall’esterno, e 3) non si trova individualizzata, nel senso che prima abbiamo attribuito a questo termine. E questo apporto risulta radicale anche nella considerazione dell’identità dell’adolescente, perché la crisi dell’identità dell’adolescente è fondamentalmente una rottura o una disorganizzazione della struttura sinciziale, ciò che avviene ogni volta che una crisi vitale risulta profonda e totale.
Il periodo di latenza è caratterizzato fondamentalmente da uno sviluppo dei livelli della socialità interpersonale con il conseguente arricchimento dell’io; ma questo è possibile grazie ad una severa e forte rigidità e immobilizzazione dei livelli della socialità sincretica con lo stabilimento parallelo e concomitante di un forte e rigido clivaggio (o separazione) fra entrambi i livelli della personalità e, conseguentemente, dell’identità.
La crisi puberale risiede fondamentalmente in una rottura o perdita di quel clivaggio, prodotta da una mobilizzazione della struttura sincretica con la conseguente disorganizzazione dei livelli più integrati. Ma questa disorganizzazione non è, per sé sola, ciò che è più importante e basilare nell’adolescente poiché in questa – come in ogni crisi profonda o radicale – ciò che viene disorganizzato o mobilizzato è fondamentalmente la struttura sinciziale. In altri termini, durante la crisi puberale si “rompe” la simbiosi che era stata mantenuta immobilizzata durante il periodo di latenza. Ciò che caratterizza l’identità dell’adolescente è allora esattamente una coesistenza e una sovrapposizione di diversi livelli dell’identità, congiuntamente alla crisi, alla mobilizzazione, alla disorganizzazione ed alla sovrapposizione di tutti questi allo stesso tempo. Questo configura, come totalità, un’identità molto specifica che viene caratterizzata normalmente dall’ambiguità. A volte quest’ultima si mantiene come tale e altre volte sopraggiungono – in maggiore o minore misura – contraddizioni angoscianti (conflitti), che coesistono con l’ambiguità o si sovrappongono ad essa. In questo modo, l’identità dell’adolescente viene caratterizzata paradossalmente per ciò che potrebbe essere designato come una poli-identità o un’identità multipla.
In questa situazione che arriva ad essere facilmente caotica, l’identità sessuale – come parte della problematica – può nascere come la figura di una Gestalt e costituire il centro manifesto e più o meno esplicito della problematica dell’identità. In questo senso, la sessualità agisce come un “organizzatore” del complesso panorama dell’identità dell’adolescente e per questo ruolo “organizzatore” o di figura della sessualità, il problema globale dell’identità si riduce ad uno sfondo della Gestalt. Sappiamo già come, frequentemente, vengono sovvertite – secondo me – le relazioni tra sfondo e figura, convertendole in una relazione causale in cui la sessualità diventa il centro generatore di tutta la problematica dell’adolescente.
La socialità sincretica o struttura sinciziale configura diverse tipologie di identità che ci interessa presentare in questo momento, anche se brevemente, perché risultano importanti nell’identità dell’adolescente. Ricordiamo, a riguardo, che il sincretismo significa fusione o non discriminazione fra l’io e gli oggetti, ma che questo non è esattamente assenza di identità, ma tutto il contrario: un tipo di identità che non è stata riconosciuta perché – fondamentalmente – non può essere raccolta o percepita dallo schema solipsista che ho menzionato all’inizio.
Il prototipo delle relazioni o la protorelazione madre-bambino non è in principio una relazione tra due esseri originariamente autonomi; la simbiosi madre-bambino non è un’interazione tra due esseri ma un’organizzazione indivisa o non discriminata nella quale non esistono due esseri distinti; nel migliore dei casi emergeranno due esseri distinti e differenti. Questo risulta molto importante per capire la simbiosi e l’identità. Qui si deve ricordare, anche se brevemente, che solo attraverso una descrizione naturalistica si possono descrivere il bambino e sua madre come due esseri differenti in relazione, perché dal punto di vista fenomenologico non è così. La relazione interpersonale fra loro non è un punto di partenza ma un punto di arrivo e molto prima che questa relazione e questa identità vengano raggiunte, esiste fra loro una socialità sincretica che costituisce una relazione di tipo particolare caratterizzata dalla fusione e dall’indiscriminazione e che – come ho detto – sussiste durante tutta la vita. Questa struttura o socialità sincretica può, a sua volta, configurare altre tipologie di identità: un’identità di dipendenza, un’altra di appartenenza, di proprietà, di opposizione, ecc. Ciò che qui interessa sommariamente considerare.
L’identità gruppale include una quantità predominante dell’identità dell’adolescente ed è, in misura molto minore, un’identità individualizzata e interiorizzata.
Nel livello della socialità sincretica l’adolescente è sua madre o la sua famiglia. E desidero sottolineare che lo è per una struttura data e non come risultato di proiezioni. Questa appartenenza è appartenenza solo nello stesso senso per cui io sono il mio corpo e, tuttavia, dico che il mio corpo mi appartiene. La simbiosi e la lotta dell’adolescente con la sua famiglia è tanto intrapsichica come esterna o, meglio detto, è psicologica, senza essere tuttavia né intra e né extrapsichica. In questo senso, il suo io non è né dentro né fuori, giacché queste categorie non si sono formate per lui.
Questa identità di appartenenza è il prolungamento (ora conflittuale) della simbiosi endogruppale del latente, ma può accadere che questa simbiosi non si sia mai configurata o stabilita, nel cui caso la situazione è anche più grave perché le acquisizioni proprie o più tipiche del periodo di latenza non sono state raggiunte.
Quest’ultimo può facilmente accadere – per esempio – nei casi di frequenti migrazioni durante l’infanzia e nei casi di abbandono e/o di privazione su cui esiste già un’abbondante bibliografia, situazioni che non consentono l’adeguata deposizione e immobilizzazione della struttura sinciziale e, per tanto, non si formano le necessarie relazioni simbiotiche diversificate. Queste situazioni prolungano nell’adolescenza le condizioni di una latenza atipica per mancanza di depositari e strutturano i comportamenti psicopatici, perversi, maniaci, ecc. (normali nel corso dello sviluppo).
Un altro fenomeno o un’altra direzione è quella in cui la latenza continua e non si ha crisi dell’adolescenza, nel cui caso l’identità del latente viene prolungata con il suo clivaggio tipico fra due livelli molto differenziati e differenti tra loro, con le forti limitazioni dell’io, tipiche della latenza.
Tipico dell’identità dell’adolescente è, quindi, la coesistenza ed il passaggio dalla struttura sincretica, attraverso l’identità funzionale, ad un’identità interiorizzata; quest’ultima significa che l’identità non è data da un entità ma dalle funzioni che vengono svolte, così come ha segnalato Leenhardt nei suoi studi antropologici con il seguente schema:
Come si vede, non c’è un circolo chiuso nel mezzo, ma relazioni o funzioni che vengono svolte con b, con c, con d, ecc. Sebbene ogni funzione o relazione sia “ritagliata”, la sua struttura interna rimane sincretica. Tutta la nostra cultura è “cosista”, alienata.
Questa identità funzionale viene distribuita in assi di appartenenza, dipendenza, proprietà ed identità di opposizione che, nell’adolescente, non risultano totalmente delimitati fra loro. L’identità di opposizione è molto tipica dell’adolescente ed è formata da una polarizzazione estrema nella struttura sinciziale; si caratterizza per il fatto che il soggetto tende a differenziarsi e ad acquisire un’identità di un altro livello nella misura in cui nega l’identità sincretica, negando ed opponendosi agli altri.
La polarizzazione estrema è il fermento che gradualmente raggiunge o consente il passaggio dall’identità sincretica all’identità interiorizzata, ossia, il passaggio dalla posizione Glischro-carica alla posizione schizoparanoide, nella misura o quantità in cui ciò avviene in ciascun soggetto. Il meccanismo che opera in questo passaggio è quello della discriminazione. Il conflitto edipico svolge, secondo me, una funzione fondamentalmente discriminatrice e per questo lo cito qui.
Nella nostra cultura, la crisi dell’adolescenza tende all’instaurarsi di un’identità interiorizzata mediante la discriminazione fra soggetto ed oggetto, fra l’interno e l’esterno, partendo da una struttura di non differenziazione o non discriminazione. In questo corso della sua identità l’adolescente recupera o struttura come proprio e interiorizzato, parte del non-discriminato dagli altri, ma un’altra parte permane come tale durante tutta la vita.
Qui si è trattata l’identità con un senso didattico dell’esposizione, come isolata e indipendente, ma dobbiamo tenere in considerazione che forma parte di una sola totalità della quale essa è un capitolo, alla pari di altri come lo schema corporeo, l’orientamento spazio-temporale, la personalità, la relazione d’oggetto, l’io, eccetera.
Rimane sospeso il ripensamento della relazione soggetto-società-cultura, posto che non è più possibile parlare di una relazione io-cultura come due entità autonome e indipendenti che interagiscono ma, dal punto di vista psicologico, ciò che non è incluso nell’io è il non-io o io sincretico e questo è tanto psicologico come quello che designiamo come io. In questo ordine di cose credo sia necessario rivedere il problema in funzione del concetto di “socialità incontinente” di Wallon.
Articolo ufficiale presentato al Secondo Congresso Argentino di Psicopatologia Infantile e Adolescenziale, organizzato da ASAPPIA e realizzato a Buenos Aires dal 21 al 24 ottobre 1971.
Questa identità funzionale viene distribuita in assi di appartenenza, dipendenza, proprietà ed identità di opposizione che, nell’adolescente, non risultano totalmente delimitati fra loro. L’identità di opposizione è molto tipica dell’adolescente ed è formata da una polarizzazione estrema nella struttura sinciziale; si caratterizza per il fatto che il soggetto tende a differenziarsi e ad acquisire un’identità di un altro livello nella misura in cui nega l’identità sincretica, negando ed opponendosi agli altri.
La polarizzazione estrema è il fermento che gradualmente raggiunge o consente il passaggio dall’identità sincretica all’identità interiorizzata, ossia, il passaggio dalla posizione Glischro-carica alla posizione schizoparanoide, nella misura o quantità in cui ciò avviene in ciascun soggetto. Il meccanismo che opera in questo passaggio è quello della discriminazione. Il conflitto edipico svolge, secondo me, una funzione fondamentalmente discriminatrice e per questo lo cito qui.
Nella nostra cultura, la crisi dell’adolescenza tende all’instaurarsi di un’identità interiorizzata mediante la discriminazione fra soggetto ed oggetto, fra l’interno e l’esterno, partendo da una struttura di non differenziazione o non discriminazione. In questo corso della sua identità l’adolescente recupera o struttura come proprio e interiorizzato, parte del non-discriminato dagli altri, ma un’altra parte permane come tale durante tutta la vita.
Qui si è trattata l’identità con un senso didattico dell’esposizione, come isolata e indipendente, ma dobbiamo tenere in considerazione che forma parte di una sola totalità della quale essa è un capitolo, alla pari di altri come lo schema corporeo, l’orientamento spazio-temporale, la personalità, la relazione d’oggetto, l’io, eccetera.
Rimane sospeso il ripensamento della relazione soggetto-società-cultura, posto che non è più possibile parlare di una relazione io-cultura come due entità autonome e indipendenti che interagiscono ma, dal punto di vista psicologico, ciò che non è incluso nell’io è il non-io o io sincretico e questo è tanto psicologico come quello che designiamo come io. In questo ordine di cose credo sia necessario rivedere il problema in funzione del concetto di “socialità incontinente” di Wallon.
Articolo ufficiale presentato al Secondo Congresso Argentino di Psicopatologia Infantile e Adolescenziale, organizzato da ASAPPIA e realizzato a Buenos Aires dal 21 al 24 ottobre 1971.
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