TRADOTTI
PAURA DELLA PERDITA E PAURA DELL'ATTACCO. ANSIA DI FRONTE AL CAMBIAMENTO SOCIALE.
Lezione dettata dal Dr. Enrique Pichon-Rivière, il 16/05/1966 (Primo anno)
SCUOLA PRIVATA DI PSICHIATRIA SOCIALE, Lezione n. 4
(Il titolo originale della lezione, ripresa dal sito www.espiraldialectica.com, è “Miedo a la pérdida y miedo al ataque. Ansiedad frente al cambio social” e la traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini)
Insisteremo, oggi, sulla teoria del vincolo, del "terzo" e, su alcuni aspetti, di quello ciò che viene chiamata la "didattica del nucleo basico e delle ansie di base".
La cosa più difficile dell’apprendimento è farsi carico delle ansie di base che sono lo sfondo della situazione triangolare, così come il passaggio dalla psicologia individuale al sociale, alla sociologia.
Abbiamo visto che nei libri figurano le ansie, le angosce e le paure come differenziate. In realtà, si denomina ansia uno stato di inquietudine, di agitazione, in cui l’oggetto non appare; è come se esistesse una paura anoggettuale.
Dunque, quando si trova nella mente è ansia, quando si trova nel corpo è angoscia (per esempio, l’angoscia precordiale) e quando si trova fuori e si localizza l’oggetto è paura. Ma, in realtà, ansie, angosce e paure si differenziano fenomenologicamente, perché nelle prime due non appare l’oggetto della paura, nonostante esista ed è inconscio, ma non può essere stabilita una differenza formale tra ansia, angoscia e paura, bensì una differenza in quanto al grado di coscienza della fonte dell’ansia. Questo è molto importante perché, come situazione estrema, possiamo dire che uno stato cronico di ansia può sfociare in un atto criminoso, per esempio, e possiamo definire il crimine come lo sterminio o la distruzione della fonte dell’ansia.
Nella qualifica degli esperti in criminalità, si parla del carattere irrazionale di certi crimini o delitti, come potrebbe essere la cleptomania, per esempio. Nei crimini chiamati irrazionali, in cui un soggetto è preso come capro espiatorio e viene assassinato per caso, risulta quello che si chiama "crimine assurdo", nella denominazione di Camus, ma che non ha nulla di assurdo dal punto di vista genetico, perché la vittima ha la sua storia nella mente del criminale, che ha effettuato uno spostamento tale da non discriminare la figura del persecutore. Quindi, il crimine è lo sterminio della fonte dell’ansia, in generale, e questa fonte è un oggetto persecutore, e la paura esistente è una paura basica, la paura dell’attacco. Ora, questa paura dell’attacco all’io si può produrre per una paura della perdita dell’oggetto, che è l’altra grande paura.
Queste due paure sono coesistenti e cooperanti, nel senso che se un soggetto teme di perdere qualcosa, un oggetto d’amore o un oggetto di cambiamento, può mettersi in una situazione difensiva e considerare che una persona che cammina insieme a lui per un disgraziato caso del momento, può, attraverso una proiezione, essere l’autore di una possibile perdita, di un possibile attacco e, soprattutto, essere il ladro di ciò che teme di perdere.
Vale a dire che, in fondo, il ladro viene ucciso in termini di ansia della perdita.
Dunque, l’anisa della perdita e dell'attacco operano congiuntamente, condizionando nel soggetto una situazione di insicurezza permanente.
Se, per esempio, ha un delirio di gelosia, pianificherà costantemente la vendetta. C’è una perdita precedente e una vendetta per la perdita subita, cioè un’ansia permanente. Così, per esempio, mentre il soggetto si prende cura in modo costante della moglie, sta vivendo l’inquietudine dell’ansia della perdita ed ha delle fantasie per quello che può accadere davanti alla perdita.
Il soggetto che ha questo tipo di ansia ha una struttura narcisistica e regressiva, e soffre quelle paure con grande ansia per la grande dipendenza che vive rispetto al suo oggetto. L’oggetto buono è il depositario delle parti buone di lui, ciò che significa che lui si trova, allora, in una posizione difensiva, cercando di fare in modo che non gli rubino il contenitore, nè il contenuto, perché il contenitore, che è il depositario, è stato fino a quel momento un buon depositario.
Lo vediamo anche nel linguaggio bancario: quando uno deposita il suo denaro, deposita la sua fiducia in una banca. Se la banca si trova in crisi appare una particolare inquietudine e ritira il denaro immediatamente. Il colmo sarebbe trascorrere tutto il giorno intorno alla banca. Questo sarebbe la caricatura della paura della perdita delle sue economie, che è la sua parte buona e costruttiva, con fantasie di attacco al ladro (della banca), che diventano paranoiche, e si dirigono verso il ladro per sterminarlo, cercando di stabilirsi nella posizione in cui l’inquietudine è maggiore. La fantasia è la situazione di "in flagrante", perché è quella che qualifica il crimine.
L’origine dell’attenuazione della pena per emozione violenta è collegata con il carattere insolito della situazione. Come reagisce il soggetto? La funzione essenziale che realizza ogni malattia è la preservazione del buono ed il controllo del cattivo. Se, per le paure naturali, fallisce il controllo, che nel nostro esempio sarebbe assumere una polizia privata, far intervenire i fotografi, ecc., allora si verifica lo sterminio personale, o per delega, del rivale.
La ricerca della prova "in flagrante" è ambivalente: da un lato, c’è la fantasia che non si troverà la prova, ed è il soggetto stesso ad ostacolarne la ricerca. Un esempio potrebbe essere quello di sapere dove si trova la moglie e inviare la polizia ad un indirizzo sbagliato. Dall’altro lato, vuole sapere la verità, per condizionare così la sua reazione che ha anche una storia personale.
Dunque, troveremo sempre una grande dipendenza, due paure coesistenti e cooperanti. Quanto maggiore è la sensazione di perdita, tanto maggiore è la debolezza dell’io e maggiore, quindi, la minaccia, ossia maggiore è la paura dell’attacco, perché il soggetto si trova invaso, per la depressione.
L’ansia depressiva è un’ansia della perdita e l’ansia paranoide è la paura dell’attacco.
In alcuni predomina la paura della perdita poiché si considerano impotenti, dal punto di vista strumentale, nel realizzare l’atto criminoso.
Quando predomina l’ansia paranoide è perché viene sentita la necessità della ricerca di un capro espiatorio e, rimanendo all’esempio, fantastica sull’infedeltà della moglie, così da avere un pretesto per scaricare la sua ostilità contro qualcuno che non è il soggetto che sarà la sua vittima, ma c’è uno spostamento sull’altro, che è una delle forme del meccanismo di formazione del capro espiatorio. Ora, se il soggetto fantastica più in là delle prove reali che gli fornisce la lettura della realtà, consideriamo il soggetto alienato.
In generale, gli psichiatri in questi casi discutono sul fatto se è vero o no che la moglie lo inganna. Può essere vero dal punto di vista della fantasia, può esserlo dal punto di vista della realtà concreta (e può anche essere che la moglie lo inganni).
Attraverso questi esempi quotidiani vediamo l’esistenza di queste due paure permanenti: la paura della perdita dell’oggetto e la paura dell’attacco all’io, e l’esistenza di un vincolo buono, in cui vengono depositati gli aspetti buoni di ciascuno, e di un vincolo cattivo, dove sono depositati gli aspetti cattivi.
Quindi, ci sono due vincoli con questi oggetti che sono parziali ma, paradossalmente, sono totalmente buoni e totalmente cattivi, in maniera separata.
I film di cowboys sono il modello di questa struttura. In uno di essi vediamo chiaramente l’indice di incertezza, prodotto dell’insicurezza, e la necessità, allora, di discriminare, riconoscere qual è il buono e qual è il cattivo attraverso delle indagini, che è, più o meno, quello che si fa in ambito imprenditoriale con la selezione professionale, dove l'azienda si introduce nella famiglia, in ogni suo ambito, con il proposito di reperire dati che possono essere indicatori di condotte successive.
Questo è il tema di uno degli ultimi libri di Vance Packard, dove sostiene che la società americana abbia perso totalmente la sua intimità per l’intrusione degli psicologi al servizio delle aziende, in cui ci sono regolamentazioni per la condotta delle spose e dei figli degli impresari e se, per esempio, la loro condotta non è favorevole, vengono richieste le dimissioni del dirigente o il divorzio che, a sua volta, viene elaborato dalla stessa azienda.
Tutto questo crea una società in stato cronico di sfiducia, di inquietudine e di insicurezza, che ha come conseguenza uno stato cronico di paura dell’attacco, come può esserlo l’attacco atomico, per esempio.
La paura della perdita verrebbe ad essere l’immagine di Hiroshima, e la paura dell’attacco è che l’altro, facendosi carico dell’attacco di Hiroshima, agendo nell’ambito dell’ansia paranoide, esegua la vendetta. Questo come fenomeno collettivo.
Qualsiasi modifca nella politica, nazionale o internazionale, è tremendamente distorta dal cercare di non creare questa sensazione di allarme.
Un’esperienza catastrofica precedente a quella dell’era atomica è stata quella di Orson Wells, che trasmise in radiofonia il suo racconto sulla fine del mondo. Si calcola che entrarono in stato di panico dai quattro ai sei milioni di abitanti. Panico che durò ore. È stata fatta una relazione, dieci anni dopo, sul seguito di quello stato di panico, e Guntrip vide che ciò che rafforza la situazione, di fronte a qualsiasi pericolo, è il sentimento di appartenenza ad una società, ad un gruppo, i sentimenti di cooperazione e di pertinenza nei compiti di sorveglianza o di cura.
Questa situazione è avvenuta anche a Londra e si è visto, qui, l’influenza che può avere un leader forte, che può contrastare quelle ansie di perdita e di attacco; ovvero un padre forte che impedisce che gli rubino la madre e che lo attacchino. In Inghilterra, è stato sicuramente Churchill il rappresentante dell’uomo forte che ha permesso di poter pianificare una vita indemoniata come quella che vivevano gli inglesi durante gli attacchi notturni, e dove si sono organizzavano istituzioni speciali per i bambini evacuati che hanno costituito dei modelli, nella loro specie, e delle quali quali Anna Freud è stata una dei precursori.
E' stato poi molto interessante vedere l’evoluzione di questi bambini che rimanevano immediatamente senza genitori ma che, per merito della condotta dei curanti, non entravano in panico. Questi assumevano un ruolo materno nonstante l’inclusione di personale misto per i due ruoli. Perché di solito si ha l’abitudine di ricorrere alla donna quando si ha paura.
Vale a dire che il padre è vissuto anche come cospiratore (o dal lato dei "cattivi", come nei films).
Ripeto che queste due ansie le incontriamo in tutte le strutture. Nella paranoia, per esempio, vediamo l’ansia paranoide o la paura dell’attacco nella sua forma più rude. Quando il soggetto si sente osservato, vigilato e sul punto di essere attaccato, elabora, in base a quello, un contrattacco e una controstrategia.
Se è un perseguito persecutore, come forma clinica può arrivare al crimine ed essere compiuta, così, la distruzione della fonte dell’ansia: “prima che mi ammazzi, lo ammazzo”.
Dove si trova il vincolo buono se il cattivo domina in tal modo? Diciamo che la diagnosi si fa partendo dal predominio di uno dei vincoli. Se predomina l’ansia depressiva o l’ansia della perdita è una depressione. Se predomina la paura dell’attacco è una paranoia o uno stato paranoide. Se il soggetto non può discriminare tra il soggetto buono e quello cattivo, abbiamo gli stati confusionali. Ma tutto il problema sta nel poter collocare il persecutore in quella trama temporo-spaziale, ossia nell’area 1, mente, nell’area 2, corpo, nell’area 3, mondo esterno.
Ora, l’oggetto buono nella paranoia si trova nell’area 1 ed è un oggetto buono idealizzato. Il soggetto si sente forte, potente, apparendo allora la megalomania, che è sempre coesistente con la persecuzione.
Ci sono deliri paranoidi dove predomina la persecuzione e altri dove predomina la megalomania. Seguendo gli esempi popolari, in uno predomina il sentirsi Napoleone e altri si sentono vittima della proiezione della fantasia di una cospirazione, quando il soggetto è considerato cospiratore e allora lo perseguono.
Seguendo le regole del gioco, chi deve essere eliminato è egli stesso e teme di essere confuso con il cospiratore. Ma dal momento che questo è un processo che avviene nella mente in base a proiezioni e introiezioni è irrazionale. Anche se, a volte, il soggetto arriva a definire un profilo del persecutore, è alla ricerca di questo. Ci sono paranoie migratorie nelle quali il soggetto cambia casa, città, ecc. La fantasia del paranoico migratore è di star confondendo il persecutore e, evidentemente, si calma due o tre giorni e si distrae con il viaggio ma, poiché il problema è interno, appare immediatamente la persecuzione, in forma di sfiducia, prima, e di timore della perdita, poi.
Questo si vede perché ha a che fare con l’abbandono del suo nucleo e incorpora rapidamente una delle figure forti che gli danno la forza, il vigore, ed è questo che nel paranoico è facile osservare e che confonde la diagnosi, cioè una certa lucidità e una particolare doppia coscienza che può arrivare alla simulazione, alla dissimulazione o sovrassimulazione. La simulazione è l’impostura nella quale si assume il ruolo dell’altro.
Io trattavo un paziente che aveva la fantasia che il suo persecutore mutasse di fisionomia del viso per un rapido processo di trasformazione.
C’era un personaggio famoso che si vestiva e si svestiva con una rapidità inaudita (prima della prima guerra) chiamato Fregoli. Qui, il delirio di Fregoli ci serve per etichettare questo tipo di paziente.
Queste ansie, per esempio, perturbano l’apprendimento perché perturbano tutte le situazioni di cambiamento, che è il campo attuale della ricerca sociale, il cambiamento sociale. Il cambiamento comporta la paura della perdita totale di ciò che si aveva, e la paura di essere attaccato in una situazione nuova che è sconosciuta e per la quale non si è organizzati. Abbiamo già parlato dei bassifondi e dell’andamento delle due paure: gli abitanti risolvono la perdita riorganizzandosi come società emarginate e risolvono l’ansia dell’attacco non introducendosi nella città, che è vissuta come un pericolo molto grande per il fatto che, lì, perdono la propria identità, e non sono riconosciuti dagli altri.
È la situazione dell’uomo-massa, nel quale l’identità scompare. Il pericolo del fatto che, nella misura in cui uno è riconosciuto e si trasforma in idolo, appare in altro modo, è che la forma di ammirazione che esiste per gli idoli include un elemento di ostilità. Vale a dire che, pur in una apparente manifestazione di ammirazione per i suoi idoli popolari, la moltitudine li travolge e li aggredisce.
Così si verificano i crimini di massa, dove l’intenzionalità cosciente non è di sterminio, e dove non è l’attacco il motivo, bensì la competizione, l’invidia e la rivalità. L’emotività, poi, inizia a cambiare quando si tratta di idoli o di soggetti con posizioni molto importanti come i re, per esempio. Se non fossero esistiti i re non avremmo avuto regicidi. Questo si verifica nella sfera politica, nella quale il soggetto si sente condotto in un mondo automatico.
Nello stesso modo, sono esistiti movimenti di distruzione, di crimini che sono stati eseguiti non già sui dirigenti ma sulle macchine, considerando che la macchina è rappresentativa della struttura sociale, socioeconomica, che dal punto di vista scientifico è reale, e nella quale si colloca, per proiezione, una leadership.
Potrebbe essere, per esempio, la calorosa accoglienza di una macchina di automazione in una fabbrica dove l’entusiasmo trabocca in tal modo che viene disrtutta la macchina.
Un altro esempio, dove vediamo la presenza delle due paure, è in un quartiere, in un vicinato dove entra in gioco un problema che è quello della distanza sociale, nel senso di poter o no avvicinarsi al vicino, avere relazioni con lui.
L’isolamento che vive l’uomo della grande città è causato dalla sua mancanza di identità e anche dal funzionamento di istituzioni che rappresentano il "terzo", che rompono il vincolo. Il soggetto si sente totalmente indifeso, insicuro, senza identità, con un’immagine di se stesso distrutta, e dove non può assumere i ruoli ad un livello che gli corrisponde per la sua formazione o per la sua intelligenza (come potebbe essere usato) perché si considera provinciale o incapace o appartenente ad un’altra cultura. E questo è molto grave quando si verifica il fenomeno di transculturazione, cioè l’inclusione di una cultura nell’altra. Si giudica per mezzo dei gruppi di riferimento. Ci sono gruppi che servono da misura e lì le distanze possono variare fino ad ottenere una distanza ottimale, che sarebbe, per esempio, il non introdursi nella casa del vicino ad ogni ora, ma stabilire una relazione cordiale di cooperazione, se è ncessario, partecipando a società, biblioteche, bar, ecc., ed essendo pertinenti con quello che accade in tutto il quartiere che è considerato come una comunità.
Il soggetto che vive isolato in un quartiere è vissuto dagli altri come un soggetto pericoloso, perché non gli sono riconosciute azioni di carattere sociale, allora generalmente è considerato come un anarchico, un terrorista.
Così l’uomo isolato, da solo, deve sforzarsi per stabilire comunicazioni e smettere di essere emarginato, dal momento che se si emargina, lo emarginano, e se si integra in qualche funzione del quartiere, un club, per esempio, allora acquista sicurezza. È per questo che negli Stati Uniti pullulano i piccoli gruppi o élites intorno ai temi del lavoro, o ai temi religiosi.
Per esempio, in un documento di lavoro non si può mettere che uno è ateo, è la storia peggiore, quasi equivale a terrorismo; se si mette Ku Klux Klan è meno pericoloso. Il problema è appartenere ad una religione, ad una classe, ad una casta, qualsiasi essa sia. Per questo ci sono più o meno 180 sette religiose, lì, e nella misura in cui aumenta la paura, aumenta il numero di sette, perché devono diminuire gli integranti di una setta per avere più sicurezza e poter riconoscersi tra loro.
SCUOLA PRIVATA DI PSICHIATRIA SOCIALE, Lezione n. 4
(Il titolo originale della lezione, ripresa dal sito www.espiraldialectica.com, è “Miedo a la pérdida y miedo al ataque. Ansiedad frente al cambio social” e la traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini)
Insisteremo, oggi, sulla teoria del vincolo, del "terzo" e, su alcuni aspetti, di quello ciò che viene chiamata la "didattica del nucleo basico e delle ansie di base".
La cosa più difficile dell’apprendimento è farsi carico delle ansie di base che sono lo sfondo della situazione triangolare, così come il passaggio dalla psicologia individuale al sociale, alla sociologia.
Abbiamo visto che nei libri figurano le ansie, le angosce e le paure come differenziate. In realtà, si denomina ansia uno stato di inquietudine, di agitazione, in cui l’oggetto non appare; è come se esistesse una paura anoggettuale.
Dunque, quando si trova nella mente è ansia, quando si trova nel corpo è angoscia (per esempio, l’angoscia precordiale) e quando si trova fuori e si localizza l’oggetto è paura. Ma, in realtà, ansie, angosce e paure si differenziano fenomenologicamente, perché nelle prime due non appare l’oggetto della paura, nonostante esista ed è inconscio, ma non può essere stabilita una differenza formale tra ansia, angoscia e paura, bensì una differenza in quanto al grado di coscienza della fonte dell’ansia. Questo è molto importante perché, come situazione estrema, possiamo dire che uno stato cronico di ansia può sfociare in un atto criminoso, per esempio, e possiamo definire il crimine come lo sterminio o la distruzione della fonte dell’ansia.
Nella qualifica degli esperti in criminalità, si parla del carattere irrazionale di certi crimini o delitti, come potrebbe essere la cleptomania, per esempio. Nei crimini chiamati irrazionali, in cui un soggetto è preso come capro espiatorio e viene assassinato per caso, risulta quello che si chiama "crimine assurdo", nella denominazione di Camus, ma che non ha nulla di assurdo dal punto di vista genetico, perché la vittima ha la sua storia nella mente del criminale, che ha effettuato uno spostamento tale da non discriminare la figura del persecutore. Quindi, il crimine è lo sterminio della fonte dell’ansia, in generale, e questa fonte è un oggetto persecutore, e la paura esistente è una paura basica, la paura dell’attacco. Ora, questa paura dell’attacco all’io si può produrre per una paura della perdita dell’oggetto, che è l’altra grande paura.
Queste due paure sono coesistenti e cooperanti, nel senso che se un soggetto teme di perdere qualcosa, un oggetto d’amore o un oggetto di cambiamento, può mettersi in una situazione difensiva e considerare che una persona che cammina insieme a lui per un disgraziato caso del momento, può, attraverso una proiezione, essere l’autore di una possibile perdita, di un possibile attacco e, soprattutto, essere il ladro di ciò che teme di perdere.
Vale a dire che, in fondo, il ladro viene ucciso in termini di ansia della perdita.
Dunque, l’anisa della perdita e dell'attacco operano congiuntamente, condizionando nel soggetto una situazione di insicurezza permanente.
Se, per esempio, ha un delirio di gelosia, pianificherà costantemente la vendetta. C’è una perdita precedente e una vendetta per la perdita subita, cioè un’ansia permanente. Così, per esempio, mentre il soggetto si prende cura in modo costante della moglie, sta vivendo l’inquietudine dell’ansia della perdita ed ha delle fantasie per quello che può accadere davanti alla perdita.
Il soggetto che ha questo tipo di ansia ha una struttura narcisistica e regressiva, e soffre quelle paure con grande ansia per la grande dipendenza che vive rispetto al suo oggetto. L’oggetto buono è il depositario delle parti buone di lui, ciò che significa che lui si trova, allora, in una posizione difensiva, cercando di fare in modo che non gli rubino il contenitore, nè il contenuto, perché il contenitore, che è il depositario, è stato fino a quel momento un buon depositario.
Lo vediamo anche nel linguaggio bancario: quando uno deposita il suo denaro, deposita la sua fiducia in una banca. Se la banca si trova in crisi appare una particolare inquietudine e ritira il denaro immediatamente. Il colmo sarebbe trascorrere tutto il giorno intorno alla banca. Questo sarebbe la caricatura della paura della perdita delle sue economie, che è la sua parte buona e costruttiva, con fantasie di attacco al ladro (della banca), che diventano paranoiche, e si dirigono verso il ladro per sterminarlo, cercando di stabilirsi nella posizione in cui l’inquietudine è maggiore. La fantasia è la situazione di "in flagrante", perché è quella che qualifica il crimine.
L’origine dell’attenuazione della pena per emozione violenta è collegata con il carattere insolito della situazione. Come reagisce il soggetto? La funzione essenziale che realizza ogni malattia è la preservazione del buono ed il controllo del cattivo. Se, per le paure naturali, fallisce il controllo, che nel nostro esempio sarebbe assumere una polizia privata, far intervenire i fotografi, ecc., allora si verifica lo sterminio personale, o per delega, del rivale.
La ricerca della prova "in flagrante" è ambivalente: da un lato, c’è la fantasia che non si troverà la prova, ed è il soggetto stesso ad ostacolarne la ricerca. Un esempio potrebbe essere quello di sapere dove si trova la moglie e inviare la polizia ad un indirizzo sbagliato. Dall’altro lato, vuole sapere la verità, per condizionare così la sua reazione che ha anche una storia personale.
Dunque, troveremo sempre una grande dipendenza, due paure coesistenti e cooperanti. Quanto maggiore è la sensazione di perdita, tanto maggiore è la debolezza dell’io e maggiore, quindi, la minaccia, ossia maggiore è la paura dell’attacco, perché il soggetto si trova invaso, per la depressione.
L’ansia depressiva è un’ansia della perdita e l’ansia paranoide è la paura dell’attacco.
In alcuni predomina la paura della perdita poiché si considerano impotenti, dal punto di vista strumentale, nel realizzare l’atto criminoso.
Quando predomina l’ansia paranoide è perché viene sentita la necessità della ricerca di un capro espiatorio e, rimanendo all’esempio, fantastica sull’infedeltà della moglie, così da avere un pretesto per scaricare la sua ostilità contro qualcuno che non è il soggetto che sarà la sua vittima, ma c’è uno spostamento sull’altro, che è una delle forme del meccanismo di formazione del capro espiatorio. Ora, se il soggetto fantastica più in là delle prove reali che gli fornisce la lettura della realtà, consideriamo il soggetto alienato.
In generale, gli psichiatri in questi casi discutono sul fatto se è vero o no che la moglie lo inganna. Può essere vero dal punto di vista della fantasia, può esserlo dal punto di vista della realtà concreta (e può anche essere che la moglie lo inganni).
Attraverso questi esempi quotidiani vediamo l’esistenza di queste due paure permanenti: la paura della perdita dell’oggetto e la paura dell’attacco all’io, e l’esistenza di un vincolo buono, in cui vengono depositati gli aspetti buoni di ciascuno, e di un vincolo cattivo, dove sono depositati gli aspetti cattivi.
Quindi, ci sono due vincoli con questi oggetti che sono parziali ma, paradossalmente, sono totalmente buoni e totalmente cattivi, in maniera separata.
I film di cowboys sono il modello di questa struttura. In uno di essi vediamo chiaramente l’indice di incertezza, prodotto dell’insicurezza, e la necessità, allora, di discriminare, riconoscere qual è il buono e qual è il cattivo attraverso delle indagini, che è, più o meno, quello che si fa in ambito imprenditoriale con la selezione professionale, dove l'azienda si introduce nella famiglia, in ogni suo ambito, con il proposito di reperire dati che possono essere indicatori di condotte successive.
Questo è il tema di uno degli ultimi libri di Vance Packard, dove sostiene che la società americana abbia perso totalmente la sua intimità per l’intrusione degli psicologi al servizio delle aziende, in cui ci sono regolamentazioni per la condotta delle spose e dei figli degli impresari e se, per esempio, la loro condotta non è favorevole, vengono richieste le dimissioni del dirigente o il divorzio che, a sua volta, viene elaborato dalla stessa azienda.
Tutto questo crea una società in stato cronico di sfiducia, di inquietudine e di insicurezza, che ha come conseguenza uno stato cronico di paura dell’attacco, come può esserlo l’attacco atomico, per esempio.
La paura della perdita verrebbe ad essere l’immagine di Hiroshima, e la paura dell’attacco è che l’altro, facendosi carico dell’attacco di Hiroshima, agendo nell’ambito dell’ansia paranoide, esegua la vendetta. Questo come fenomeno collettivo.
Qualsiasi modifca nella politica, nazionale o internazionale, è tremendamente distorta dal cercare di non creare questa sensazione di allarme.
Un’esperienza catastrofica precedente a quella dell’era atomica è stata quella di Orson Wells, che trasmise in radiofonia il suo racconto sulla fine del mondo. Si calcola che entrarono in stato di panico dai quattro ai sei milioni di abitanti. Panico che durò ore. È stata fatta una relazione, dieci anni dopo, sul seguito di quello stato di panico, e Guntrip vide che ciò che rafforza la situazione, di fronte a qualsiasi pericolo, è il sentimento di appartenenza ad una società, ad un gruppo, i sentimenti di cooperazione e di pertinenza nei compiti di sorveglianza o di cura.
Questa situazione è avvenuta anche a Londra e si è visto, qui, l’influenza che può avere un leader forte, che può contrastare quelle ansie di perdita e di attacco; ovvero un padre forte che impedisce che gli rubino la madre e che lo attacchino. In Inghilterra, è stato sicuramente Churchill il rappresentante dell’uomo forte che ha permesso di poter pianificare una vita indemoniata come quella che vivevano gli inglesi durante gli attacchi notturni, e dove si sono organizzavano istituzioni speciali per i bambini evacuati che hanno costituito dei modelli, nella loro specie, e delle quali quali Anna Freud è stata una dei precursori.
E' stato poi molto interessante vedere l’evoluzione di questi bambini che rimanevano immediatamente senza genitori ma che, per merito della condotta dei curanti, non entravano in panico. Questi assumevano un ruolo materno nonstante l’inclusione di personale misto per i due ruoli. Perché di solito si ha l’abitudine di ricorrere alla donna quando si ha paura.
Vale a dire che il padre è vissuto anche come cospiratore (o dal lato dei "cattivi", come nei films).
Ripeto che queste due ansie le incontriamo in tutte le strutture. Nella paranoia, per esempio, vediamo l’ansia paranoide o la paura dell’attacco nella sua forma più rude. Quando il soggetto si sente osservato, vigilato e sul punto di essere attaccato, elabora, in base a quello, un contrattacco e una controstrategia.
Se è un perseguito persecutore, come forma clinica può arrivare al crimine ed essere compiuta, così, la distruzione della fonte dell’ansia: “prima che mi ammazzi, lo ammazzo”.
Dove si trova il vincolo buono se il cattivo domina in tal modo? Diciamo che la diagnosi si fa partendo dal predominio di uno dei vincoli. Se predomina l’ansia depressiva o l’ansia della perdita è una depressione. Se predomina la paura dell’attacco è una paranoia o uno stato paranoide. Se il soggetto non può discriminare tra il soggetto buono e quello cattivo, abbiamo gli stati confusionali. Ma tutto il problema sta nel poter collocare il persecutore in quella trama temporo-spaziale, ossia nell’area 1, mente, nell’area 2, corpo, nell’area 3, mondo esterno.
Ora, l’oggetto buono nella paranoia si trova nell’area 1 ed è un oggetto buono idealizzato. Il soggetto si sente forte, potente, apparendo allora la megalomania, che è sempre coesistente con la persecuzione.
Ci sono deliri paranoidi dove predomina la persecuzione e altri dove predomina la megalomania. Seguendo gli esempi popolari, in uno predomina il sentirsi Napoleone e altri si sentono vittima della proiezione della fantasia di una cospirazione, quando il soggetto è considerato cospiratore e allora lo perseguono.
Seguendo le regole del gioco, chi deve essere eliminato è egli stesso e teme di essere confuso con il cospiratore. Ma dal momento che questo è un processo che avviene nella mente in base a proiezioni e introiezioni è irrazionale. Anche se, a volte, il soggetto arriva a definire un profilo del persecutore, è alla ricerca di questo. Ci sono paranoie migratorie nelle quali il soggetto cambia casa, città, ecc. La fantasia del paranoico migratore è di star confondendo il persecutore e, evidentemente, si calma due o tre giorni e si distrae con il viaggio ma, poiché il problema è interno, appare immediatamente la persecuzione, in forma di sfiducia, prima, e di timore della perdita, poi.
Questo si vede perché ha a che fare con l’abbandono del suo nucleo e incorpora rapidamente una delle figure forti che gli danno la forza, il vigore, ed è questo che nel paranoico è facile osservare e che confonde la diagnosi, cioè una certa lucidità e una particolare doppia coscienza che può arrivare alla simulazione, alla dissimulazione o sovrassimulazione. La simulazione è l’impostura nella quale si assume il ruolo dell’altro.
Io trattavo un paziente che aveva la fantasia che il suo persecutore mutasse di fisionomia del viso per un rapido processo di trasformazione.
C’era un personaggio famoso che si vestiva e si svestiva con una rapidità inaudita (prima della prima guerra) chiamato Fregoli. Qui, il delirio di Fregoli ci serve per etichettare questo tipo di paziente.
Queste ansie, per esempio, perturbano l’apprendimento perché perturbano tutte le situazioni di cambiamento, che è il campo attuale della ricerca sociale, il cambiamento sociale. Il cambiamento comporta la paura della perdita totale di ciò che si aveva, e la paura di essere attaccato in una situazione nuova che è sconosciuta e per la quale non si è organizzati. Abbiamo già parlato dei bassifondi e dell’andamento delle due paure: gli abitanti risolvono la perdita riorganizzandosi come società emarginate e risolvono l’ansia dell’attacco non introducendosi nella città, che è vissuta come un pericolo molto grande per il fatto che, lì, perdono la propria identità, e non sono riconosciuti dagli altri.
È la situazione dell’uomo-massa, nel quale l’identità scompare. Il pericolo del fatto che, nella misura in cui uno è riconosciuto e si trasforma in idolo, appare in altro modo, è che la forma di ammirazione che esiste per gli idoli include un elemento di ostilità. Vale a dire che, pur in una apparente manifestazione di ammirazione per i suoi idoli popolari, la moltitudine li travolge e li aggredisce.
Così si verificano i crimini di massa, dove l’intenzionalità cosciente non è di sterminio, e dove non è l’attacco il motivo, bensì la competizione, l’invidia e la rivalità. L’emotività, poi, inizia a cambiare quando si tratta di idoli o di soggetti con posizioni molto importanti come i re, per esempio. Se non fossero esistiti i re non avremmo avuto regicidi. Questo si verifica nella sfera politica, nella quale il soggetto si sente condotto in un mondo automatico.
Nello stesso modo, sono esistiti movimenti di distruzione, di crimini che sono stati eseguiti non già sui dirigenti ma sulle macchine, considerando che la macchina è rappresentativa della struttura sociale, socioeconomica, che dal punto di vista scientifico è reale, e nella quale si colloca, per proiezione, una leadership.
Potrebbe essere, per esempio, la calorosa accoglienza di una macchina di automazione in una fabbrica dove l’entusiasmo trabocca in tal modo che viene disrtutta la macchina.
Un altro esempio, dove vediamo la presenza delle due paure, è in un quartiere, in un vicinato dove entra in gioco un problema che è quello della distanza sociale, nel senso di poter o no avvicinarsi al vicino, avere relazioni con lui.
L’isolamento che vive l’uomo della grande città è causato dalla sua mancanza di identità e anche dal funzionamento di istituzioni che rappresentano il "terzo", che rompono il vincolo. Il soggetto si sente totalmente indifeso, insicuro, senza identità, con un’immagine di se stesso distrutta, e dove non può assumere i ruoli ad un livello che gli corrisponde per la sua formazione o per la sua intelligenza (come potebbe essere usato) perché si considera provinciale o incapace o appartenente ad un’altra cultura. E questo è molto grave quando si verifica il fenomeno di transculturazione, cioè l’inclusione di una cultura nell’altra. Si giudica per mezzo dei gruppi di riferimento. Ci sono gruppi che servono da misura e lì le distanze possono variare fino ad ottenere una distanza ottimale, che sarebbe, per esempio, il non introdursi nella casa del vicino ad ogni ora, ma stabilire una relazione cordiale di cooperazione, se è ncessario, partecipando a società, biblioteche, bar, ecc., ed essendo pertinenti con quello che accade in tutto il quartiere che è considerato come una comunità.
Il soggetto che vive isolato in un quartiere è vissuto dagli altri come un soggetto pericoloso, perché non gli sono riconosciute azioni di carattere sociale, allora generalmente è considerato come un anarchico, un terrorista.
Così l’uomo isolato, da solo, deve sforzarsi per stabilire comunicazioni e smettere di essere emarginato, dal momento che se si emargina, lo emarginano, e se si integra in qualche funzione del quartiere, un club, per esempio, allora acquista sicurezza. È per questo che negli Stati Uniti pullulano i piccoli gruppi o élites intorno ai temi del lavoro, o ai temi religiosi.
Per esempio, in un documento di lavoro non si può mettere che uno è ateo, è la storia peggiore, quasi equivale a terrorismo; se si mette Ku Klux Klan è meno pericoloso. Il problema è appartenere ad una religione, ad una classe, ad una casta, qualsiasi essa sia. Per questo ci sono più o meno 180 sette religiose, lì, e nella misura in cui aumenta la paura, aumenta il numero di sette, perché devono diminuire gli integranti di una setta per avere più sicurezza e poter riconoscersi tra loro.
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