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RIDUZIONE DEI DANNI E LIMITAZIONE DEI RISCHI
di Lorenzo Sartini
In Olanda ed Inghilterra si è cominciato a parlare di politiche di riduzione del danno negli anni ’80. In Italia si è iniziato a discutere in maniera più rilevante di riduzione del danno (o dei danni) nel 1993, sull’onda dell’allarme rappresentato dalla diffusione dell’HIV, ed è allora che si è iniziato a pensare di poter andare nei luoghi dove, tra gli altri, la diffusione dell’HIV poteva essere più significativa: ossia, in strada.
La riduzione del danno è una strategia di intervento nata per arginare il propagarsi di malattie infettive tra i consumatori di sostanze illecite per via endovenosa. In seguito, data la sua efficacia, questa strategia di intervento è stata estesa anche ad ambiti diversi da quello delle sostanze stupefacenti: per esempio, la si è utilizzata anche per intervenire nel mondo della prostituzione.
Nella realtà italiana i modelli di “intervento di strada” sperimentati e consolidati per intervenire sulle problematiche comunitarie emergenti e per favorire il benessere della collettività, e che rappresentano dunque il riferimento teorico-metodologico utilizzato nei progetti che vengono generalmente messi in atto, sono i seguenti:
Questi sono tutti interventi considerati “di strada” e costituiscono una risposta metodologica che capovolge la logica tradizionale dei servizi sociali per cui è chi ha un problema od una difficoltà che si deve attivare per ricevere aiuto. Questi interventi implicano invece l’idea di dover andare là dove si potrebbe trovare il bisogno e non si fondano su metodi coercitivi, bensì sono facilitatori che si basano sui bisogni degli individui: i servizi di riduzione del danno sono strutturati per incontrare i bisogni delle persone dove esse abitualmente vivono e nei luoghi che frequentano.
La strada diventa così luogo dell’incontro e della possibile relazione.
Per quanto riguarda il tema dei consumi e delle dipendenze, l’Unione Europea ha ribadito che un’efficace politica sulle droghe deve poggiarsi sui cosiddetti quattro pilastri[1]: lotta al narcotraffico, prevenzione, cura e riabilitazione, riduzione del danno: strategie ed interventi tutti necessari, che si integrano e si rinforzano vicendevolmente se vengono attuati contemporaneamente.
La riduzione del danno si riferisce a politiche, programmi e prassi che mirano, innanzitutto, a ridurre le conseguenze negative, derivate dall’uso di droghe legali od illegali, sulla salute individuale e della comunità (dunque, riferendosi sia al versante sociale che economico): senza ridurre necessariamente il consumo di sostanze stupefacenti.
Quando si parla di danni si intende danni correlati all’uso di sostanze psicoattive in persone che non sono in grado o che non vogliono smettere di assumere droga. In effetti, una caratteristica peculiare di questo programma di intervento è il focus sui danni causati dall’uso di sostanze stupefacenti e sulle persone che continuano ad usare droghe, piuttosto che sulla prevenzione dall’uso.
Questa strategia di intervento si basa sull’accettazione del fatto che molte persone nel mondo continuano a fare uso di sostanze psicoattive nonostante gli enormi sforzi per prevenire l’inizio o la prosecuzione dell’uso. Gli interventi di riduzione del danno risultano parte di un sistema che, pur essendo orientato alla cura e all'astinenza, si impegna a dare risposte pragmatiche e non moralistiche, centrate sulla tutela del diritto di assistenza anche verso coloro che non sono intenzionati o in grado di cessare l'assunzione di sostanze.
L’obiettivo della riduzione del danno in uno specifico contesto, viene sovente rappresentato con una scala gerarchica con le opzioni maggiormente praticabili (ad esempio, modi per mantenere le persone in salute), a un estremo, e meno praticabili ma desiderabili, all’altro estremo. In questa gerarchia l’astinenza può essere considerata un’opzione difficile da raggiungere per la riduzione del danno; mantenere vive le persone che usano droga e prevenire l’irreparabile è considerata come la più urgente priorità, ma al contempo è riconosciuto che possono esserci altre importanti priorità.
La riduzione del danno contempla attività che possono sembrare contraddittorie ma che in realtà sono motivate dal tentativo di voler preservare la salute delle persone anche quando queste hanno comportamenti che non si comprendono o non si approvano.
Si deve poi considerare, ed anzi specificare, che la maggioranza delle persone che usano sostanze stupefacenti non hanno bisogno di un trattamento (ossia, non devono per forza di cose rivolgersi ad un servizio di cura): da qui deriva la necessità di offrire alle persone che usano sostanze stupefacenti altre possibilità che li aiutino a minimizzare i rischi che derivano dalla prosecuzione dell’uso di sostanze (fare del male a se stessi o ad altri). E’ quindi essenziale che siano disponibili informazioni sulla riduzione del danno, sui servizi, e sugli altri interventi esistenti, per aiutare questa tipologia di persone a proteggere se stesse e a rimanere nel migliore stato di salute possibile.
In effetti, questa strategia si è sviluppata nel tempo dando corso a due settori di intervento legati, pur sempre, al tema del consumo delle sostanze stupefacenti:
Quello della riduzione del danno, o limitazione dei rischi, è inteso come un programma cui far riferimento per ogni tipo di sostanze stupefacenti incluse le droghe legali e controllate come l’alcool, il tabacco e le droghe farmaceutiche.
Una politica di riduzione del danno sviluppa i propri interventi partendo dal porsi delle domande ritenute fondamentali:
Una battaglia che combattono le politiche di riduzione del danno è quella per i diritti umani: spesso, per rispondere a direttive politiche in materia di sostanze stupefacenti fondate sul controllo e sulla punizione si passa sopra e si cancellano i diritti propri di ciascun essere umano, quindi anche di quelle persone che usano o abusano di sostanze stupefacenti. Ci si rapporta nei loro confronti come se non contassero nulla e, appunto, non fossero detentori di diritti come tutti quanti.
Molte politiche e pratiche, infatti, intenzionalmente o anche non intenzionalmente, creano ed esasperano i rischi e i danni per i consumatori di droga, per esempio criminalizzando l’uso di sostanze psicoattive, discriminando chi ne fa uso, mediante pratiche di abuso (vedi cosa succede in carcere ogni tanto, per esempio) e di corruzione, mediante l’assunzione di leggi e politiche restrittive e punitive, della negazione di cure mediche salvavita e dei servizi di riduzione del danno.
Per cui, se il punto di partenza è che le politiche e le pratiche di riduzione del danno devono supportare gli individui nel cambiamento del loro comportamento, non si può non evidenziare il fatto che, per raggiungere questo obiettivo, spesso risulta inevitabile sfidare le leggi e le politiche nazionali ed internazionali che creano ambienti a rischio per chi usa sostanze stupefacenti e contribuiscono a provocare danni correlati all’uso di queste.
Un’idea che deriva dall’approccio della riduzione del danno è che alla diversificazione dei consumi devono corrispondere letture e interventi che comprendano i vari stili di consumo: da quello sperimentale diffuso nei luoghi del divertimento e dell'aggregazione, a quello ripetuto e continuativo di alcuni gruppi; dalle tendenze all’abuso dei soggetti con caratteristiche espositive al rischio, alle tossicodipendenze come risposta autocurante ad una difficile esistenza (prostituzione, vita di strada, stigma); dai consumi adattivi in contesti e situazioni specifiche (eventi, rave), alle ricerche più estreme degli psiconauti (autosperimentazione di sostanze, policonsumi). È in quest'ottica che si propone l'organizzazione di un servizio in grado di fornire risposte intermedie, non necessariamente finalizzate all'invio, ma sicuramente di congiunzione fra le realtà informali o sommerse e le istituzioni o i servizi alla persona.
Punto centrale degli interventi di riduzione del danno è la prossimità, la vicinanza rispetto alle persone sulle quali si vuole intervenire: funzioni di prossimità che possono realizzarsi sia attraverso azioni e progetti specifici, sia con il coordinamento di professionalità e servizi diversi per mandato e provenienza (educativi, sociali e sanitari, pubblici e del privato sociale).
[1] Piano d'azione dell'UE in materia di lotta contro la droga (2005-2008). Consiglio dell'unione Europea, Strategia dell'Unione europea in materia di droga (2005-2012), Bruxelles, 22 novembre 2004 (03.01).
(2011)
In Olanda ed Inghilterra si è cominciato a parlare di politiche di riduzione del danno negli anni ’80. In Italia si è iniziato a discutere in maniera più rilevante di riduzione del danno (o dei danni) nel 1993, sull’onda dell’allarme rappresentato dalla diffusione dell’HIV, ed è allora che si è iniziato a pensare di poter andare nei luoghi dove, tra gli altri, la diffusione dell’HIV poteva essere più significativa: ossia, in strada.
La riduzione del danno è una strategia di intervento nata per arginare il propagarsi di malattie infettive tra i consumatori di sostanze illecite per via endovenosa. In seguito, data la sua efficacia, questa strategia di intervento è stata estesa anche ad ambiti diversi da quello delle sostanze stupefacenti: per esempio, la si è utilizzata anche per intervenire nel mondo della prostituzione.
Nella realtà italiana i modelli di “intervento di strada” sperimentati e consolidati per intervenire sulle problematiche comunitarie emergenti e per favorire il benessere della collettività, e che rappresentano dunque il riferimento teorico-metodologico utilizzato nei progetti che vengono generalmente messi in atto, sono i seguenti:
- modello di sviluppo di comunità, legato alla tradizione e ai riferimenti della psicologia di comunità, che vede l’azione in strada come parte di un processo di sviluppo complessivo della comunità locale, volto all’assunzione dei problemi da parte dei cittadini e all’adozione delle soluzioni legate alla sicurezza sociale, alla vivibilità delle aree urbane e al senso di appartenenza, di partecipazione e di cambiamento della comunità stessa. In questa area, gli interventi sono volti alla costruzione di percorsi di empowerment (aumento del senso dell’auto-efficacia) sociale e comunitario.
- modello di riduzione del danno, le cui pratiche, pur non negando l’importanza e la necessità di politiche più complessive e articolate di intervento, sono orientate verso azioni di riduzione dei rischi sanitari attraverso: unità mobili di intervento, la presenza di operatori che entrano in contatto con gruppi o persone a rischio, l’offerta di strumenti atti a tale tipo di prevenzione (screening, counselling, ecc.), l’informazione e la sensibilizzazione sui comportamenti a rischio. Altrettanto importante, in questo modello, è fornire informazioni sui diritti e sulle possibilità di uscita dalla strada, creare degli spazi di elaborazione della storia e dei vissuti personali, favorire un ambiente adeguato per l’integrazione e l’inclusione sociale.
- modello dell’educativa di strada, orientato a creare occasioni di aggancio, opportunità nei confronti di gruppi giovanili informali; conferisce importanza al gruppo dei pari, al contesto; è indirizzato verso coloro con minori risorse familiari, personali, pubbliche o private, o comunque non in contatto o contattabili dai servizi, né dalle realtà associative, che possono scivolare in ruoli, aggregazioni devianti o nel consumo problematico di sostanze.
- modello di intervento sui luoghi del divertimento, con caratteristiche trasversali, si sono affiancate tutta una serie di esperienze condotte nei contesti del divertimento, principalmente nelle discoteche, che hanno visto come target non solo la popolazione dei giovani, ma anche la rete dei gestori e degli imprenditori, o delle organizzazioni sindacali, quale destinatario intermedio, partner nella promozione del divertimento sicuro.
Questi sono tutti interventi considerati “di strada” e costituiscono una risposta metodologica che capovolge la logica tradizionale dei servizi sociali per cui è chi ha un problema od una difficoltà che si deve attivare per ricevere aiuto. Questi interventi implicano invece l’idea di dover andare là dove si potrebbe trovare il bisogno e non si fondano su metodi coercitivi, bensì sono facilitatori che si basano sui bisogni degli individui: i servizi di riduzione del danno sono strutturati per incontrare i bisogni delle persone dove esse abitualmente vivono e nei luoghi che frequentano.
La strada diventa così luogo dell’incontro e della possibile relazione.
Per quanto riguarda il tema dei consumi e delle dipendenze, l’Unione Europea ha ribadito che un’efficace politica sulle droghe deve poggiarsi sui cosiddetti quattro pilastri[1]: lotta al narcotraffico, prevenzione, cura e riabilitazione, riduzione del danno: strategie ed interventi tutti necessari, che si integrano e si rinforzano vicendevolmente se vengono attuati contemporaneamente.
La riduzione del danno si riferisce a politiche, programmi e prassi che mirano, innanzitutto, a ridurre le conseguenze negative, derivate dall’uso di droghe legali od illegali, sulla salute individuale e della comunità (dunque, riferendosi sia al versante sociale che economico): senza ridurre necessariamente il consumo di sostanze stupefacenti.
Quando si parla di danni si intende danni correlati all’uso di sostanze psicoattive in persone che non sono in grado o che non vogliono smettere di assumere droga. In effetti, una caratteristica peculiare di questo programma di intervento è il focus sui danni causati dall’uso di sostanze stupefacenti e sulle persone che continuano ad usare droghe, piuttosto che sulla prevenzione dall’uso.
Questa strategia di intervento si basa sull’accettazione del fatto che molte persone nel mondo continuano a fare uso di sostanze psicoattive nonostante gli enormi sforzi per prevenire l’inizio o la prosecuzione dell’uso. Gli interventi di riduzione del danno risultano parte di un sistema che, pur essendo orientato alla cura e all'astinenza, si impegna a dare risposte pragmatiche e non moralistiche, centrate sulla tutela del diritto di assistenza anche verso coloro che non sono intenzionati o in grado di cessare l'assunzione di sostanze.
L’obiettivo della riduzione del danno in uno specifico contesto, viene sovente rappresentato con una scala gerarchica con le opzioni maggiormente praticabili (ad esempio, modi per mantenere le persone in salute), a un estremo, e meno praticabili ma desiderabili, all’altro estremo. In questa gerarchia l’astinenza può essere considerata un’opzione difficile da raggiungere per la riduzione del danno; mantenere vive le persone che usano droga e prevenire l’irreparabile è considerata come la più urgente priorità, ma al contempo è riconosciuto che possono esserci altre importanti priorità.
La riduzione del danno contempla attività che possono sembrare contraddittorie ma che in realtà sono motivate dal tentativo di voler preservare la salute delle persone anche quando queste hanno comportamenti che non si comprendono o non si approvano.
Si deve poi considerare, ed anzi specificare, che la maggioranza delle persone che usano sostanze stupefacenti non hanno bisogno di un trattamento (ossia, non devono per forza di cose rivolgersi ad un servizio di cura): da qui deriva la necessità di offrire alle persone che usano sostanze stupefacenti altre possibilità che li aiutino a minimizzare i rischi che derivano dalla prosecuzione dell’uso di sostanze (fare del male a se stessi o ad altri). E’ quindi essenziale che siano disponibili informazioni sulla riduzione del danno, sui servizi, e sugli altri interventi esistenti, per aiutare questa tipologia di persone a proteggere se stesse e a rimanere nel migliore stato di salute possibile.
In effetti, questa strategia si è sviluppata nel tempo dando corso a due settori di intervento legati, pur sempre, al tema del consumo delle sostanze stupefacenti:
- il lavoro di Riduzione dei Danni si rivolge, nella fase di attività, ai consumatori di sostanze psicoattive illegali e legali o di altri oggetti potenzialmente additivi (dipendenze sine substantia) laddove dall’uso derivino significativi disturbi per la salute globalmente intesa. L’atteggiamento di tali consumatori nei confronti del proprio consumo è quello di non contemplare, ma neppure escludere per il futuro un cambiamento quantitativo in direzione di una riduzione/astensione.
I danni sui quali si interviene sono di natura sanitaria, microsociale e macrosociale, ivi compresi quelli giudiziari. - il lavoro di Limitazione dei Rischi si rivolge, nella fase di attività, ai consumatori di sostanze psicoattive illegali e legali o di altri oggetti potenzialmente additivi (dipendenze sine substantia) laddove dall’uso non siano o non siano ancora derivati disturbi significativi per la salute globalmente intesa, nell’ottica di attenuare il processo di problematizzazione somatica, psicologica, familiare, sociale e normativa.
L’ottica è quella della promozione della salute.
Quello della riduzione del danno, o limitazione dei rischi, è inteso come un programma cui far riferimento per ogni tipo di sostanze stupefacenti incluse le droghe legali e controllate come l’alcool, il tabacco e le droghe farmaceutiche.
Una politica di riduzione del danno sviluppa i propri interventi partendo dal porsi delle domande ritenute fondamentali:
- Quali sono i rischi e i danni specifici correlati all’uso di determinate sostanze psicoattive?
- Cosa provoca questi rischi e questi danni?
- Cosa può essere fatto per ridurre questi rischi e questi danni?
Una battaglia che combattono le politiche di riduzione del danno è quella per i diritti umani: spesso, per rispondere a direttive politiche in materia di sostanze stupefacenti fondate sul controllo e sulla punizione si passa sopra e si cancellano i diritti propri di ciascun essere umano, quindi anche di quelle persone che usano o abusano di sostanze stupefacenti. Ci si rapporta nei loro confronti come se non contassero nulla e, appunto, non fossero detentori di diritti come tutti quanti.
Molte politiche e pratiche, infatti, intenzionalmente o anche non intenzionalmente, creano ed esasperano i rischi e i danni per i consumatori di droga, per esempio criminalizzando l’uso di sostanze psicoattive, discriminando chi ne fa uso, mediante pratiche di abuso (vedi cosa succede in carcere ogni tanto, per esempio) e di corruzione, mediante l’assunzione di leggi e politiche restrittive e punitive, della negazione di cure mediche salvavita e dei servizi di riduzione del danno.
Per cui, se il punto di partenza è che le politiche e le pratiche di riduzione del danno devono supportare gli individui nel cambiamento del loro comportamento, non si può non evidenziare il fatto che, per raggiungere questo obiettivo, spesso risulta inevitabile sfidare le leggi e le politiche nazionali ed internazionali che creano ambienti a rischio per chi usa sostanze stupefacenti e contribuiscono a provocare danni correlati all’uso di queste.
Un’idea che deriva dall’approccio della riduzione del danno è che alla diversificazione dei consumi devono corrispondere letture e interventi che comprendano i vari stili di consumo: da quello sperimentale diffuso nei luoghi del divertimento e dell'aggregazione, a quello ripetuto e continuativo di alcuni gruppi; dalle tendenze all’abuso dei soggetti con caratteristiche espositive al rischio, alle tossicodipendenze come risposta autocurante ad una difficile esistenza (prostituzione, vita di strada, stigma); dai consumi adattivi in contesti e situazioni specifiche (eventi, rave), alle ricerche più estreme degli psiconauti (autosperimentazione di sostanze, policonsumi). È in quest'ottica che si propone l'organizzazione di un servizio in grado di fornire risposte intermedie, non necessariamente finalizzate all'invio, ma sicuramente di congiunzione fra le realtà informali o sommerse e le istituzioni o i servizi alla persona.
Punto centrale degli interventi di riduzione del danno è la prossimità, la vicinanza rispetto alle persone sulle quali si vuole intervenire: funzioni di prossimità che possono realizzarsi sia attraverso azioni e progetti specifici, sia con il coordinamento di professionalità e servizi diversi per mandato e provenienza (educativi, sociali e sanitari, pubblici e del privato sociale).
[1] Piano d'azione dell'UE in materia di lotta contro la droga (2005-2008). Consiglio dell'unione Europea, Strategia dell'Unione europea in materia di droga (2005-2012), Bruxelles, 22 novembre 2004 (03.01).
(2011)
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