Nel suo testo 'Psicologia delle masse e analisi dell'Io' (1921c), Freud afferma: "Nella vita psichica del singolo l'altro è regolarmente presente come modello, come oggetto, come soccorritore, come nemico, e pertanto, in quest'accezione più ampia, ma indiscutibilmente legittima, la psicologia individuale è allo stesso tempo, fin dall'inizio, psicologia sociale".
La coppia è una situazione esemplare in cui si ha la presenza reale, concreta dell'altro come modello, oggetto, soccorritore, nemico. Alcune di queste cose o tutte insieme.
Nel 1912 Freud si riferiva alla "prematura e in qualche momento inevitabile ostilità dei parenti al trattamento psicoanalitico dei suoi (di qualcuno dei loro)", sconsiglia di tentare di convincerli facendo loro leggere dei testi psicoanalitici e aggiunge: "per quello che si riferisce al trattamento dei parenti confesso la mia più totale perplessità e mi fido pochissimo del suo trattamento individuale".
Alcuni anni dopo (1916/17) Freud torna a confessare la sua impotenza di fronte alla "intrusione dei congiunti" che nell'analisi del paziente individuale "costituisce appunto un pericolo, un pericolo di quelli a cui non si sa come far fronte". "I parenti più prossimi del malato talvolta rivelano scarso interesse al fatto che il loro congiunto guarisca, piuttosto che resti com'è. Dove, come tanto spesso avviene, la nevrosi è connessa con conflitti fra membri della famiglia, il parente sano non esita a lungo nella scelta tra il suo interesse e quello di far guarire l'ammalato". A questo punto Freud aggiunge "In effetti avevamo intrapreso qualcosa che (data la situazione) era inattuabile". Apriva dunque la possibilità che si creassero altre condizioni tecniche in grado di trattare queste situazioni "a cui non si sa come far fronte".