“La verità profonda, per fare qualunque cosa,
per scrivere, per dipingere, sta nella semplicità.
La vita é profonda nella sua semplicità.”
Charles Bukowski
Agli inizi degli anni '50 mentre lavorava sulla malattia mentale Pichon-Rivière scopre che l'uomo non si evolve in isolamento e che per accedere alla struttura della malattia, l'individuo deve essere osservato come “individuo in situazione” dove è possibile vedere il processo dell'ammalarsi inserito nel suo contesto. Colpito dai meccanismi di isolamento e segregazione messi in atto dai familiari, Pichon-Rivière si accorge che una persona si ammala perché tutto il gruppo familiare cerca di isolare e segregare attraverso di lui, delle cose che non riesce ad elaborare.
La persona che si ammala partecipa a questo gioco gruppale assumendosi il deposito che le viene assegnato.
Il balbettio apparentemente incoerente di uno psicotico cercherebbe di rimettere in circolo quelle cose e i segreti di cui nessuno può, deve o vuole parlare.
Pichon-Rivière diceva che non è possibile risolvere con “uno” quello che è di “tutti” e che il soggetto che si ammala è l'emergente del gruppo all'interno del quale egli stesso si è costituito.