"Ma non puoi starmi un po' a sentire? Ti dico che nessun numero che finisce per sette ha vinto negli ultimi quattordici mesi!"
"Ma sì che ha vinto!"
"Ma no, che non ha vinto! A casa conservo tutte le estrazioni da due anni almeno, le ho segnate su un pezzo di carta. Le segnavo tutte, con la puntualità di un orologio. E ti dico: nessun numero che finisce per sette..."
"Ma sì, che ha vinto il sette! Ti potrei dire anche il numero. Quattro, zero, sette, finiva così. Era in febbraio... la seconda settimana di febbraio."
"E piantala!" Disse il terzo.
Parlavano, evidentemente, della Lotteria. Winston, come fu andato avanti d'una trentina di passi, diede una guardata indietro. Stavano ancora litigando, con certe facce accese e appassionate. La Lotteria, con i suoi vistosi premi settimanali, era l'unico avvenimento pubblico a cui i prolet s'interessassero. Era più che probabile che la Lotteria fosse la ragione principale, se non la sola, per cui milioni di prolet avevano ancora un qualche attaccamento alla vita. Era la loro maggiore fonte di piacere, il loro margine di follia, teneva il luogo di stupefacente, di stimolante intellettuale. Quando si trattava della Lotteria, anche la gente che sapeva appena leggere e scrivere diventava capace dei calcoli più difficili e di sorprendenti sforzi di memoria. C'era tutta una categoria di persone che si guadagnava da vivere soltanto con la vendita dei più complicati sistemi di vincita, di pronostici e portafortuna. Winston non aveva le mani in pasta, per quel che riguardava la Lotteria, che era affare del Ministero dell'Abbondanza, ma sapeva comunque (come tutti sapevano, nel Partito) che i premi erano in gran parte del tutto immaginari. Solo piccole somme venivano effettivamente pagate, ma i vincitori dei premi maggiori (che erano, sulla carta, addirittura favolosi) erano semplicemente persone inventate, che non esistevano affatto. Dal momento che non era possibile alcuna effettiva comunicazione tra un luogo e l'altro dell'Oceania, questo trucco era di facilissima attuazione.
Tratto da "1984" (George Orwell, 1949)